mercoledì 3 giugno 2009

FIORENTINA-MILAN 0-2 (SERIE A, 38a GIORNATA)

LA FINE DI UN'EPOCA

Ultima prova di forza del Milan di Ancelotti, che espugna Firenze e conquista l’accesso diretto alla Champions League. E’ il passo d’addio del mister, di una truppa di campioni che ha vinto tanto e soprattutto del leggendario Capitano Paolo Maldini.


MILANO- L’ultima impresa del vecchio Diavolo, quello dell’era Ancelotti e del Capitano Paolo Maldini, si materializza all’Artemio Franchi nella calda ultima giornata di campionato. Non era un’impresa impossibile o da tramandare ai posteri, come i trionfi di Manchester o Atene, e nemmeno come tante lezioni impartite dai ‘Meravigliosi’ a tutte le grandi d’Europa. E’ una modesta vittoria sul terreno della Fiorentina, che permette di raggiungere il risultato minimo stagionale: l’accesso in Champions League senza passare dai preliminari, dopo una stagione di purgatorio in Uefa. Son lontani i tempi in cui il Milan regnava sul continente, ma ci si deve accontentare. Nel giorno dell’addio finale di Maldini e di chissà chi altro (Favalli? Seedorf? Jankulovski? Kakà?), mister Ancelotti opta per la coppia di registi Seedorf-Kakà dietro a Inzaghi (ancora esclusoPato), piazzando Flamini in luogo dello squalificato Ambrosini, con Beckham a supporto di Pirlo. Dietro, Maldini e Favalli con Zambrotta e Jankulovski larghi. Alla Fiorentina serve vincere con più di 1 gol di scarto per sorpassare i rossoneri e terminare terzi: nonostante ciò il gioco è nelle mani degli ex campioni del mondo, che pur in un primo tempo combattuto e non certo brillantissimo conducono le manovre. Pirlo, per quanto leggermente impreciso, appare più frizzante delle ultime settimane, e lo stesso Jankulovski sbuca in azione offensiva con frequenza, pescando due tiri fuori. Chi delude è ancora una volta Kakà, troppo in ombra. Il brasiliano si sveglia nella ripresa, con un paio di scatti di quelli che lo hanno reso celebre: ma Inzaghi è ancora troppo poco servito, sebbene il gioco di squadra sia ancor più deciso e maturo rispetto alla prima frazione. Proprio Kakà infila l’1-0 con un guizzo rapinesco in area: per i viola è notte fonda, e l’ingresso di Pato chiude definitivamente i conti: il giovanissimo brasiliano non fa in tempo a sudare che realizza il raddoppio con un tocco fel-pato sottorete, scavalcando Frey. Nel finale si rivede in campo Nesta, al debutto stagionale dopo una stagione di acciacchi e ricadute che hanno rischiato di comprometterne la carriera. Il Milan di Ancelotti tramonta con 3 punti e l’accesso diretto all’Europa che conta: dopo la gara viene ufficializzato l’inizio dell’era Leonardo, che pone fine al Regno dei Meravigliosi. L'ADDIO DI ANCELOTTI/ L'ADDIO DI MALDINI.

FIORENTINA-MILAN 0-2. MARCATORI: Kakà (M) al 10’, Pato (M) al 31’ s.t. FIORENTINA: Frey; Comotto, Gamberini, Zauri, Pasqual (Kuzmanovic dal 25’ s.t.); Donadel, Montolivo; Semioli, Jovetic (Jorgensen dal 20’. s.t.), Vargas (Gobbi dal 20’ s.t.); Gilardino. All. Prandelli. MILAN: Dida; Zambrotta, Maldini, Favalli (Nesta dal 31’ s.t.), Jankulovski; Beckham (Gattuso dal 36’ s.t.), Pirlo, Flamini; Kakà, Seedorf; Inzaghi (Pato dal 24’ s.t.). All. Ancelotti. ARBITRO: Rizzoli di Bologna. NOTE: Spettatori 41.839 per un incasso di 991.774 euro. Ammoniti Flamini per c.n.r.. Angoli 6-3. Recuperi 2’ 1’ pt, st.


