martedì 21 luglio 2009

TUTTO IL NUOVO MILAN DI LEONARDO

MILAN 2009/2010

AMICHEVOLI
VARESE-MILAN 0-2
LA GALAXY-MILAN 2-2

L.A. GALAXY-MILAN 2-2 (AMICHEVOLE)


PARI A LOS ANGELES

Si conclude con un 2-2 contro i Galaxy la prima partita dei rossoneri negli Usa. Per il Milan, indietro nella preparazione fisica, a segno Thiago Silva e Inzaghi. Beckham, fischiato per tutto il match, accenna a una reazione ma viene fermato da Nesta e Ronaldinho


LOS ANGELES (Usa), 20 luglio 2009 - Il Milan ha cominciato la sua tournée americana con un pareggio, David Beckham ha ricominciato nello stadio che dovrebbe essere la sua casa in mezzo ai fischi e litigando
con un gruppo particolarmente aggressivo di tifosi. Becks è stato beccato per tutta la partita da una parte del pubblico ed è stato difeso in maniera all’inizio poco convinta, poi più intensa dall’altra. Con il passare dei minuti e il crescere delle occasioni da gol create dall’inglese per i suoi compagni i fischi e i buuu per il campione che nella primavera scorsa ha deciso di prolungare la sua esperienza al Milan si sono affievoliti. Ma è chiaro insomma che non dovrà lottare soltanto contro i giornalisti e i commentatori tv che lo accusano di aver snobbato il soccer. La gente di Los Angeles è impermalosita e Becks non avrà vita facile in questi mesi.

Alla fine del primo tempo, stufo di qualche striscione ("vattene, traditore") e degli insulti che gli piovevano addosso, Beckham si è rivolto a un tifoso che stava proprio dietro la bandierina del calcio d’angolo. "Cosa vuoi da me?", gli ha detto più o meno a muso duro. E, anticipando l’intervento del servizio arrivato a bloccare il ragazzo che era sceso per aggredire il giocatore, sono stati Nesta e Ronaldinho a correre per tirare via Becks prima che lo scontro verbale degenerasse. E’ stato questo il momento più acceso di una partita giocata per lunghi tratti a ritmi più che amichevoli. Donovan, l’idolo di casa, non ha praticamente toccato un pallone per la prima mezz'ora, poi ha messo il piede nell’azione del primo pareggio avviata dal solito Beckham. Quanto a Ronaldinho, che era il più atteso fra i milanisti, ha raccolto molti applausi con poche belle giocate. E’ stato lui a ispirare Inzaghi appena entrato in campo (mentre il primo gol per il Milan è stato messo a segno da Thiago Silva nel primo tempo), è stato Beckham a rispondergli costruendo su calcio d’angolo il secondo pareggio del Galaxy. Poi si è girato verso il solito contestatore allargando le braccia, come a dire: "Sei contento adesso?". Ma ai tifosi ostili neppure questo è bastato, e gli applausi per Inzaghi sono stati decisamente più convinti di quelli per Beckham. Il sogno di tutti, a Los Angeles, è che arrivi Ronaldinho a rinforzare una squadra che vorrebbe lottare per il titolo della Major League, ma che ha molta strada da fare. Come ha dimostrato il confronto con un Milan ancora molto indietro per preparazione fisica e assorbimento dei nuovi schemi, Bruce Arena dovrà lavorare ancora molto. Quanto a Leonardo, lui ha tempo prima che la stagione inizi. Ma è chiaro che da qui al derby con l’Inter vorrà vedere un altro Milan.

giovedì 16 luglio 2009

MILANSTORY- 1941/42 MEAZZA NON SI RIPETE

Divampa la guerra, e il Milan affidato all'ex ala Mario Magnozzi delude a causa di un rendimento difensivo da provinciale. Aggrappata ai gol del solito Boffi, la squadra soffre e non si avvale del Meazza positivo della precedente stagione.

Dopo una stagione strepitosa –terzo posto, Boffi straripante principe del gol, Meazza rinato sotto gli stendardi un tempo nemici- il Milano si avvicina alla nuova stagione in piena seconda guerra mondiale: viene addirittura abbandonato San Siro per irraggiungibilità, causata dalla carenza di energia elettrica. La squadra, rinforzata da elementi discreti come il portiere Rossetti e gli attaccanti Rosellini e Bollano, si sposta alla Civica Arena e viene affidata all’ex ala rossonera Mario Magnozzi, già bandiera del Livorno. Magnozzi arretra sulla trequarti Cappello e Meazza, per far spazio ai nuovi centravanti ai fianchi del principe Boffi. La stagione è discreta, ma il Milano totalizza 3 punti nelle ultime 7 gare e termina con un deludente decimo posto. Stagione fallimentare anche per l’Inter, dodicesima con un punto in meno degli uomini capitanati ancora dal ‘Balilla’ Meazza. Il club rossonero è appena sopra la zona retrocessione, con un bilancio in parità tra gol fatti e gol subiti –53- soprattutto grazie al solito Boffi, che segna 22 volte ed è per la terza volta capocannoniere di serie A. Lo scudetto va alla Roma, mentre Meazza non ripete l’exploit dell’anno prima, disputando un torneo anonimo. Il Milano si comporta bene, invece, in Coppa Italia: arriva in finale, ma lascia il trofeo alla Juve. Mister Magnozzi schiera questo undici tipo: Rossetti; Boniforti, Toppan; Antonini, Remondini, Todeschini; Meazza, Cappello; Bollano, Boffi, Rosellini.

DIFESA TRABALLANTE. L’avvio è di quelli col botto: Milano-Modena 7-1, con roboante tripletta di Boffi. Il cannoniere, alla sesta stagione a Milano, tocca 100 reti in rossonero. I nuovi acquisti Rosellini e Bollano, autore di due reti, esordiscono andando subito a bersaglio: di Cappello, 14 reti l’anno prima, l’ultimo sigillo. Il Milano nonostante l’avvio col botto, alla seconda giornata crolla a Napoli, trafitto dall’ex non troppo indimenticato Umberto Menti I (1-2). A rialzare la baracca ci pensa sempre Boffi, a bersaglio col Bologna (2-0, gol suo più autogol felsineo). Il bomber è sempre il rossonero più in forma, ma la squadra non è alla sua altezza: ovvio il ko nel match con la Juve (3-2), scandita dalla doppietta, manco a dirla, di ‘Aldun’. Il centravanti lombardo ha però finalmente trovato una buona spalla nell’ottimo Cappello: il duo abbatte il Genova (3-0, con bis del regista avanzato) e dà speranze alla tifoseria. Ma è proprio un Milano che arranca: ko con la Roma (0-2) e con la Fiorentina (3-4), in casa con l’Atalanta (1-3, griffe di Boffi) e a Venezia (2-0), pari con la Triestina (2-2, Boffi e Bollano) e altro scivolone in casa del Torino, uno 0-1 segnato dal gol del più giovane e promettente dei fratelli Menti, vicentini. Meazza, purtroppo, è appesantito e poco incisivo; Bollano e Rosellini vanno a fasi alterne, e raramente trovano il gol: succede col Liguria, quando però il banchetto è stato già aperto dallo scardinatore Boffi (3-2). La regia a centrocampo è insufficiente, e i m uscoli di Antonimi e Todeschini prevalgono sulla qualità. La gara con la Lazio termina 2-2, ma la sfida Boffi-Piola è vinta questa volta dal rossonero, con 2 reti a una. Il derby diventa la giornata perfetta per ritrovare il morale: il Milano tira fuori l’orgoglio e doma l’Ambrosiana con reti di Boffi e Degli Esposti, ripescato dalla naftalina in una delle sue uniche 5 apparizioni stagionali: una domenica indimenticabile per lui. Boffi prende per mano il Milano, si veste da corsaro ed espugna Livorno (2-0), ma la squadra crolla ancora: 0-1 a Modena, 1-3 a Bologna, 1-1 con la Juve (grazie ad un autogol) e Genova (a segno l’alterno Bollano). In mezzo, solo il 3-1 col Napoli, conquistato grazie alla vena ritrovata di Cappello (2 centri) e dal solito killer instinct di Boffi. Il Milan ospita la Roma da sfavorito, ma il match di San Siro è uno spettacolo. Le squadre giocano a viso aperto, e alla fine i rossoneri si impongono per 4-2: sul taccuino finiscono il primo gol stagionale di Meazza, la doppietta di Bollano e il guizzo immancabile di Boffi. Il Balilla e Bollano, che si è sbloccato, sono le buone notizie in casa Milan: il capitano rossonero, infatti, va a bersaglio anche con la Fiorentina (2-1 completato da Boffi), dimostrando che l’età fiacca il corpo ma non il feeling col gol. Il Milan è nel suo momento migliore, e va a Bergamo per vincere: apre Boffi, chiude Cappello, 2-0 ipotecato. Boffi lascia il suo marchio anche nell’1-1 col Venezia. Il protagonista del pareggio a Trieste è invece il grintoso mediano Todeschini: è lui che segna il 2-2 finale, dopo che Cappello aveva aperto la sfida con un altro dei suoi numerosi gol. Il momento positivo termina bruscamente, con un 2-5 casalingo buscato dal Torino di Menti II, autore di una tripletta pesante: ancora a segno, nel Milano, Meazza. Perde anche la testa, il Milano, che crolla col Liguria (0-1) e ne busca 5 (a 2) anche dalla Lazio, sempre in casa. I meccanismi difensivi sono alquanto arrugginiti, e Boniforti e Toppan non garantiscono adeguata copertura a Rossetti. Il derby di ritorno termina 2-2: come all’andata va a bersaglio Boffi (che è un’abitudine), e come all’andata va in rete un volto insolito: prima Degli Esposti, ora il giovane esordiente Tra panelli. All’ultimo turno, il Livorno vince a Milano e i tifosi restano alquanto perplessi. Esaltante la corsa in Coppa Italia: il Milano elimina Fiorentina (4-1: Boffi, bis di Bollano, Meazza), Lazio (4-2: Rosellini, Antonini, Bollano e la riserva Sandroni rimontano lo 0-2 iniziale), Reggiana (6-0 con poker di Boffi!), Venezia (2-1: Meazza e Cappello) ed arriva in finale con la Juve: 1-1 all’andata (Cappello, tanto per gradire) ma rovinoso 1-4 a Torino: la Coppa resta un sogno.

