mercoledì 27 maggio 2009

TUTTI I RETROSCENA DELLA CONTESTAZIONE

NON SI FISCHIA LA STORIA

Una festa rovinata. L’addio al suo stadio di uno dei più grandi campioni della storia del calcio, Paolo Maldini, sporcata dalla contestazione di qualche tifoso della Sud. Nulla potrà mai cancellare le pagine leggendarie di storia scritte da Cuore di Drago, nulla potrà contaminare la sua immagine di bandiera e Capitano dall’aurea di immortalità. Però quei fischi e quelle parole fanno male, e non solo a Paolino ma a tutti gli appassionati di calcio. Se qualcosa era rimasto in sospeso, tra lui e i tifosi, era proprio necessario rinfacciarlo nel giorno della sua festa? Sicuramente no. 25 stagioni in una sola squadra non le ha mai fatte nessuno. Baresi si era fermato a 20, Rivera a 19. Maldini ha vinto 26 titoli, tra cui 7 scudetti e 5 Coppe Campioni. Ha giocato oltre 900 partite con quella divisa addosso. Nessuno può permettersi di fischiarlo nel giorno del suo tributo, al di là di ogni colpa che gli si possa attribuire.

I FATTI. Giro di campo di Paolo Maldini, per la sua ultima partita a San Siro. La prima, è datata 1985. Qualcuno, dalla curva, fischia. Viene esposto uno striscione di ringraziamento ‘per 24 anni di vittorie’ con una vena polemica: il riferimento è ad un ‘mercenari e pezzenti’ che sarebbe stato rivolto dal Capitano ai Ragazzi della Curva. Si scoprirà in seguito che l’episodio risalirebbe al dopo Istanbul, alla rimonta del Liverpool da 0-3 a 3-3 nella finale di Coppa del 2005. Maldini risponde in maniera orgogliosa e molto forte, per uno come lui, che si è sempre distinto per essere un signore in campo e fuori: dito medio alzato alla Sud e un ‘figli di puttana’ letto al labiale. Sullo striscione citato viene steso il drappo col numero 6 di Franco Baresi, mentre si alzza il coro ‘c’è solo un capitano, un capitano’, che viene sempre dedicato all’ex fuoriclasse di Travagliato. A Maldini vengono contestati anche altri episodi: i ‘zitti’ rivolti ai tifosi che fischiavano quando le cose andavano male e il suo continuo rimarcare un distacco tra lui e la curva: non è mai stato un lecchino, Maldini, ma ai tifosi della curva ha sempre dato fastidio il suo ‘io non sono uno di loro’, distillato a Controcampo nel 2005 e ribadito dopo i tristi episodi di domenica: ‘sono fiero di non essere uno di loro’. Parole pesantissime che la Curva non può sopportare: ‘quei pezzenti sono quelli che ti hanno garantito per anni un ricco stipendio’, è il loro pensiero comune. Maldini ha portato la squadra negli spogliatoi ed impedito che nel Meazza si aprisse la festa organizzata per lui dalla società. Fine dello spettacolo. In serata, a Controcampo, il capo della tifoseria del Milan ha precisato che non c’è stata contestazione organizzata per Maldini: la stima e la riconoscenza per il campione sono intatti, è la considerazione dell’uomo che è negativa. Tanto di cappello al giocatore, non all’uomo: in estrema sintesi è l’ideologia che ha spinto i contestatori a rovinare il tributo, davanti ai figli di Paolo.

LA DIFESA. I tifosi si difenderanno dicendo che coro e striscione pro Baresi sono una presenza fissa ad ogni match del Diavolo, ed è vero: ma esibirli nel giro di campo di Maldini è un messaggio palese ed evidente, creato ad hoc per attaccare la figura del leggendario numero 3. La contestazione a Maldini è derivata dagli episodi prima citati: il distacco continuamente ribadito tra lui e la Sud, gli ‘zitti’ rivolti a chi paga per vedere il Milan e ha diritto di esprimere la sua opinione in modo civile, la sua freddezza generale. Ma del resto non tutti sono dei Gattuso, che vivono alimentati dal furore della torcida. Paolo da parte sua ha diritto a zittire i contestatori anche per compattare la squadra e per farle capire che lui è un capitano saldamente al timone della truppa, che crede nei compagni e vuole affrontare le crisi e gli ululati assieme a loro. Se in qualcosa ha sbagliato, è nella durezza degli aggettivi e delle dichiarazioni rivolte alla Curva. Però non tutti possono condividere la mentalità dell’ultras estremo, di quelli che ‘offesi una volta è rottura per sempre’, in stile mafioso: Maldini non la tollera, e ha voluto da subito stabilire un distacco da chi lo ha preso di mira da subito dopo i primi episodi controversi, datati 1997. Non per mancanza di capacità di accettare le critiche, ma per quell’attaccare a prescindere in memoria di un precedente insanabile. Non solo nei suoi confronti, ma in quelli di chiunque: Maldini è per la battaglia in campo, non per la politica sugli spalti. E’ per la lealtà con compagni e avversari, non per i dogmi dei tifosi e i loro rituali folcloristici: l’esaltazione della loro essenza tribale, l’avversione istantanea del ‘nemico’ che non la condivide o non si comporta come loro vorrebbero. Non bacia la maglia, Maldini, non va in curva a vedere le partite o alle cene del giovedì a ingraziarsi i tifosi: chi lo fa, lo fa perché lo sente, chi è più distaccato non va attaccato. Ognuno è fatto a modo suo, non vuol dire che se ne frega dei suoi colori. Stiamo parlando di Paolo Maldini, ma stiamo scherzando?

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