COMMENTI A CALDO

FIRENZE - Queste le dichiarazioni di Mister Carlo Ancelotti al termine di Fiorentina-Milan, sua ultima gara da tecnico rossonero: 'Insieme alla società, di comune accordo, abbiamo deciso di chiudere un'avventura fantastica durata 8 anni e ricca di soddisfazioni. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a renderla così bella, tutti coloro con cui ho vissuto un periodo lungo, bello e positivo. Si chiude un rapporto professionale, ma rimarranno per sempre l'affetto, la stima reciproca e l'amicizia. Un po' di commozione è normale, ma il tempo delle lacrime c'è già stato'. DAVID BECKHAM: "Anche se oggi non abbiamo vinto niente, abbiamo conquistato l'accesso diretto alla Champions League. Vincere oggi era fondamentale, così lo è come essere in Champions. Quanto al mio futuro non posso dire nulla di più rispetto a due settimane o due mesi fa: ora torno a Los Angeles per il finale della stagione, poi vedremo cosa succederà, comunque spero di tornare presto. Il mio ringraziamento va a tutti, dal primo all'ultimo, sono stati tutti fantastici con me nel farmi sentire uno della squadra dal primo minuto e auguro buona fortuna a tutti. Con Carlo Ancelotti lontano dal Milan finisce un'era, finiscono anni straordinari, ma ovunque andrà ad allenare sarà un club fortunato ad averlo come tecnico." RICARDO KAKA':"E' stata una giornata piena di emozioni: l'ultima partita di Paolo Maldini e l'ultima di Carlo Ancelotti sulla panchina del Milan. Siamo contenti di aver chiuso questa stagione raggiungendo un grande obiettivo come l'accesso diretto alla prossima Champions League, è motivo di grande soddisfazione per noi. Carlo Ancelotti è una persona a cui sono molto legato per questi sei anni che ho trascorso qui al milan con lui come tecnico, gli sono grato per quello che ha fatto per me e per quello che mi ha insegnato. Mi ha dato la possibilità di essere conosciuto come calciatore a livello mondiale e con lui ho vinto tanto. Gli faccio il mio in bocca al lupo per tutto. Domani ci sarà questa conferenza stampa di presentazione, arriverà una persona che porterà il Milan a vincere tanto." GIANLUCA ZAMBROTTA: "Siamo felici per aver raggiunto il terzo posto e quindi la qualifica diretta alla prossima Champions League, siamo soddisfatti di aver raggiunto questo traguardo e poi oggi c'è stata la commozione per l'addio al calcio di un grande giocatore e grande uomo come Paolo Maldini e l'ultima partita di un grande allenatore come Carlo Ancelotti che oggi ha chiuso la sua carriera al Milan. Lo ringrazio per gli anni bellissimi che ho trascorso con lui alla Juventus e per questa stagione qui al Milan, è una persona straordinaria, ha vinto tutto e gli faccio il mio in bocca al lupo per il suo futuro."

CLASSIFI SERIE A
84 Inter 47 Atalanta
74 Juventus 46 Napoli
74 Milan 46 Sampdoria
68 Fiorentina 44 Siena
68 Genoa 43 Catania
63 Roma 38 Chievo Verona
58 Udinese 37 Bologna
57 Palermo 34 Torino
53 Cagliari 31 Reggina
50 Lazio 30 Lecce

lunedì 1 giugno 2009

CIAO CARLO, E GRAZIE DI TUTTO

Ciao, Carletto, e grazie di tutto. Mister Ancelotti lascia il Milan dopo otto stagioni di difficoltà, vittorie, sorrisi e avvenimenti indimenticabili: restano per sempre nella storia le due Coppe Campioni, lo scudetto, le 2 Supercoppe Europee, il Mondiale per Club, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, i trionfi della sua gestione.