L'allenatore Mario Magnozzi con i 'nuovi': Mattioni, Bonomi, Bollano e Sandroni.

BOFFI A TUTTA FORZA. L’eredità del ‘gatto’ Zorzan è pesante: ormai a fine carriera, l’anziano numero uno aveva lasciato la porta l’anno prima a Micheloni, ma presto era dovuto tornare a infilare scarpette e maglietta nera per dare ancora una mano al vecchio Diavolo. Bocciato Micheloni, Magnozzi prova a lanciare Rossetti: 29 gare per lui e un rendimento discreto, tanto che resterà al Milan fino al 1951. Zorzan si accontenta di pochissime briciole. Per i difensori è una stagione traumatica: il pur ottimo Boniforti, alla terza stagione nel Milan (32 gare) e il ruvido Toppan (30 gare) soffrono non poco le incursioni avversarie. Fa poco filtro il centrocampo, pur dotato dei polmoni di Antonini (34 matche 1 gol nella sua quinta annata a Milano) e della grinta di Remondini (31 gare, anche lui alla quinta stagione) e Todeschini (32 incontri e 3 gol). Magnozzi arretra Meazza e Cappello in cabina di regia offensiva: Gino Cappello, già autore di 14 reti l’anno ptima, si conferma prolifico e scaltro uomo d’attacco, realizzando 12 gol (10 in campionato) in 35 partite, non giocando da centravanti. Continuità e qualità sono le doti del Gino, molto gradito a San Siro. Va meno bene l’esperimento con Meazza, che veste ancora la fascia di capitano: l’anziano Balilla, 6 reti in mezza stagione nel 1940/41, conta solo 5 centri (3 in campionato), poco fiato e riflessi appannati: dopo queste altre 27 partite, si conclude la sua parentesi con i colori rossoneri, visto che nella stagione successiva rinascerà per l’ennesima volta e con un’altra rivale storica: la Juventus, dove segnerà 9 reti prima di tornare all’Inter dopo aver vestito anche i colori di Varese e Atalanta. In attacco, Boffi è il Signore incontrastato del gol: ne segna altri 28, 22 solo in campionato, vincendo la terza classifica dei cannonieri della sua brillante carriera. Giunto ormai alla sesta stagione rossonera, Boffi sale a 125 centri in maglia rossonera, diventando il più prolifico cannoniere della storia del Diavolo. Al debutto col Modena (7-1) segna una tripletta che lo porta dritto a quota 100, poi trafigge in serei Bologna, Genova, Atalanta, Triestina, Liguria, ancora Bologna, Napoli, Roma, Fiorentina, Venezia, di nuovo l’Atalanta, ancora il Venezia. Va a bersaglio in entrambi i derby, e all’andata il suo 2-1 finale è pesantissimo: il Milan chiude la stagione a +1 sui cugini. Per volte, Boffi realizza una doppietta: le vittime sono Juventus, Lazio, Livorno. In Coppa Italia esplode anche un poker, contro la Reggiana: un bomber implacabile che nessuno sembra fermare. Non all’altezza i suoi partner: troppo discontinui e senza fiuto per il gol Rosellini (34 gare e 5 gol) e Bollano, che pur realizza 11 gol (8 in campionato) in 28 gare: doppietta all’esordio, doppietta alla Roma e diverse reti in extremis per sbrogliare qualche situazione difficile. Degli Esposti, ex titolare senza troppi meriti, gioca solo 5 volte ma segna un gol pesante nel deerby d’andata, vinto 2-1. Solo pochi spiccioli di torneo per Sandroni, Granata, Guagnetti, Tra panelli, Vannucci, Ventura. LA SCHEDA DI ALDO BOFFI.

MILANSTORY: ALDO BOFFI


Aldo Boffi, un ciclone su Milano: negli anni duri del Milan anteguerra, il bomber di Giussano segna 136 reti in 9 stagioni, diventando un mito del primo mezzo secolo di vita rossonero. Il suo record di gol è rimasto imbattuto per decenni.


GIUSSANO (MI), 26/01/1915. ATTACCANTE. Dall’alto dei suoi 136 gol con la maglia rossonera, Aldo Boffi è passato alla storia come uno dei più grandi cannonieri della storia rossonera. Un principe del gol capace di mettere in fila ripettivamente 15, 19, 21, 24, 18 e 28 reti nei primi 6 anni milanesi. Boffi, arrivato nel 1936, veste la casacca del Diavolo per nove stagioni, in un periodo non facile per la società meneghina, cogliendo risultati positivi sia a livello di club che personale, i quali sono citati obbligatoriamente i tre successi nella classifica dei cannonieri del campionato nazionale. Nato a Giussano (MI) il 26 gennaio 1915. Inizia a giocare nella Vis Nova, club della sua città, e a 18 anni passa al Seregno, in serie B. Nonostante la squadra mediocre, che retrocesse, Boffi si laureò capocannoniere del torneo cadetto. Rimase con gli azzurri brianzoli anche in C, per una stagione. Una volta scrisse di lui ‘il Calcio Illustrato’: ‘Campionato di serie C 35/36, a Casale, contro i nerostellati, calcio di punizione. Tira Boffi e il portiere Ceresa si slancia per la parata. Agguanta la sfera, fa la presa e.. vola direttamente in porta. Lui e il pallone. Una cosa sbalorditiva!’. Bologna, Fiorentina e Milan se lo contendono a suon di quattrini: la spuntano i rossoneri, per la felicità del ragazzo, tifoso del Diavolo da sempre. L’ingresso in squadra è difficile: timidissimo, Boffi soffre la concorrenza di Moretti, Gabardo, Capra e Zandali. Dopo un esordio incolore v iene addirittura spedito in tribuna. Ma reagisce con i fatti, matura in fretta e batte anche il suo carattere introverso. Il destino svolta con l’infortunio di Zandali: Boffi torna in campo col Novara, e realizza il gol decisivo. Conclude la prima stagione milanese con 8 gol in campionato e 15 totali, lasciando subito intuire le potenzialità dei grandi attaccanti. L’esplosione definitiva avviene l’anno dopo, condito da 19 reti (16 in serie A). ‘Aldun’ iniziò la goleada con una doppietta al Liguria, al debutto, infilando reti a raffica e doppiette in quantità industriale: Bari, Napoli, Genova. Alla Lucchese rifilò addirittura una tripletta coi fiocchi (4-0), trascinando il Milan ad un quarto posto insperato. In allenamento, una volta Boffi vinse le mille lire messe in palio da mister Felsner a chi fosse riuscito a segnare direttamente dalla bandierina del corner! La terza stagione spedisce in orbita il ciclone Boffi: 19 reti, 21 totali e primo posto nella classifica marcatori. Tuttavia non era un Milan brillante, e difatti concluse l’annata solo al non posto, con un gran valzer di tecnici. Sempre Boffi sugli scudi: memorabile la tripletta al Bari o le doppiette a Lazio e Modena. Sua anche la rete del 2-0 sulla grande Juventus, che poi però pareggerà il match (2-2), o il rigore che apre un gustoso 3-1 nel derby con l’Ambrosiana Inter. Nel 1939/40 Boffi migliora ancora il suo record, confermandosi Re del Gol Nazionale: 24 reti in 30 partite, un bottino lauto. Il Milan conclude ancora in posizioni di retrovia, ottavo. Ormai i gol e le doppiette del bomber non fanno più scalpore: col Modena Aldun si scatena e realizza addirittura un poker, in un filotto di 9 partite sempre a segno (14 reti parziali).

