lunedì 1 giugno 2009

CIAO CARLO, E GRAZIE DI TUTTO

Ciao, Carletto, e grazie di tutto. Mister Ancelotti lascia il Milan dopo otto stagioni di difficoltà, vittorie, sorrisi e avvenimenti indimenticabili: restano per sempre nella storia le due Coppe Campioni, lo scudetto, le 2 Supercoppe Europee, il Mondiale per Club, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, i trionfi della sua gestione.

Quando il cuore ti (ri)chiama non puoi dire di no, vero Carletto? Lasciato a piedi da una Juventus non invincibile, portata due volte dietro al tricolore, Ancelotti se ne stava nelle sue campagne emiliane quando il vecchio Diavolo richiamò. C'era anche il Parma, da una parte, il club con cui aveva esordito da giocatore, ragazzino, e col quale era diventato allenatore vero: ma di fronte all'offerta di Adriano Galliani non poteva non sciogliersi. Con la maglia rossonera addosso Carlo Acelotti era stato Terminator: arrivava trentenne e, dicevano, stanco, logorato da 8 anni nella Roma pieni di successi e infortuni, che avevano distrutto ile sue ginocchia, ricostruite poi in acciaio e ferro dal dio Vulcano. Per questo, Terminator. O Robocop, fate voi. Invece a Milano Ancelotti vive le 5 stagioni più belle, coronate da 2 scudetti, 4 supercoppe assortite, 2 Intercontinentali e 2 splendide coppe dei Campioni, vissute da protagonista: regista di classe e mediano di potenza, tutto concentrato in un mix esplosivo di carattere, simpatia, continuità. Uno dei più grandi centrocampisti che mai abbia indossato la gloriosa divisa. Ora, dieci anni dopo, il Milan era dolorante. Nessuna vittoria da 2 anni, il flop di mister Terim, un quarto posto come risultato da seguire, gli infortuni di Shevchenko e Inzaghi: mister Ancelotti si siede al comando e traghetta la squadra al quarto posto. E' l'inizio di un ciclo.

Il mister sposta Pirlo da fantasista a playmaker: l'intuizione è geniale e scopre le qualità di Andrea come uno dei migliori registi del continente. Il faro bresciano è uno dei gioielli di un Milan che incanta in Italia e in Europa: il mister fa coesistere alla grande tre fantasisti (Seedorf, Rivaldo e Rui Costa) e un attaccante (Pippo Inzaghi, assatanato autore di 30 reti stagionali), sopeprisce senza patemi al lungo stop di Sheva e incanta in Champions League: se in Italia il rendimento cala a fine andata, in Europa il Milan è stellare, gioca un calcio offensivo e ultra spettacolare. Elimina tra le altre il Bayern Monaco, il Real Madrid e il Borussia Dortmund, l'Ajax con un finale al cardiopalma, l'Inter nell'euroderby di semifinale: a Manchester i rossoneri alzano la Coppa vinta ai rigori proprio contro la Juve, e per Carletto Magno la rivincita nei confronti di chi lo ha liquidato (la società bianconera) e definito 'maiale' (alcuni tifosi) è enorme. Qualche giorno dopo arriva anche la Coppa Italia, la prima dell'era Berlusconi, in una notte di festa indimenticabile. In agosto è il turno della Supercoppa Europea, scippata al Porto con gol di Sheva.

Il 2003/04 è il capolavoro assoluto. Ancelotti inserisce gradualmente un ragazzino giunto dal Brasile che fa cose meravigliose: un razzo nella corsa, un mostro nella visione di gioco, bomber e assist man: Kakà. Rui Costa lo svezza mentre Rivaldo viene lentamente accantonato, ma il Milan è una corazzata implacabile e vola verso il 17° scudetto trainato dai 24 gol di Shevchenko. In porta vola un Dida mai così strepitoso: la difesa è un fortino inespugnabile difeso dai due dioscuri, Nesta e Maldini: stagione pazzesca per loro. Gattuso è il cuore del centrocampo guidato da Pirlo e arricchito dal fosforo di Seedorf, Cafu batte la destra come ai tempi belli romani e a sinistra brilla la 'sorpresa' Pancaro. Gioco affascinante, compattezza, continuità: il tricolore incorona ancora una volta i 'Meravigliosi', Ancelotti viene lanciato per aria dai suoi uomini nella cornice festante di San Siro, dopo l'1-0 nello scontro diretto con la Roma, griffato Shevchenko. In Europa lo scivolone col Deportivo (0-4) resta però una ferita dolorosa da sanare. Da dimenticare anche la trasferta Intercontinentale, con la Coppa ceduta al Boca Juniors (ancora ai rigori). Il Milan inizia il 2004/05 alzando la Supercoppa Italiana, strappata alla Lazio (3-0) grazie alla tripletta di Shevchenko, che a dicembre vince il Pallone d'oro.