Quando il cuore ti (ri)chiama non puoi dire di no, vero Carletto? Lasciato a piedi da una Juventus non invincibile, portata due volte dietro al tricolore, Ancelotti se ne stava nelle sue campagne emiliane quando il vecchio Diavolo richiamò. C'era anche il Parma, da una parte, il club con cui aveva esordito da giocatore, ragazzino, e col quale era diventato allenatore vero: ma di fronte all'offerta di Adriano Galliani non poteva non sciogliersi. Con la maglia rossonera addosso Carlo Acelotti era stato Terminator: arrivava trentenne e, dicevano, stanco, logorato da 8 anni nella Roma pieni di successi e infortuni, che avevano distrutto ile sue ginocchia, ricostruite poi in acciaio e ferro dal dio Vulcano. Per questo, Terminator. O Robocop, fate voi. Invece a Milano Ancelotti vive le 5 stagioni più belle, coronate da 2 scudetti, 4 supercoppe assortite, 2 Intercontinentali e 2 splendide coppe dei Campioni, vissute da protagonista: regista di classe e mediano di potenza, tutto concentrato in un mix esplosivo di carattere, simpatia, continuità. Uno dei più grandi centrocampisti che mai abbia indossato la gloriosa divisa. Ora, dieci anni dopo, il Milan era dolorante. Nessuna vittoria da 2 anni, il flop di mister Terim, un quarto posto come risultato da seguire, gli infortuni di Shevchenko e Inzaghi: mister Ancelotti si siede al comando e traghetta la squadra al quarto posto. E' l'inizio di un ciclo.

Il mister sposta Pirlo da fantasista a playmaker: l'intuizione è geniale e scopre le qualità di Andrea come uno dei migliori registi del continente. Il faro bresciano è uno dei gioielli di un Milan che incanta in Italia e in Europa: il mister fa coesistere alla grande tre fantasisti (Seedorf, Rivaldo e Rui Costa) e un attaccante (Pippo Inzaghi, assatanato autore di 30 reti stagionali), sopeprisce senza patemi al lungo stop di Sheva e incanta in Champions League: se in Italia il rendimento cala a fine andata, in Europa il Milan è stellare, gioca un calcio offensivo e ultra spettacolare. Elimina tra le altre il Bayern Monaco, il Real Madrid e il Borussia Dortmund, l'Ajax con un finale al cardiopalma, l'Inter nell'euroderby di semifinale: a Manchester i rossoneri alzano la Coppa vinta ai rigori proprio contro la Juve, e per Carletto Magno la rivincita nei confronti di chi lo ha liquidato (la società bianconera) e definito 'maiale' (alcuni tifosi) è enorme. Qualche giorno dopo arriva anche la Coppa Italia, la prima dell'era Berlusconi, in una notte di festa indimenticabile. In agosto è il turno della Supercoppa Europea, scippata al Porto con gol di Sheva.

Il 2003/04 è il capolavoro assoluto. Ancelotti inserisce gradualmente un ragazzino giunto dal Brasile che fa cose meravigliose: un razzo nella corsa, un mostro nella visione di gioco, bomber e assist man: Kakà. Rui Costa lo svezza mentre Rivaldo viene lentamente accantonato, ma il Milan è una corazzata implacabile e vola verso il 17° scudetto trainato dai 24 gol di Shevchenko. In porta vola un Dida mai così strepitoso: la difesa è un fortino inespugnabile difeso dai due dioscuri, Nesta e Maldini: stagione pazzesca per loro. Gattuso è il cuore del centrocampo guidato da Pirlo e arricchito dal fosforo di Seedorf, Cafu batte la destra come ai tempi belli romani e a sinistra brilla la 'sorpresa' Pancaro. Gioco affascinante, compattezza, continuità: il tricolore incorona ancora una volta i 'Meravigliosi', Ancelotti viene lanciato per aria dai suoi uomini nella cornice festante di San Siro, dopo l'1-0 nello scontro diretto con la Roma, griffato Shevchenko. In Europa lo scivolone col Deportivo (0-4) resta però una ferita dolorosa da sanare. Da dimenticare anche la trasferta Intercontinentale, con la Coppa ceduta al Boca Juniors (ancora ai rigori). Il Milan inizia il 2004/05 alzando la Supercoppa Italiana, strappata alla Lazio (3-0) grazie alla tripletta di Shevchenko, che a dicembre vince il Pallone d'oro.