Attaccante potentissimo e discretamente dotato di tecnica, Boffi era un portento sui colpi di testa. Sfondava nelle difese con astuzia e fiuto del gol inarrivabile, aiutava la squadra con i suoi movimenti anche quando non gli venivano affiancati dei partner all’altezza e terrorizzava le difese avversarie con temibili incursioni palla al piede. In azzurro Boffi è chiuso dal suo ‘rivale’ Piola, e si deve accontentare di 2 sole presenze in Nazionale. Nel ’41, Boffi si accontenta di 18 reti complessive, uno score ancora ricco per un attaccante di medio livello. A gennaio gli viene affiencato Peppino Meazza, leggenda dell’Inter: assieme all’ottimo gino Cappello, i due compongono un attacco invidiabile, che trascina finalmente in alto il Milano: terzo posto. Spicca, per Boffi, la tripletta alla Fiorentina, oltre a qualche doppietta pesante. Torna al comando della classifica dei goleador l’anno dopo, per la terza volta, grazie alla bellezza di 22 gol in 26 partite: il bottino stagionale, 28 centri in 31 apparizioni, parla da sé. In quella stagione fece scalpore un suo gol al Novara: una punizione da metà campo con cui sfondò la rete. Il Milan, visto anche il calo di rendimento di Meazza, torna a deludere e conclude al 12° posto. Per Boffi inizia un momento un po’ difficile, tra la guerra e qualche panchina di troppo gioca poco e nelle ultime brevi stagioni raccoglie solo 20 gare e altri 11 gol, svettando tra i maggiori goleador della storia societaria. A fine carriera Boffi si trasferì all’Atalanta. Andava al campo in bicicletta, e una volta si beccò un’acquazzone incredibile per il quale si sfogò in campo, con una tripletta. La seconda guerra mondiale abbreviò la sua carriera, ma la grandezza di Boffi restò immutata grazie a quei 136 centri con la maglia rossonera, un record che rimarrà inviolato per decenni. Lo stesso Boffi rivelerà di rivedersi, successivamente, nelle discese di Riva: ‘Lui è più bravo di me con i piedi, ma di testa ero meglio io!’. Onestà professionale di un centravanti con la C maiuscola.


lunedì 13 luglio 2009

VARESE-MILAN 0-2 (AMICHEVOLE)


IL MILAN RIPARTE DA INZAGHI
IL GOLEADOR NON PERDE IL VIZIO E VA IN RETE AL DEBUTTO

VARESE, 12 luglio 2009 - Il Milan riparte da Filippo Inzaghi: 2-0 al Varese con doppietta dell'insaziabile bomber. Ma scatta anche all'insegna del 4-3-3; il modulo formato Leonardo che inaugura la sua era. Il nuovo allenatore rossonero schiera Kalac in porta; Antonini, Nesta, Thiago Silva e Jankulovski in difesa; Gattuso, Seedorf e Flamini a centrocampo, quindi il tridente, con il vice-Pato Borriello, Inzaghi e Ronaldinho. Evidenti gli input del tecnico: esterni difensivi pronti a spingere sulle fasce, squadra corta, scambi veloci e pressing sugli avversari. Dettami che i rossoneri seguono alla lettera, anche se le gambe sono di legno e i carichi di lavoro delle dodici sedute fin qui sostenute, si fanno sentire. Indicazioni comunque positive. Inzaghi a parte, proprio da Dinho che come un diesel carbura lentamente, ma poi fa vedere di che pasta è fatto.
Pegaso inzaghi non perde il vizio — Ma il nuovo Milan ci prova. Bello il destro di Seedorf al 2', di poco a lato, su assist di tacco di Ronaldinho. Una partenza convincente, anche se i collegamenti fra i reparti sono arruginiti. All'11' arriva il primo gol. L'autore? Tanto per cambiare l'abbonato Pippo Inzaghi che riceve al limite e infila di destro sul primo palo. Spettacolare la sassata di Seedorf al 24' su punizione, ma il bolide va a sbattere contro la traversa. Al 34', Del Sante colpisce il palo con un colpo di testa ravvicinato grazie alla complicità di Kalac che si dimentica di uscire e della difesa rossonera, tra l'altro in superiorità numerica. Una grana atavica, quella della palla inattiva, che Leonardo dovrà risolvere in fretta. Nella ripresa spazio a Favalli, Oddo e Storari; fuori Nesta, Antonini e Kalac. E subito il raddoppio di Inzaghi al 3'. Ma il capolavoro lo fa Ronaldinho con un numero d'alta scuola sulla linea di fondo. Abile e mattere davanti alla porta per il cannibale che deve solo spingere in rete. Pippo esce al 16' per Zigoni; dentro anche Albertazzi e Strasser; out Jankulovski e Gattuso. Dinho saluta al 30' con Borriello, Seedorf e Thiago per i giovanissimi Ikande, Oduamandi, Beretta e, chi si rivede, Kaladze. Esperimenti utili a far rifiatare i senatori, ma comunque in grado di mantenere il risultato. Silvio Berlusconi in tribuna al Franco Ossola di Varese. Berlusconi — Soddisfatto Silvio Berlusconi, spettatore di lusso in tribuna. Ma il patron è stato chiaro: "Il Milan deve innestare un'altra marcia rispetto al passato". Un diktat quello del presidente del Consiglio, che oggi ha seguito da vicino la sua squadra, prima con una visita a Milanello e poi durante la prima amichevole stagionale. A Milanello, Berlusconi ha parlato a Gattuso e compagni, "non per dire cose di rito, ma un po' diverse - ha rivelato il premier - affinchè si possa veramente innestare un'altra marcia rispetto al passato, con qualche innovazione tattica e sempre con la grande volontà di fare il Milan". Una chiara stoccata a Carlo Ancelotti, più volte messo sotto accusa nel suo ultimo campionato italiano. E poi l'affondo: "Cioè di scendere in campo e divertire, di essere padroni del campo e del gioco, e di giocare anche con qualche ragionevole tattica che l'anno scorso non è stata applicata". "largo ai giovani" — Riferendosi all'intervista rilasciata negli scorsi giorni alla Gazzetta dello Sport in cui aveva dichiarato che il Milan è alla pari dell'Inter, Berlusconi ha chiarito che "il Milan dal punto di vista tecnico ha giocatori che altre squadre non hanno". "Mi hanno fatto una domanda sull'Inter, che io apprezzo sul piano atletico e del vigore fisico, ma - ha aggiunto - il coefficiente di classe dei vari Pirlo, Seedorf, Ronaldinho e Pato, non credo abbia eguali in Italia". Infine due considerazioni: Dinho? Deve essere l'uomo in più del Milan. Anche i giocatori vogliono che sia il suo anno. Luis Fabiano? Non so quante possibilità ci sono; preferirei pensare ai giovani come Zigoni, per esempio; continuerei su questa linea e poi abbiamo tante alternative in attacco. Non siamo disposti a fare spese folli". E a un tifoso piuttosto indispettito che a gran voce gli ha rinfacciato la cessione di Kakà e lo ha invitato a comprare "nuovi giocatori, ma non quelli finiti", ha replicato: "Siamo stati costretti, dovevi dircelo se avevi 75 milioni di euro da darci...".

martedì 7 luglio 2009

2009/2010: PARTITA LA NUOVA STAGIONE

NUOVO MILAN ALLA PARTENZA

MILANELLO (Varese), 6 luglio 2009 - l passaparola? Fiducia. I fuochi d'artificio? Dimenticati. Tempi di cinghie tirate; di spese oculate. Ma l'ottimismo regge. "Il Milan continuerà a essere il Milan" dice Adriano Galliani nella conferenza stampa che apre la stagione rossonera. D'altronde lo stesso Silvio Berlusconi non ci ha pensato nemmeno una volta: "Il mio Milan è forte come l'Inter" ha confessato alla Gazzetta.

RABBIA E FUTURO.
Ma vai a dirlo ai tifosi. Confusi e abbandonati, a Milanello non c'è stata l'invasione. Irriducibili sentimentalisti che hanno urlato il loro amore con rabbia, ancora feriti per la cessione di Kakà, totem ineguagliabile. C'è chi ha alzato la voce e il tiro uscendo dalle righe: "Contestare è giusto - dice Galliani -, ma nessuno di noi sta smantellando; abbiamo solo deciso di tenere d'occhio il bilancio e di pensare ai giovani. Abbiamo Pato, talento indiscusso, poi Beretta, Zigoni e Di Gennaro che sono garanzia di futuro".