Inizia un periodo duro per il Milan: nel 2004/05 termina secondo ma si dedica soprattutto all'Europa, dove giunge in finale col Liverpool. Scommessa azzeccata da Ancelotti, il bomber Hernan Crespo: sembrava al declino, appesantito e rotto nel Chelsea; il mister lo ha rivitalizzato e l'argentino ha messo in fila 18 reti, compresa la doppietta nel m atch clou di Istanbul. E' uno dei migliori Milan di sempre, quello che annichilisce i Reds e al '45 conduce 3-0. L'inspiegabile debacle della ripresa, che porta al pari inglese e alla sconfitta ai rigori, è una pagina nerissima. La società dà fiducia al mister, cosa impensabile altrove. Il 2005/06 è un anno di transizione, coi rossoneri ancora secondi e fuori ingiustamente alle semifinali europee: a fine anno scoppia lo scandalo calciopoli, Shevchenko scappa via e le voci sul futuro del club sono pessimiste. Alla fine i rossoneri vengono 'solo' declassati al quarto posto, e senza poter fare un mercato adeguato a causa dei tempi ridottisissimi d'azione tra la sentenza e la chiusura dello stesso. L'unico acquisto, Oliveira, sarà un flop. Gilardino, arrivato l'anno prima, pare impalpabile.

Inzaghi trascina il Milan oltre ai preliminari e poi lascia la leadership a Kakà: tramontato prestissimo il sogno scudetto, i Diavolo pensa all'Europa tra una bufera di critiche. Fino ai quarti è un Milan brutto e acciaccato, che bada al sodo ma rischia molto. Poi, diventa un cigno: le partite col Bayern Monaco e soprattutto il capolavoro col Manchester United (3-0 a San Siro), che danno accesso alla finale-rivincita col Liverpool, sono nella leggenda del club milanese. Inzaghi fa bum bum e Ancelotti alza la sua seconda coppa da allenatore, quarta totale e settima per il Milan: è tripudio. Col Siviglia arriva anche la Supercoppa Europea, e a dicembre c'è anche la rivincita sul Boca Juniors: 4-2 e quarto Mondiale per club! La squadra, prevedibile e lenta, conclude male la stagione: lontana dallo scudetto, fuori ai quarti in europa. Si richiede un ricambio generazionale che non arriva: Anclotti chiede ma vengono acquistati giocatori che lui non voleva, come Ronaldinho. Il tecnico deve gestire una rosa vecchia, stanca, con la pancia piena: e l'ultimo anno, il 2008/09, è pura sofferenza. Lo scudetto, ancora una vola, svanisce presto. Anche in Coppa UEFA il Milan molla prima del previsto, e così tutti gli sforzi vengono concentrati in una faticosa rincorsa al terzo posto, che vuol dire Champions senza preliminari. L'ultima intuizione di Carletto è Flamini terzino destro. Raggiunto l'obbiettivo minimo, dopo 8 stagioni dure ma belle arriva il momento dell'addio.

Al di là dell'enorma storia di trionfi, trofei, coppe e calcio spettacolo regalato indelebilmente alla storia della società, rimarrà nel cuore di tutti la grandiosità dell'Uomo Carlo Ancelotti. Un fratello maggiore adorabile, sempre pronto alla battuta e allo scherzo. Strepitosi gli sketch imbanditi a tavola con i giocatori, spassose le gag spontanee e ilari regalate nelle interviste e nelle confernze stampa. Emozionante il coro 'Ale! Alè, Milan alè!' scandito al microfono nella festa per la Champions 2007, quando Carletto prese il microfono nel catino del Meazza e, con voce tremolante dall'amozione, chiese allo stadio di antare con lui. Ogni sua intervista a 'Milan Channel', il canale tematio rossonero, la concludeva con un 'Forza Milan': perchè il suo cuore è imbevuto di quei colori, perchè anche se il rapporto di lavoro finisce qui quello umano non si esaurirà mai, ed è splendida la maniera dolce con cui le parti si lasciano. Senza polemica, senza problemi, senza rancori. Da amici, come quando Carletto arrivò in quell'autunno del 2001. Carletto Magno, dopo 5 stagioni fantastiche in campo ce ne ha regalate altre 8 in panchina: un'epoca incredibile, che non scorderemo mai. Un'epoca che lo piazza nell'Olimpo dei grandi tecnici rossoneri, assieme a Nereo Rocco, Arrigo Sacchi e Fabio Capello. Di ogni cosa, di ogni vittoria, di ogni gesto e anche di ogni sconfitta, grazie di tutto, Mister Milan. Buona fortuna, e arrivederci.

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