Inizia un periodo duro per il Milan: nel 2004/05 termina secondo ma si dedica soprattutto all'Europa, dove giunge in finale col Liverpool. Scommessa azzeccata da Ancelotti, il bomber Hernan Crespo: sembrava al declino, appesantito e rotto nel Chelsea; il mister lo ha rivitalizzato e l'argentino ha messo in fila 18 reti, compresa la doppietta nel m atch clou di Istanbul. E' uno dei migliori Milan di sempre, quello che annichilisce i Reds e al '45 conduce 3-0. L'inspiegabile debacle della ripresa, che porta al pari inglese e alla sconfitta ai rigori, è una pagina nerissima. La società dà fiducia al mister, cosa impensabile altrove. Il 2005/06 è un anno di transizione, coi rossoneri ancora secondi e fuori ingiustamente alle semifinali europee: a fine anno scoppia lo scandalo calciopoli, Shevchenko scappa via e le voci sul futuro del club sono pessimiste. Alla fine i rossoneri vengono 'solo' declassati al quarto posto, e senza poter fare un mercato adeguato a causa dei tempi ridottisissimi d'azione tra la sentenza e la chiusura dello stesso. L'unico acquisto, Oliveira, sarà un flop. Gilardino, arrivato l'anno prima, pare impalpabile.

Inzaghi trascina il Milan oltre ai preliminari e poi lascia la leadership a Kakà: tramontato prestissimo il sogno scudetto, i Diavolo pensa all'Europa tra una bufera di critiche. Fino ai quarti è un Milan brutto e acciaccato, che bada al sodo ma rischia molto. Poi, diventa un cigno: le partite col Bayern Monaco e soprattutto il capolavoro col Manchester United (3-0 a San Siro), che danno accesso alla finale-rivincita col Liverpool, sono nella leggenda del club milanese. Inzaghi fa bum bum e Ancelotti alza la sua seconda coppa da allenatore, quarta totale e settima per il Milan: è tripudio. Col Siviglia arriva anche la Supercoppa Europea, e a dicembre c'è anche la rivincita sul Boca Juniors: 4-2 e quarto Mondiale per club! La squadra, prevedibile e lenta, conclude male la stagione: lontana dallo scudetto, fuori ai quarti in europa. Si richiede un ricambio generazionale che non arriva: Anclotti chiede ma vengono acquistati giocatori che lui non voleva, come Ronaldinho. Il tecnico deve gestire una rosa vecchia, stanca, con la pancia piena: e l'ultimo anno, il 2008/09, è pura sofferenza. Lo scudetto, ancora una vola, svanisce presto. Anche in Coppa UEFA il Milan molla prima del previsto, e così tutti gli sforzi vengono concentrati in una faticosa rincorsa al terzo posto, che vuol dire Champions senza preliminari. L'ultima intuizione di Carletto è Flamini terzino destro. Raggiunto l'obbiettivo minimo, dopo 8 stagioni dure ma belle arriva il momento dell'addio.

Al di là dell'enorma storia di trionfi, trofei, coppe e calcio spettacolo regalato indelebilmente alla storia della società, rimarrà nel cuore di tutti la grandiosità dell'Uomo Carlo Ancelotti. Un fratello maggiore adorabile, sempre pronto alla battuta e allo scherzo. Strepitosi gli sketch imbanditi a tavola con i giocatori, spassose le gag spontanee e ilari regalate nelle interviste e nelle confernze stampa. Emozionante il coro 'Ale! Alè, Milan alè!' scandito al microfono nella festa per la Champions 2007, quando Carletto prese il microfono nel catino del Meazza e, con voce tremolante dall'amozione, chiese allo stadio di antare con lui. Ogni sua intervista a 'Milan Channel', il canale tematio rossonero, la concludeva con un 'Forza Milan': perchè il suo cuore è imbevuto di quei colori, perchè anche se il rapporto di lavoro finisce qui quello umano non si esaurirà mai, ed è splendida la maniera dolce con cui le parti si lasciano. Senza polemica, senza problemi, senza rancori. Da amici, come quando Carletto arrivò in quell'autunno del 2001. Carletto Magno, dopo 5 stagioni fantastiche in campo ce ne ha regalate altre 8 in panchina: un'epoca incredibile, che non scorderemo mai. Un'epoca che lo piazza nell'Olimpo dei grandi tecnici rossoneri, assieme a Nereo Rocco, Arrigo Sacchi e Fabio Capello. Di ogni cosa, di ogni vittoria, di ogni gesto e anche di ogni sconfitta, grazie di tutto, Mister Milan. Buona fortuna, e arrivederci.