LA VITA CONTINUA.
L'amministratore delegato saluta tutti. Ma proprio tutti. Dice: "Eccoci al 24esimo appuntamento targato Berlusconi; il club più titolato al mondo". Sottolinea: "Nessuno è come il Milan in Europa e nel mondo. Siamo unici e orgogliosi di questo. Ma oggi è il tempo del rinnovamento: ecco il nuovo allenatore Leonardo e il nuovo capitano Ambrosini". Insomma, per Galliani "la vita continua". Anche senza Kakà, proprio come accade a Manchester dove tutti attendono novità senza fiatare dopo la partenza di Cristiano Ronaldo eTevez. La questione è sempre la stessa: il mondo del calcio deve combattere contro la "concorrenza sleale" della Spagna.

ABBONAMENTI.
Non è sua abitudine arrampicarsi sugli specchi e va nel dettaglio: "Il Milan ha saputo rinnovarsi, è sopravvissuto a tutto e a tutti. Sembrava che dopo Sacchi finisse il mondo, poi arrivarono Capello, Zaccheroni e Ancelotti. E adesso ripartiamo con Leo. Tutte scelte innovative nel Dna del Milan. Leonardo come Sacchi e Capello: nessuno aveva allenato in serie A. Ecco Leonardo che riteniamo all'altezza del ruolo. E' partito solo Kakà e partirà solo lui". Agguerrito e come sempre inattaccabile. Anche piccato quando bacchetta la stampa, ricordando che a oggi sono stati prelazionati 6724 abbonamenti contro gli 8493 dello scorso anno: "Certo c'è stato un calo, ma minimo: vuole dire che la maggior parte dei tifosi è d'accordo con la società".

LEO E L'UMILTA'.
Leonardo ascolta con attenzione mantenendo vivo l'ottimismo: "Dopo un mese sono ancora più convinto della mia scelta. Mi sento bene nei panni di allenatore del Milan. Paolo e Kakà non ci sono più, ma con Ambrosini rimane un po' di dna rossonero". E guai a parlargli di Milan più debole: "So che abbiano una rosa di grande talento. Sono convinto che da questo gruppo può nascere una squadra competitiva. Ho tante idee in mente. Velocità e intensità; sono sicuro che possiamo fare grandi cose". Breve pausa; poi avverte: "Ma occorre cambiare mentalità; ci vuole umiltà".

LUIS FABIANO. Leonardo non ha dubbi: "Ronaldinho è un talento. Ora deve prendersi le sue responsabilità. Deve allenarsi. E' una risorsa: deve tirare fuori tutta le sua enorme classe". Un'altra scommessa per il nuovo allenatore del Milan che non considera ingombranti Galliani e Berlusconi. "Il presidente è sognatore e passionale; vuole vincere 8-0 gestendo sempre la palla. Io voglio che i miei ragazzi la sappiano nascondere la palla; ce l'ho dentro. Sono brasiliano". E fa i conti: "Spero nel recupero completo di Nesta. La spinta sulle fasce? La storia di Cissokho ha un po' complicato le cose". Ma Leonardo, che non abbandona mai il sorriso, non fa drammi. Sull'attaccante preferisce Luis Fabiano a Huntelaar: "L'olandese è giocatore d'area, Luis Fabiano fa sponda, tiene la palla e garantisce più movimento".

PIRLO ED ETO'O.
Conferenza stampa con poco batticuore, insomma. Vale la pena di ricordare qualche battuta di Galliani. Come quella su Pirlo. "Non è in vendita; non mi risulta che vada via. Se dovesse arrivare un'offerta verrà informato, ma lui vuole restare con noi. Eto'o? E' un giocatore importante che chiede troppi soldi; una cifra esagerata". Gli obiettivi del Milan? Vale la pena di ricordarlo: "Uno dei primi tre posti - sostiene l'a.d. - abbiamo l'organico per farlo e andare avanti in Champions". Da 'Gazzetta.it'

mercoledì 3 giugno 2009

FIORENTINA-MILAN 0-2 (SERIE A, 38a GIORNATA)

LA FINE DI UN'EPOCA

Ultima prova di forza del Milan di Ancelotti, che espugna Firenze e conquista l’accesso diretto alla Champions League. E’ il passo d’addio del mister, di una truppa di campioni che ha vinto tanto e soprattutto del leggendario Capitano Paolo Maldini.


MILANO- L’ultima impresa del vecchio Diavolo, quello dell’era Ancelotti e del Capitano Paolo Maldini, si materializza all’Artemio Franchi nella calda ultima giornata di campionato. Non era un’impresa impossibile o da tramandare ai posteri, come i trionfi di Manchester o Atene, e nemmeno come tante lezioni impartite dai ‘Meravigliosi’ a tutte le grandi d’Europa. E’ una modesta vittoria sul terreno della Fiorentina, che permette di raggiungere il risultato minimo stagionale: l’accesso in Champions League senza passare dai preliminari, dopo una stagione di purgatorio in Uefa. Son lontani i tempi in cui il Milan regnava sul continente, ma ci si deve accontentare. Nel giorno dell’addio finale di Maldini e di chissà chi altro (Favalli? Seedorf? Jankulovski? Kakà?), mister Ancelotti opta per la coppia di registi Seedorf-Kakà dietro a Inzaghi (ancora esclusoPato), piazzando Flamini in luogo dello squalificato Ambrosini, con Beckham a supporto di Pirlo. Dietro, Maldini e Favalli con Zambrotta e Jankulovski larghi. Alla Fiorentina serve vincere con più di 1 gol di scarto per sorpassare i rossoneri e terminare terzi: nonostante ciò il gioco è nelle mani degli ex campioni del mondo, che pur in un primo tempo combattuto e non certo brillantissimo conducono le manovre. Pirlo, per quanto leggermente impreciso, appare più frizzante delle ultime settimane, e lo stesso Jankulovski sbuca in azione offensiva con frequenza, pescando due tiri fuori. Chi delude è ancora una volta Kakà, troppo in ombra. Il brasiliano si sveglia nella ripresa, con un paio di scatti di quelli che lo hanno reso celebre: ma Inzaghi è ancora troppo poco servito, sebbene il gioco di squadra sia ancor più deciso e maturo rispetto alla prima frazione. Proprio Kakà infila l’1-0 con un guizzo rapinesco in area: per i viola è notte fonda, e l’ingresso di Pato chiude definitivamente i conti: il giovanissimo brasiliano non fa in tempo a sudare che realizza il raddoppio con un tocco fel-pato sottorete, scavalcando Frey. Nel finale si rivede in campo Nesta, al debutto stagionale dopo una stagione di acciacchi e ricadute che hanno rischiato di comprometterne la carriera. Il Milan di Ancelotti tramonta con 3 punti e l’accesso diretto all’Europa che conta: dopo la gara viene ufficializzato l’inizio dell’era Leonardo, che pone fine al Regno dei Meravigliosi. L'ADDIO DI ANCELOTTI/ L'ADDIO DI MALDINI.

FIORENTINA-MILAN 0-2. MARCATORI: Kakà (M) al 10’, Pato (M) al 31’ s.t. FIORENTINA: Frey; Comotto, Gamberini, Zauri, Pasqual (Kuzmanovic dal 25’ s.t.); Donadel, Montolivo; Semioli, Jovetic (Jorgensen dal 20’. s.t.), Vargas (Gobbi dal 20’ s.t.); Gilardino. All. Prandelli. MILAN: Dida; Zambrotta, Maldini, Favalli (Nesta dal 31’ s.t.), Jankulovski; Beckham (Gattuso dal 36’ s.t.), Pirlo, Flamini; Kakà, Seedorf; Inzaghi (Pato dal 24’ s.t.). All. Ancelotti. ARBITRO: Rizzoli di Bologna. NOTE: Spettatori 41.839 per un incasso di 991.774 euro. Ammoniti Flamini per c.n.r.. Angoli 6-3. Recuperi 2’ 1’ pt, st.


COMMENTI A CALDO

FIRENZE - Queste le dichiarazioni di Mister Carlo Ancelotti al termine di Fiorentina-Milan, sua ultima gara da tecnico rossonero: 'Insieme alla società, di comune accordo, abbiamo deciso di chiudere un'avventura fantastica durata 8 anni e ricca di soddisfazioni. Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a renderla così bella, tutti coloro con cui ho vissuto un periodo lungo, bello e positivo. Si chiude un rapporto professionale, ma rimarranno per sempre l'affetto, la stima reciproca e l'amicizia. Un po' di commozione è normale, ma il tempo delle lacrime c'è già stato'. DAVID BECKHAM: "Anche se oggi non abbiamo vinto niente, abbiamo conquistato l'accesso diretto alla Champions League. Vincere oggi era fondamentale, così lo è come essere in Champions. Quanto al mio futuro non posso dire nulla di più rispetto a due settimane o due mesi fa: ora torno a Los Angeles per il finale della stagione, poi vedremo cosa succederà, comunque spero di tornare presto. Il mio ringraziamento va a tutti, dal primo all'ultimo, sono stati tutti fantastici con me nel farmi sentire uno della squadra dal primo minuto e auguro buona fortuna a tutti. Con Carlo Ancelotti lontano dal Milan finisce un'era, finiscono anni straordinari, ma ovunque andrà ad allenare sarà un club fortunato ad averlo come tecnico." RICARDO KAKA':"E' stata una giornata piena di emozioni: l'ultima partita di Paolo Maldini e l'ultima di Carlo Ancelotti sulla panchina del Milan. Siamo contenti di aver chiuso questa stagione raggiungendo un grande obiettivo come l'accesso diretto alla prossima Champions League, è motivo di grande soddisfazione per noi. Carlo Ancelotti è una persona a cui sono molto legato per questi sei anni che ho trascorso qui al milan con lui come tecnico, gli sono grato per quello che ha fatto per me e per quello che mi ha insegnato. Mi ha dato la possibilità di essere conosciuto come calciatore a livello mondiale e con lui ho vinto tanto. Gli faccio il mio in bocca al lupo per tutto. Domani ci sarà questa conferenza stampa di presentazione, arriverà una persona che porterà il Milan a vincere tanto." GIANLUCA ZAMBROTTA: "Siamo felici per aver raggiunto il terzo posto e quindi la qualifica diretta alla prossima Champions League, siamo soddisfatti di aver raggiunto questo traguardo e poi oggi c'è stata la commozione per l'addio al calcio di un grande giocatore e grande uomo come Paolo Maldini e l'ultima partita di un grande allenatore come Carlo Ancelotti che oggi ha chiuso la sua carriera al Milan. Lo ringrazio per gli anni bellissimi che ho trascorso con lui alla Juventus e per questa stagione qui al Milan, è una persona straordinaria, ha vinto tutto e gli faccio il mio in bocca al lupo per il suo futuro."

CLASSIFI SERIE A
84 Inter 47 Atalanta
74 Juventus 46 Napoli
74 Milan 46 Sampdoria
68 Fiorentina 44 Siena
68 Genoa 43 Catania
63 Roma 38 Chievo Verona
58 Udinese 37 Bologna
57 Palermo 34 Torino
53 Cagliari 31 Reggina
50 Lazio 30 Lecce

lunedì 1 giugno 2009

CIAO CARLO, E GRAZIE DI TUTTO

Ciao, Carletto, e grazie di tutto. Mister Ancelotti lascia il Milan dopo otto stagioni di difficoltà, vittorie, sorrisi e avvenimenti indimenticabili: restano per sempre nella storia le due Coppe Campioni, lo scudetto, le 2 Supercoppe Europee, il Mondiale per Club, la Coppa Italia e la Supercoppa italiana, i trionfi della sua gestione.

Quando il cuore ti (ri)chiama non puoi dire di no, vero Carletto? Lasciato a piedi da una Juventus non invincibile, portata due volte dietro al tricolore, Ancelotti se ne stava nelle sue campagne emiliane quando il vecchio Diavolo richiamò. C'era anche il Parma, da una parte, il club con cui aveva esordito da giocatore, ragazzino, e col quale era diventato allenatore vero: ma di fronte all'offerta di Adriano Galliani non poteva non sciogliersi. Con la maglia rossonera addosso Carlo Acelotti era stato Terminator: arrivava trentenne e, dicevano, stanco, logorato da 8 anni nella Roma pieni di successi e infortuni, che avevano distrutto ile sue ginocchia, ricostruite poi in acciaio e ferro dal dio Vulcano. Per questo, Terminator. O Robocop, fate voi. Invece a Milano Ancelotti vive le 5 stagioni più belle, coronate da 2 scudetti, 4 supercoppe assortite, 2 Intercontinentali e 2 splendide coppe dei Campioni, vissute da protagonista: regista di classe e mediano di potenza, tutto concentrato in un mix esplosivo di carattere, simpatia, continuità. Uno dei più grandi centrocampisti che mai abbia indossato la gloriosa divisa. Ora, dieci anni dopo, il Milan era dolorante. Nessuna vittoria da 2 anni, il flop di mister Terim, un quarto posto come risultato da seguire, gli infortuni di Shevchenko e Inzaghi: mister Ancelotti si siede al comando e traghetta la squadra al quarto posto. E' l'inizio di un ciclo.

Il mister sposta Pirlo da fantasista a playmaker: l'intuizione è geniale e scopre le qualità di Andrea come uno dei migliori registi del continente. Il faro bresciano è uno dei gioielli di un Milan che incanta in Italia e in Europa: il mister fa coesistere alla grande tre fantasisti (Seedorf, Rivaldo e Rui Costa) e un attaccante (Pippo Inzaghi, assatanato autore di 30 reti stagionali), sopeprisce senza patemi al lungo stop di Sheva e incanta in Champions League: se in Italia il rendimento cala a fine andata, in Europa il Milan è stellare, gioca un calcio offensivo e ultra spettacolare. Elimina tra le altre il Bayern Monaco, il Real Madrid e il Borussia Dortmund, l'Ajax con un finale al cardiopalma, l'Inter nell'euroderby di semifinale: a Manchester i rossoneri alzano la Coppa vinta ai rigori proprio contro la Juve, e per Carletto Magno la rivincita nei confronti di chi lo ha liquidato (la società bianconera) e definito 'maiale' (alcuni tifosi) è enorme. Qualche giorno dopo arriva anche la Coppa Italia, la prima dell'era Berlusconi, in una notte di festa indimenticabile. In agosto è il turno della Supercoppa Europea, scippata al Porto con gol di Sheva.

Il 2003/04 è il capolavoro assoluto. Ancelotti inserisce gradualmente un ragazzino giunto dal Brasile che fa cose meravigliose: un razzo nella corsa, un mostro nella visione di gioco, bomber e assist man: Kakà. Rui Costa lo svezza mentre Rivaldo viene lentamente accantonato, ma il Milan è una corazzata implacabile e vola verso il 17° scudetto trainato dai 24 gol di Shevchenko. In porta vola un Dida mai così strepitoso: la difesa è un fortino inespugnabile difeso dai due dioscuri, Nesta e Maldini: stagione pazzesca per loro. Gattuso è il cuore del centrocampo guidato da Pirlo e arricchito dal fosforo di Seedorf, Cafu batte la destra come ai tempi belli romani e a sinistra brilla la 'sorpresa' Pancaro. Gioco affascinante, compattezza, continuità: il tricolore incorona ancora una volta i 'Meravigliosi', Ancelotti viene lanciato per aria dai suoi uomini nella cornice festante di San Siro, dopo l'1-0 nello scontro diretto con la Roma, griffato Shevchenko. In Europa lo scivolone col Deportivo (0-4) resta però una ferita dolorosa da sanare. Da dimenticare anche la trasferta Intercontinentale, con la Coppa ceduta al Boca Juniors (ancora ai rigori). Il Milan inizia il 2004/05 alzando la Supercoppa Italiana, strappata alla Lazio (3-0) grazie alla tripletta di Shevchenko, che a dicembre vince il Pallone d'oro.

Inizia un periodo duro per il Milan: nel 2004/05 termina secondo ma si dedica soprattutto all'Europa, dove giunge in finale col Liverpool. Scommessa azzeccata da Ancelotti, il bomber Hernan Crespo: sembrava al declino, appesantito e rotto nel Chelsea; il mister lo ha rivitalizzato e l'argentino ha messo in fila 18 reti, compresa la doppietta nel m atch clou di Istanbul. E' uno dei migliori Milan di sempre, quello che annichilisce i Reds e al '45 conduce 3-0. L'inspiegabile debacle della ripresa, che porta al pari inglese e alla sconfitta ai rigori, è una pagina nerissima. La società dà fiducia al mister, cosa impensabile altrove. Il 2005/06 è un anno di transizione, coi rossoneri ancora secondi e fuori ingiustamente alle semifinali europee: a fine anno scoppia lo scandalo calciopoli, Shevchenko scappa via e le voci sul futuro del club sono pessimiste. Alla fine i rossoneri vengono 'solo' declassati al quarto posto, e senza poter fare un mercato adeguato a causa dei tempi ridottisissimi d'azione tra la sentenza e la chiusura dello stesso. L'unico acquisto, Oliveira, sarà un flop. Gilardino, arrivato l'anno prima, pare impalpabile.