IL SALUTO AL MILAN DI PAOLO MALDINI

ONORE E GLORIA AL CAPITANO

Tramonta il sole, mentre l'ultima bandiera viene ammainata. L'ultimo higlander lascia il calcio, l'ultimo INVINCIBILE della stirpe d'oro -Baresi, Costacurta, Tassotti, Albertini, Filippo Galli, Boban, Sebastiano Rossi e, appunto, Paolo Maldini- si arrende all'età e, a 41 anni da compiere sfila per l'ultima volta la fascia di Capitano, ereditata nel 1997 da Franco il Grande . Potrebbero bastare dei numeri, per sintetizzare l'immensità della sua regola: 25 stagioni, 26 titoli, 902 partite in rossonero. Oppure 126 apparizioni in azzurro. Record assoluti, partite memorabili: le finali di Champions, con i 4-0 su Steaua e Barcellona, oppure con i successi sofferti con Benfica, Juventus, Liverpool. Il 5-0 al Real Madrid nella semifinale del 1989, un 6-0 in un derby con suo padre, il mitico Cesare in panchina. La finale Mondiale a Pasadena, la partita perfetta contro il Manchester United, le medaglie in Giappone con Nacional Medellin, Olimpia Assuncion e Boca Juniors. Potrebbe bastare il suo sguardo fiero e rassicurante, a spiegare chi è Paolo Maldini: e potrebbero bastare gli occhi bassi dei suoi compagni quando lui entra nello spogliatoio arrabbiato per una sconfitta, o i loro sorrisi allegri quando lui, dall'alto della sua immortalità, si dimostrava amico umile e sempre disponibile. La leggenda di Cuore di Drago termina qui, termina dopo 25 stagioni di livello insuperabile, qualcosa mai realizzato prima in un romanzo tutto da raccontare.

Paolo Maldini, figlio di Cesare, Capitano del Milan campione d'Europa a Wembley nel 1963. La sua storia incredibile inizia qui, nel gennaio del 1985. Unica presenza per quell'anno, prima di diventare titolare nel 1985/86. 24 anni fa il debutto in un Milan poveretto, dunque, a soli 16 anni. Gli davano del raccomandato, ha presto smentito tutti, Paolo. A 17 anni era già insostituibile nel Milan di Liedholm (in panchina), Virdis e Hateley. L'avvento di Silvio Berlusconi (1986) riportò finalmente la squadra alla gloria che la sua storia voleva.

IMMORTALI. Arrigo Sacchi crea un Milan devastante, che nel 1988 torna tricolore dopo 9 anni. Una macchina di calcio spettacolare e inflessibile contro tutti gli avversari: mitica la rimonta scudetto sul Napoli di Maradona. Maldini si esalta sulla fascia, ergendosi presto a erede di Cabrini e Facchetti come miglior terzino della stroia azzurra. Non solo: i trionfi europei del Milan lo portano nell'olimpo dei grandissimi di sempre, a soli 20 anni. I rossoneri devastano a Barcellona lo Steaua (1989) e a Vienna nel 1990 vincono la loro seconda Coppa Campioni di fila. Bis anche in Intercontinentale, incetta di Supercoppe, avversari annichiliti senza pietà (chiedere al Real Madrid, seppellito 5-0 a San Siro) e Milan che diventa la squadra più forte di sempre. Grazie ai gol di Gullit e Van Basten, certo, ma anche alla strepitosa difesa imperniata sui recuperi record di capitan Baresi e le galoppate micidiali di Tassotti e Maldini: mago di classe ed eleganza, puntello duro e raffinato in difesa, il giovane Maldini punge con i suoi cross perfetti, le incursioni a rete, discese brasilianeggianti, che ne fanno presto una colonna anche in azzurro.