Inzaghi trascina il Milan oltre ai preliminari e poi lascia la leadership a Kakà: tramontato prestissimo il sogno scudetto, i Diavolo pensa all'Europa tra una bufera di critiche. Fino ai quarti è un Milan brutto e acciaccato, che bada al sodo ma rischia molto. Poi, diventa un cigno: le partite col Bayern Monaco e soprattutto il capolavoro col Manchester United (3-0 a San Siro), che danno accesso alla finale-rivincita col Liverpool, sono nella leggenda del club milanese. Inzaghi fa bum bum e Ancelotti alza la sua seconda coppa da allenatore, quarta totale e settima per il Milan: è tripudio. Col Siviglia arriva anche la Supercoppa Europea, e a dicembre c'è anche la rivincita sul Boca Juniors: 4-2 e quarto Mondiale per club! La squadra, prevedibile e lenta, conclude male la stagione: lontana dallo scudetto, fuori ai quarti in europa. Si richiede un ricambio generazionale che non arriva: Anclotti chiede ma vengono acquistati giocatori che lui non voleva, come Ronaldinho. Il tecnico deve gestire una rosa vecchia, stanca, con la pancia piena: e l'ultimo anno, il 2008/09, è pura sofferenza. Lo scudetto, ancora una vola, svanisce presto. Anche in Coppa UEFA il Milan molla prima del previsto, e così tutti gli sforzi vengono concentrati in una faticosa rincorsa al terzo posto, che vuol dire Champions senza preliminari. L'ultima intuizione di Carletto è Flamini terzino destro. Raggiunto l'obbiettivo minimo, dopo 8 stagioni dure ma belle arriva il momento dell'addio.

Al di là dell'enorma storia di trionfi, trofei, coppe e calcio spettacolo regalato indelebilmente alla storia della società, rimarrà nel cuore di tutti la grandiosità dell'Uomo Carlo Ancelotti. Un fratello maggiore adorabile, sempre pronto alla battuta e allo scherzo. Strepitosi gli sketch imbanditi a tavola con i giocatori, spassose le gag spontanee e ilari regalate nelle interviste e nelle confernze stampa. Emozionante il coro 'Ale! Alè, Milan alè!' scandito al microfono nella festa per la Champions 2007, quando Carletto prese il microfono nel catino del Meazza e, con voce tremolante dall'amozione, chiese allo stadio di antare con lui. Ogni sua intervista a 'Milan Channel', il canale tematio rossonero, la concludeva con un 'Forza Milan': perchè il suo cuore è imbevuto di quei colori, perchè anche se il rapporto di lavoro finisce qui quello umano non si esaurirà mai, ed è splendida la maniera dolce con cui le parti si lasciano. Senza polemica, senza problemi, senza rancori. Da amici, come quando Carletto arrivò in quell'autunno del 2001. Carletto Magno, dopo 5 stagioni fantastiche in campo ce ne ha regalate altre 8 in panchina: un'epoca incredibile, che non scorderemo mai. Un'epoca che lo piazza nell'Olimpo dei grandi tecnici rossoneri, assieme a Nereo Rocco, Arrigo Sacchi e Fabio Capello. Di ogni cosa, di ogni vittoria, di ogni gesto e anche di ogni sconfitta, grazie di tutto, Mister Milan. Buona fortuna, e arrivederci.

IL SALUTO AL MILAN DI PAOLO MALDINI

ONORE E GLORIA AL CAPITANO

Tramonta il sole, mentre l'ultima bandiera viene ammainata. L'ultimo higlander lascia il calcio, l'ultimo INVINCIBILE della stirpe d'oro -Baresi, Costacurta, Tassotti, Albertini, Filippo Galli, Boban, Sebastiano Rossi e, appunto, Paolo Maldini- si arrende all'età e, a 41 anni da compiere sfila per l'ultima volta la fascia di Capitano, ereditata nel 1997 da Franco il Grande . Potrebbero bastare dei numeri, per sintetizzare l'immensità della sua regola: 25 stagioni, 26 titoli, 902 partite in rossonero. Oppure 126 apparizioni in azzurro. Record assoluti, partite memorabili: le finali di Champions, con i 4-0 su Steaua e Barcellona, oppure con i successi sofferti con Benfica, Juventus, Liverpool. Il 5-0 al Real Madrid nella semifinale del 1989, un 6-0 in un derby con suo padre, il mitico Cesare in panchina. La finale Mondiale a Pasadena, la partita perfetta contro il Manchester United, le medaglie in Giappone con Nacional Medellin, Olimpia Assuncion e Boca Juniors. Potrebbe bastare il suo sguardo fiero e rassicurante, a spiegare chi è Paolo Maldini: e potrebbero bastare gli occhi bassi dei suoi compagni quando lui entra nello spogliatoio arrabbiato per una sconfitta, o i loro sorrisi allegri quando lui, dall'alto della sua immortalità, si dimostrava amico umile e sempre disponibile. La leggenda di Cuore di Drago termina qui, termina dopo 25 stagioni di livello insuperabile, qualcosa mai realizzato prima in un romanzo tutto da raccontare.

Paolo Maldini, figlio di Cesare, Capitano del Milan campione d'Europa a Wembley nel 1963. La sua storia incredibile inizia qui, nel gennaio del 1985. Unica presenza per quell'anno, prima di diventare titolare nel 1985/86. 24 anni fa il debutto in un Milan poveretto, dunque, a soli 16 anni. Gli davano del raccomandato, ha presto smentito tutti, Paolo. A 17 anni era già insostituibile nel Milan di Liedholm (in panchina), Virdis e Hateley. L'avvento di Silvio Berlusconi (1986) riportò finalmente la squadra alla gloria che la sua storia voleva.

IMMORTALI. Arrigo Sacchi crea un Milan devastante, che nel 1988 torna tricolore dopo 9 anni. Una macchina di calcio spettacolare e inflessibile contro tutti gli avversari: mitica la rimonta scudetto sul Napoli di Maradona. Maldini si esalta sulla fascia, ergendosi presto a erede di Cabrini e Facchetti come miglior terzino della stroia azzurra. Non solo: i trionfi europei del Milan lo portano nell'olimpo dei grandissimi di sempre, a soli 20 anni. I rossoneri devastano a Barcellona lo Steaua (1989) e a Vienna nel 1990 vincono la loro seconda Coppa Campioni di fila. Bis anche in Intercontinentale, incetta di Supercoppe, avversari annichiliti senza pietà (chiedere al Real Madrid, seppellito 5-0 a San Siro) e Milan che diventa la squadra più forte di sempre. Grazie ai gol di Gullit e Van Basten, certo, ma anche alla strepitosa difesa imperniata sui recuperi record di capitan Baresi e le galoppate micidiali di Tassotti e Maldini: mago di classe ed eleganza, puntello duro e raffinato in difesa, il giovane Maldini punge con i suoi cross perfetti, le incursioni a rete, discese brasilianeggianti, che ne fanno presto una colonna anche in azzurro.

Terminato il ciclo Sacchi, arriva Capello. Il Milan si fa ancora più cinico e continua a sbaragliare record, dai 3 scudetti di fila ad una nuva Champions: 4-0 al Barcellona. La stella di Maldini splende assoluta, eterna, favolosa. Atroce la scelta di non premiarlo mai col pallone d'oro. Se in rossonero sono gioie e coppe a ripetizione, in azzurro solo delusioni: su tutte, la finale mondiale persa col Brasile (1994). I record del Milan di Capello sono leggenda. In una stagione concluse la stagione senza sconfitte, inanellando 58 risultati utili consecutivi nell'arco di tre campionati. Memorabili risultati come un 8-0 al Foggia di Zeman, un 5-4 al Pescara, un 7-3 in casa della Fiorentina. Senza dimenticarsi del torneo del Milan non spettacolare, ma cinico, che segna poco e incassa zero: Seba Rossi batte il record di minuti senza subire gol. Splendido esempio di terzino totale, Maldini ha un fisico possente e compatto che lo rende forte fisicamente, pur mantenendo una velocità ed un'eleganza invidiabili. Paolo, detto Cuore di Drago, è dotato di una tecnica sublime che gli consente tocchi di palla deliziosi: la capacità di mixarla ad un'eplosività devastante lo rende un vero monumento, e il Grandissimo Milan degli Invincibili e degli Immortali se ne avvale con orgoglio. Già bandiera, ancora giovane: già leggenda, ancor più del mitico papà. Maldini è una delle stelle della truppa implacabile di Capello.

CADERE E RISALIRE. Il Milan immortale muore nel 1996, le stelle vengono fischiate e corteggiate da club esteri: il Chelsea cerca Paolo e Costacurta. Loro restano dopo 2 anni orribili, e nel 1999 si prendono l'immensa gioia di uno scudetto insperato strappato alla Lazio. C'è Zaccheroni in panchina e tanti nonnetti all'ultimo valzer in campo: Rossi, Boban, Donadoni, gli stessi Paolo e Billy: un'ultima sferzata d'orgoglio per gli invincibili senatori. Maldini è uno dei tre centrali (non più terzino quindi), ferrea barriera con i suoi tackle tempestivi e spettacolari, i suoi recuperi prodigiosi, i salvataggi stellari. Segna anche un gol scudetto, a Parma su punizione.

Tra 2000 e 2002 il Milan si rifonda, tra errori e colpi di mercato che portano qualche annata grigia. Su Maldini ci si può sempre aggrappare, lui è sempre uno dei migliori. Qualcuno pensava che fosse agli ultimi colpi, quando si ritira dalla Nazionale dopo 112 gare (record storico ancora imbattuto): nessuno poteva sapere che, con l'arrivo di Ancelotti a Milanello, iniziava la nuova vita di Paolo.

NUOVA ERA. Capitano splendido, pieno di medaglie e ammirato da tutti. Monumentale, davvero monumentale è il Capitano nella stagione 2002/03, il ritorno alla Champions League. Vincerla sulla Juve è stato emozionant; per lui è stupendo alzarla da Capitano, peraltro in una stagione in cui i suoi recuperi e i suoi mitici tackle lo hanno fatto tornare tra i migliori difensori del mondo: chi lo aveva dato per bollito dopo gli ultimi infortuni abbassa la testa, mentre piovono riconoscimenti e complimenti da ogni angolo del pianeta. La stagione di paolo, in coppia con Nesta, è davvero perfetta: Cuore di Drago si piazza al centro della difesa, fiero e orgoglioso, ed è praticamente insuperabile.

Un centrale con i controfiocchi, e l'anno dopo è ancora meglio: mastodontico Paolo, blinda la retroguardia e la comanda dall'alto di un'esperienza unica, una classe massima, una precisione e una continuità assolutamente impressionanti. Nessun errore, un'annata degna dei tempi d'oro per un nuovo scudetto, il settimo. Il Milan è una corazzata implacabile, abbatte record su record e il 17° scudetto è l'apoteosi del ciclo Ancelotti, capace di forgiare una squadra spettacolare e imbattibile degnissima erede di quelle di Sacchi e Capello.

Altissimo rendimento anche nella stagione dopo, quando però il Milan scivola a Istanbul col Liverpool. Eppure proprio l'higlander Paolo aveva aperto i giochi in finale con un grandissimo gol. Paolo è continuo e decisivo sempre: dimostra dieci anni di meno di quanto l'anagrafe dichiari, sempre fresco, sempre pronto, sempre sul pezzo. Le dichiarazioni di stima continuano a tributargli il giusto merito: dopo il doppio 1-0 col Manchester United, in Inghilterra lo chiamano 'The Old Master'. l'antico Maestro. Ormai Paolo è più di un campione, è più di una leggenda. E' una vera e propria icona, cui nessuno può sottrarsi di tributare onore. Ma la cosa fondamentale resta la sua efficacia ancora integra, il suo fisico ancora potente: Maldini non è mai stato una vecchia gloria, ma sempre un fenomeno a pieno servizio.

Cerca di rialzarsi il Milan, e dopo una dura ma positiva stagione 2005/2006 affronta anche lo scandalo calciopoli.In quella stagione, Paolo viene centellinato e gioca meno: il suo apporto resta così lucido e importante. Il Capitano gioca soprattutto le elettrizzanti sfide di Champions, ma in campionato contro la Reggina trova addirittura la prima doppietta della sua monumentale carriera.

Il Milan combatte contro ogni avversità, e trionfa tornando campione d'Europa ad Atene nel 2007. Per il capitano è la seconda annata in cui si centellinano le presenze, ma il suo rendimento non perde di qualità: la partita perfetta contro il Manchester United, vinta 3-0 sotto il diluvio di San Siro, non è solo una delle migliori mai giocate dal Diavolo: è un vero testamento tecnico che il Capitano affida ai posteri. Ancora una volta mister Ancelotti gli risparmia molti sforzi in campionato, sfruttando la sua esperienza millenaria e la sua tecnica divina in Champions League. Il risultato si chiama trionfo, ed è il 5° sigillo sul petto di Paolo: 5 Coppe dei Campioni, più di Inter e Juventus messe insieme. La seconda Coppa alzata al cielo da Capitano ha un sapore speciale come la prima: perchè se paolo dichiarava di essere all'ultima stagione, il trionfo di Atene lo porta a volersi spingere oltre, a rimettersi in discussione, e a voler difendere ancora per qualche tempo la maglia della sua vita.

Il Milan soffre nel 2007/08. Non sono però mancate tante gioie, come il risollevare la coppa del Mondo in Giappone. Un Maldini infinto: certo, omai non è più la macchina bionica infallibile e spettacolare di qualche annoprima, ma già così vale più di mille mezzi difensori o presunti tali che girano per il mondo. Ancora a mezzo servizio, Maldini a volte soffre ma stringe i denti e trascina la sua truppa de varo capitano.

Il 2008/09 è l'ultima stagione. La fine di un'era, quella Ancelotti, e il saluto del Capitano. Che a 40 anni gioca praticamente sempre in campionato, dimostrando di possedere un fisico ancora strepitoso, una grinta unica e una capacità di stringere i denti incredibile: sangue e sudore colano per la maglia rossonera, e coprono i vecchi dolori alle ginocchia. Il Milan non vince ma soffre, paolo non abbandona mai la scialuppa e la trascina al terzo posto che vuol dire ingresso diretto in Champions: è l'epilogo di una storia bellissima, che il Capiano ha voluto chiudere riportando la sua legione nell'Olimpo europeo che gli è sempre stato consono sipario. Grazie di tutto, Cuore di Drago!

mercoledì 27 maggio 2009

TUTTI I RETROSCENA DELLA CONTESTAZIONE

NON SI FISCHIA LA STORIA

Una festa rovinata. L’addio al suo stadio di uno dei più grandi campioni della storia del calcio, Paolo Maldini, sporcata dalla contestazione di qualche tifoso della Sud. Nulla potrà mai cancellare le pagine leggendarie di storia scritte da Cuore di Drago, nulla potrà contaminare la sua immagine di bandiera e Capitano dall’aurea di immortalità. Però quei fischi e quelle parole fanno male, e non solo a Paolino ma a tutti gli appassionati di calcio. Se qualcosa era rimasto in sospeso, tra lui e i tifosi, era proprio necessario rinfacciarlo nel giorno della sua festa? Sicuramente no. 25 stagioni in una sola squadra non le ha mai fatte nessuno. Baresi si era fermato a 20, Rivera a 19. Maldini ha vinto 26 titoli, tra cui 7 scudetti e 5 Coppe Campioni. Ha giocato oltre 900 partite con quella divisa addosso. Nessuno può permettersi di fischiarlo nel giorno del suo tributo, al di là di ogni colpa che gli si possa attribuire.

I FATTI. Giro di campo di Paolo Maldini, per la sua ultima partita a San Siro. La prima, è datata 1985. Qualcuno, dalla curva, fischia. Viene esposto uno striscione di ringraziamento ‘per 24 anni di vittorie’ con una vena polemica: il riferimento è ad un ‘mercenari e pezzenti’ che sarebbe stato rivolto dal Capitano ai Ragazzi della Curva. Si scoprirà in seguito che l’episodio risalirebbe al dopo Istanbul, alla rimonta del Liverpool da 0-3 a 3-3 nella finale di Coppa del 2005. Maldini risponde in maniera orgogliosa e molto forte, per uno come lui, che si è sempre distinto per essere un signore in campo e fuori: dito medio alzato alla Sud e un ‘figli di puttana’ letto al labiale. Sullo striscione citato viene steso il drappo col numero 6 di Franco Baresi, mentre si alzza il coro ‘c’è solo un capitano, un capitano’, che viene sempre dedicato all’ex fuoriclasse di Travagliato. A Maldini vengono contestati anche altri episodi: i ‘zitti’ rivolti ai tifosi che fischiavano quando le cose andavano male e il suo continuo rimarcare un distacco tra lui e la curva: non è mai stato un lecchino, Maldini, ma ai tifosi della curva ha sempre dato fastidio il suo ‘io non sono uno di loro’, distillato a Controcampo nel 2005 e ribadito dopo i tristi episodi di domenica: ‘sono fiero di non essere uno di loro’. Parole pesantissime che la Curva non può sopportare: ‘quei pezzenti sono quelli che ti hanno garantito per anni un ricco stipendio’, è il loro pensiero comune. Maldini ha portato la squadra negli spogliatoi ed impedito che nel Meazza si aprisse la festa organizzata per lui dalla società. Fine dello spettacolo. In serata, a Controcampo, il capo della tifoseria del Milan ha precisato che non c’è stata contestazione organizzata per Maldini: la stima e la riconoscenza per il campione sono intatti, è la considerazione dell’uomo che è negativa. Tanto di cappello al giocatore, non all’uomo: in estrema sintesi è l’ideologia che ha spinto i contestatori a rovinare il tributo, davanti ai figli di Paolo.