Terminato il ciclo Sacchi, arriva Capello. Il Milan si fa ancora più cinico e continua a sbaragliare record, dai 3 scudetti di fila ad una nuva Champions: 4-0 al Barcellona. La stella di Maldini splende assoluta, eterna, favolosa. Atroce la scelta di non premiarlo mai col pallone d'oro. Se in rossonero sono gioie e coppe a ripetizione, in azzurro solo delusioni: su tutte, la finale mondiale persa col Brasile (1994). I record del Milan di Capello sono leggenda. In una stagione concluse la stagione senza sconfitte, inanellando 58 risultati utili consecutivi nell'arco di tre campionati. Memorabili risultati come un 8-0 al Foggia di Zeman, un 5-4 al Pescara, un 7-3 in casa della Fiorentina. Senza dimenticarsi del torneo del Milan non spettacolare, ma cinico, che segna poco e incassa zero: Seba Rossi batte il record di minuti senza subire gol. Splendido esempio di terzino totale, Maldini ha un fisico possente e compatto che lo rende forte fisicamente, pur mantenendo una velocità ed un'eleganza invidiabili. Paolo, detto Cuore di Drago, è dotato di una tecnica sublime che gli consente tocchi di palla deliziosi: la capacità di mixarla ad un'eplosività devastante lo rende un vero monumento, e il Grandissimo Milan degli Invincibili e degli Immortali se ne avvale con orgoglio. Già bandiera, ancora giovane: già leggenda, ancor più del mitico papà. Maldini è una delle stelle della truppa implacabile di Capello.

CADERE E RISALIRE. Il Milan immortale muore nel 1996, le stelle vengono fischiate e corteggiate da club esteri: il Chelsea cerca Paolo e Costacurta. Loro restano dopo 2 anni orribili, e nel 1999 si prendono l'immensa gioia di uno scudetto insperato strappato alla Lazio. C'è Zaccheroni in panchina e tanti nonnetti all'ultimo valzer in campo: Rossi, Boban, Donadoni, gli stessi Paolo e Billy: un'ultima sferzata d'orgoglio per gli invincibili senatori. Maldini è uno dei tre centrali (non più terzino quindi), ferrea barriera con i suoi tackle tempestivi e spettacolari, i suoi recuperi prodigiosi, i salvataggi stellari. Segna anche un gol scudetto, a Parma su punizione.

Tra 2000 e 2002 il Milan si rifonda, tra errori e colpi di mercato che portano qualche annata grigia. Su Maldini ci si può sempre aggrappare, lui è sempre uno dei migliori. Qualcuno pensava che fosse agli ultimi colpi, quando si ritira dalla Nazionale dopo 112 gare (record storico ancora imbattuto): nessuno poteva sapere che, con l'arrivo di Ancelotti a Milanello, iniziava la nuova vita di Paolo.

NUOVA ERA. Capitano splendido, pieno di medaglie e ammirato da tutti. Monumentale, davvero monumentale è il Capitano nella stagione 2002/03, il ritorno alla Champions League. Vincerla sulla Juve è stato emozionant; per lui è stupendo alzarla da Capitano, peraltro in una stagione in cui i suoi recuperi e i suoi mitici tackle lo hanno fatto tornare tra i migliori difensori del mondo: chi lo aveva dato per bollito dopo gli ultimi infortuni abbassa la testa, mentre piovono riconoscimenti e complimenti da ogni angolo del pianeta. La stagione di paolo, in coppia con Nesta, è davvero perfetta: Cuore di Drago si piazza al centro della difesa, fiero e orgoglioso, ed è praticamente insuperabile.