LA DIFESA. I tifosi si difenderanno dicendo che coro e striscione pro Baresi sono una presenza fissa ad ogni match del Diavolo, ed è vero: ma esibirli nel giro di campo di Maldini è un messaggio palese ed evidente, creato ad hoc per attaccare la figura del leggendario numero 3. La contestazione a Maldini è derivata dagli episodi prima citati: il distacco continuamente ribadito tra lui e la Sud, gli ‘zitti’ rivolti a chi paga per vedere il Milan e ha diritto di esprimere la sua opinione in modo civile, la sua freddezza generale. Ma del resto non tutti sono dei Gattuso, che vivono alimentati dal furore della torcida. Paolo da parte sua ha diritto a zittire i contestatori anche per compattare la squadra e per farle capire che lui è un capitano saldamente al timone della truppa, che crede nei compagni e vuole affrontare le crisi e gli ululati assieme a loro. Se in qualcosa ha sbagliato, è nella durezza degli aggettivi e delle dichiarazioni rivolte alla Curva. Però non tutti possono condividere la mentalità dell’ultras estremo, di quelli che ‘offesi una volta è rottura per sempre’, in stile mafioso: Maldini non la tollera, e ha voluto da subito stabilire un distacco da chi lo ha preso di mira da subito dopo i primi episodi controversi, datati 1997. Non per mancanza di capacità di accettare le critiche, ma per quell’attaccare a prescindere in memoria di un precedente insanabile. Non solo nei suoi confronti, ma in quelli di chiunque: Maldini è per la battaglia in campo, non per la politica sugli spalti. E’ per la lealtà con compagni e avversari, non per i dogmi dei tifosi e i loro rituali folcloristici: l’esaltazione della loro essenza tribale, l’avversione istantanea del ‘nemico’ che non la condivide o non si comporta come loro vorrebbero. Non bacia la maglia, Maldini, non va in curva a vedere le partite o alle cene del giovedì a ingraziarsi i tifosi: chi lo fa, lo fa perché lo sente, chi è più distaccato non va attaccato. Ognuno è fatto a modo suo, non vuol dire che se ne frega dei suoi colori. Stiamo parlando di Paolo Maldini, ma stiamo scherzando?

lunedì 25 maggio 2009

MILAN-ROMA 2-3 (SERIE A, 37a GIORNATA)

FINE STAGIONE COL FIATONE

Milan sconfitto dalla Roma: di nuovo in discussione l'accesso diretto alla Champions. Capitan Maldini dà l'addio definitivo San Siro, ma viene contestato da un manipolo di imbecilli.

MILANO. FISCHI PER TUTTI: per il Milan senza più un goccio di benzina nel serbatoio, sconfitto in casa dalla Roma dopo il ko di Udine, e persino per il grande Capitano Paolo Maldini, all’ultima recita nel catino di San Siro: delle bestie, dalla curva, hanno osato offendere l’onore del Capitano in ossequio a degli episodi mai sanati e mai graditi a pochi scellerati pseudo supporter. Trattasi di –udite udite- qualche applauso ironico o indice ‘zittente’ rivolto dal Capitano alla torcida fischiante nei momenti più duri sofferti dal Milan, l’ultimo in questa stagione. Un modo per proteggere la squadra, per evitare che la contestazione sfaldasse il gruppo, che non ha mai remato contro. Un nulla, nei confronti di tutto quello che Paolo ha vinto e di tutti i momenti leggendari regalati al Meazza: ma certi imbecilli tali restano, e allora trionfa la rabbia di Cuore di Drago, che mostra il dito medio e porta la squadra negli spogliatoi, di fatto chiudendo prima di cominciare la festa che era stata organizzata per il suo addio, dopo 25 stagioni e 26 ‘tituli’. Oltre a Maldini , in realtà, c’era poco da festeggiare: il ko con la Roma, 3 volte avanti ma raggiunta solo in due occasioni da un’inedita doppietta di Ambrosini, rimette in discussione non solo il secondo posto, riaggancitato dalla Juve, ma anche il terzo, ora conteso anche dalla Fiorentina: domenica al Franchi, per lo scontro diretto, ci si gioca l’accesso alla Champions League con o senza preliminare. Mister Ancelotti, un altro vicino all’addio, schiera davanti a Dida Maldini e Favalli, con Flamini e Jankulovski larghi: ma la spinta degli esterni sarà insufficiente, come non al massimo si presentano, in mezzo, Beckham e Pirlo. Molto più propositivo Ambrosini, il miglior rossonero del momento. In attacco Kakà, ancora opaco, supporta un Inzaghi poco servito e un Pato anch'egli non scintillante. Per l'addio al Capitano, viene inaugurata quella che sarà la maglia della nuova stagione, con delle strisce leggermente più sottili e un orrendo colletto bianco. Primo tempo combattuto, Roma avanti con una potente punizione del norvegese ex Liverpool Riise: tempo 4 minuti e il Milan pareggia con un'incursione di Ambrosini. La gara si accende, e il secondo tempo è davvero un batti e ribatti. Ancelotti cerca maggior spinta, inserendo Zambrotta in luogo dell'impresentabile Jankulovski e dando fiato a Beckham con l'ingresso del 'suo' Seedorf. Lo spento Pato è rilevato da Ronaldinho. Alla spagnola, le squadre se le suonano. A tempo inoltrato, la Roma torna avanti col neoentrato Menez: ancora colpevole Dida. Come per il primo gol, il Milan pareggia all'istante: un minuto, e Ambrosini, ancora lui, tocca la palla sottoporta. 2-2: per Ambro, nel giorno dell'addio di Maldini, sembra un'investitura ufficiale. Ma la Roma non si arrende, e una punizione di Totti a '5 dalla fine regala il successo ai giallorossi, inguaiando seriamente il Milan. Il resto è buio: unterzo posto tanto fondamentale quanto a rischio, la festa rovinata al Grande Capitano, il benservito ad Ancelotti che ormai manca solo dell'ufficialità.

MILAN-ROMA 2-3. MARCATORI: Riise (R) al 26′ pt, Ambrosini(M) al 30′ st, Menez (R) al 35′ st, Ambrosini (M) al 36′ st, Totti (R) al 40′ st. MILAN: Dida 5; Flamini 5,5; Maldini 6, Favalli 5,5, Jankulovski 5,5 (dal 15′ st Zambrotta 6); Beckham 5,5 (dal 1′ st Seedorf 5), Pirlo 5,5, Ambrosini 6,5; Kakà 5; Inzaghi 5,5, Pato 5,5 (dal 14′ st Ronaldinho 5,5). All.: Ancelotti. ROMA: Artur; Motta, Mexes, Juan (dal 24′ st Diamoutene), Riise; Cassetti, Brighi, Pizarro, Taddei (dal 18′ st Filipe); Totti; Vucinic (dal 31′ st Menez). All.: Spalletti. ARBITRO: De Marco di Chiavari. NOTE: spettatori 72.681. Angoli 7-3 per il Milan. Recuperi 1′ pt, 5′ st. ESPULSO:Ambrosini (M) al 43’st per doppia ammonizione. AMMONITI: Motta (R), Taddei (R) e Artur (R).

CLIC: MALDINI, TUTTI I RETROSCENA DELLA CONTESTAZIONE.

COMMENTI A CALDO
MILANO - Dopo la sconfitta con la Roma Carlo Ancelotti analizza la giornata negativa del Milan: "Quella di oggi è una giornata dura da assorbire, ma ci dobbiamo riuscire. Peccato perchè oggi si poteva chiudere il campionato e invece dovremo lottare ancora una settimana. Adesso tuttavia non dobbiamo avere paura, dobbiamo prepararci bene sapendo che a Firenze avremo diversi risultati a disposizione, non ci devono essere allarmismi particolari. Credo che questa squadra meriti la Champions League diretta, peccato ci si debba giocare tutto all'ultima giornata, ma vuol dire che deve finire così. Difficile trovare spiegazioni a quanto è successo, probabilmente si, ci siamo un po' seduti, c'è stato un calo di attenzione, anche la partita di oggi l'ha dimostrato. Ora come detto non dobbiamo allarmarci, dobbiamo fare un risultato positivo a Firenze. Oggi c'era una atmosfera particolare, abbiamo iniziato male, rimontare non è facile, è mancata anche la lucidità finale per gestire il pareggio. Ci dispiace per Paolo, ma il risultato non deve offuscare la sua carriera perchè attorno a Maldini c'era uno stadio pieno di affetto. E' importante sottolineare questo, le contestazioni erano di una sparuta minoranza che poteva certo evitare di contestare in questa giornata speciale per Paolo. Come detto c'è grande dispiacere, potevamo chiudere il campionato. Lasciamo poi stare l'arbitraggio, ci sono anche altri arbitri, a noi tocca sempre De Marco. Il suo atteggiamento ci ha un po' innervosito. Oltre al danno dei calci di regore negati anche la beffa per l'espulsione di Ambro".



CLASSIFICA SERIE A
81 Inter 47 Atalanta
71 Juventus 45 Sampdoria
71 Milan 43 Siena
68 Fiorentina 43 Napoli
65 Genoa 43 Catania
60 Roma 38 Chievo Verona
56 Palermo 34 Bologna
55 Udinese 34 Torino
53 Cagliari 30 Lecce
50 Lazio 30 Reggina