Un centrale con i controfiocchi, e l'anno dopo è ancora meglio: mastodontico Paolo, blinda la retroguardia e la comanda dall'alto di un'esperienza unica, una classe massima, una precisione e una continuità assolutamente impressionanti. Nessun errore, un'annata degna dei tempi d'oro per un nuovo scudetto, il settimo. Il Milan è una corazzata implacabile, abbatte record su record e il 17° scudetto è l'apoteosi del ciclo Ancelotti, capace di forgiare una squadra spettacolare e imbattibile degnissima erede di quelle di Sacchi e Capello.

Altissimo rendimento anche nella stagione dopo, quando però il Milan scivola a Istanbul col Liverpool. Eppure proprio l'higlander Paolo aveva aperto i giochi in finale con un grandissimo gol. Paolo è continuo e decisivo sempre: dimostra dieci anni di meno di quanto l'anagrafe dichiari, sempre fresco, sempre pronto, sempre sul pezzo. Le dichiarazioni di stima continuano a tributargli il giusto merito: dopo il doppio 1-0 col Manchester United, in Inghilterra lo chiamano 'The Old Master'. l'antico Maestro. Ormai Paolo è più di un campione, è più di una leggenda. E' una vera e propria icona, cui nessuno può sottrarsi di tributare onore. Ma la cosa fondamentale resta la sua efficacia ancora integra, il suo fisico ancora potente: Maldini non è mai stato una vecchia gloria, ma sempre un fenomeno a pieno servizio.

Cerca di rialzarsi il Milan, e dopo una dura ma positiva stagione 2005/2006 affronta anche lo scandalo calciopoli.In quella stagione, Paolo viene centellinato e gioca meno: il suo apporto resta così lucido e importante. Il Capitano gioca soprattutto le elettrizzanti sfide di Champions, ma in campionato contro la Reggina trova addirittura la prima doppietta della sua monumentale carriera.

Il Milan combatte contro ogni avversità, e trionfa tornando campione d'Europa ad Atene nel 2007. Per il capitano è la seconda annata in cui si centellinano le presenze, ma il suo rendimento non perde di qualità: la partita perfetta contro il Manchester United, vinta 3-0 sotto il diluvio di San Siro, non è solo una delle migliori mai giocate dal Diavolo: è un vero testamento tecnico che il Capitano affida ai posteri. Ancora una volta mister Ancelotti gli risparmia molti sforzi in campionato, sfruttando la sua esperienza millenaria e la sua tecnica divina in Champions League. Il risultato si chiama trionfo, ed è il 5° sigillo sul petto di Paolo: 5 Coppe dei Campioni, più di Inter e Juventus messe insieme. La seconda Coppa alzata al cielo da Capitano ha un sapore speciale come la prima: perchè se paolo dichiarava di essere all'ultima stagione, il trionfo di Atene lo porta a volersi spingere oltre, a rimettersi in discussione, e a voler difendere ancora per qualche tempo la maglia della sua vita.

Il Milan soffre nel 2007/08. Non sono però mancate tante gioie, come il risollevare la coppa del Mondo in Giappone. Un Maldini infinto: certo, omai non è più la macchina bionica infallibile e spettacolare di qualche annoprima, ma già così vale più di mille mezzi difensori o presunti tali che girano per il mondo. Ancora a mezzo servizio, Maldini a volte soffre ma stringe i denti e trascina la sua truppa de varo capitano.

Il 2008/09 è l'ultima stagione. La fine di un'era, quella Ancelotti, e il saluto del Capitano. Che a 40 anni gioca praticamente sempre in campionato, dimostrando di possedere un fisico ancora strepitoso, una grinta unica e una capacità di stringere i denti incredibile: sangue e sudore colano per la maglia rossonera, e coprono i vecchi dolori alle ginocchia. Il Milan non vince ma soffre, paolo non abbandona mai la scialuppa e la trascina al terzo posto che vuol dire ingresso diretto in Champions: è l'epilogo di una storia bellissima, che il Capiano ha voluto chiudere riportando la sua legione nell'Olimpo europeo che gli è sempre stato consono sipario. Grazie di tutto, Cuore di Drago!