sabato 28 febbraio 2009

MILANSTORY: ENRICO ALBERTOSI


La storia di Enrico 'Ricky' Albertosi è un romanzo infinito, un'avventura piena di trionfi e cadute: dalla stella del decimo scudetto rossonero al pasticcio del calcio scommesse, da un tricolore vinto a Cagliari alla debacle azzurra in Corea. Nel mezzo, una carriera iniziata a nemmeno vent'anni e conclusasi a 45, per quello che -con Lorenzo Buffon e Fabio Cudicini- resta uno dei tre più forti portieri della storia del Milan. Uno sposalizio, quello col Diavolo, arrivato quando Ricky aveva già 35 anni, e in Sardegna lo bollavano come finito: alle sue strepitose parate il vecchio Diavolo si è aggrappato, in anni difficili e tribolati, ripagati poi con la tanto attesa stella del '79. Toscanaccio di Pontremoli, dove nasce il 2 novembre 1939, Albertosi si fa le ossa nello Spezia e nel 1958 viene acquistato dalla Fiorentina. Il titolare è Sarti, e Albertosi resta per diverse stagioni a guardare nonostante un esordio scoppiettante (0-0 con la Roma sul neutro di Livorno) e la maglia della Nazionale azzurra che, paradossalmente, non gli si scolla più di dosso: il 15 giugno 1961 debutta in un 4-1 sull'Argentina e l'anno dopo fa il terzo portiere nei mondiali cileni. La cessione di Sarti all'Inter (1963) gli spalanca la porta della serie A, e lui inizia a mostrare le sue doti di guardiano teatrale e spettacolare. C'è lui tra i pali azzurri in quell'incredibile sfida persa, ai Mondiali del '66, con la Corea del Nord di Pak Doo Ik: ma è uno di quelli con meno colpe sulle spalle, Albertosi, che nel '68 sfiora l'Inter ma deve accontentarsi del Cagliari. A Firenze aveva vinto due coppe Italia e una Coppa delle Coppe. Dopo 185 gare con la divisa grigia della Fiorentina, dunque, inaugura un vistoso maglione rosso e si chiede cosa mai potrà accadere, di entusiasmante, in Sardegna. La risposta non tarda ad arrivare: nel 1969/70 le sue parate, sommate ai gol di Gigi Riva, portano addirittura lo scudetto e i tifosi impazziscono di gioia. Solo 11 i gol subiti da Albertosi, ormai diventato uno dei numeri uno più apprezzati del campionato. E titolare azzurro, nel trionfo europeo del '68 e nell'eterna sfida con Dino Zoff: ai Mondiali di Messico '70 l'Italia arriva in finale e le busca dal Brasile, ma nella semifinale le emozioni si sprecano: 4-3 alla Germania, Ricky è tra i pali. L'età intanto avanza e gli addetti ai lavori iniziano a definirlo 'finito', in discesa, sul viale del tramonto: nel 1972 gioca l'ultima volta in azzurro (34 gare) e nel 1974, dopo 177 gettoni rossoblù, passa clamorosamente al Milan.

MILAN. La società è accusata, dai propri tifosi, di aver comprato un ex giocatore. Ma Ricky a Milano si rilancia alla grande, con quel suo maglione giallo e il sorriso guascone del toscanaccio di carattere e del portiere spericolato. Sono anni duri per il Diavolo, e ben presto i tifosi si aggrappano ad Albertosi, che tiene quasi da solo la squadra sulle spalle: 5° posto e finale di Coppa italia persa 8con la Fiorentina) al primo anno, 3° posto al secondo (con eliminazione in Uefa contro il Bruges). Nel 1976/77 il Milan crolla addirittura in zona retrocessione, e si salva per un pelo anche grazie al suo portiere: passata la paura, arriva il primo trofeo, la coppa Italia alzata al cielo a spese dell'Inter. In particolare gli organi di stampa dell'epoca esaltavano l'enorme contributo di Albertosi alla causa rossonera. Dopo una vittoria nel derby nell'aprile 1977, 'Forza Milan!' titolava: 'Un grande Albertosi per un Milan tutt'altro che piccolo'. In realtà, quel Milan, di grande aveva solo il suo numero 1. Che dodici mesi dopo dichiarava al mensile rossonero: 'Il mio segreto? La serenità, la fiducia, la convinzione di essere sempre nell'occhio del ciclone. L'anagrafe è un'opinione, non conta. Basta avere nella cassaforte tre cose fondamentali per un portiere: 1) conservare la forma fisica e restare atleti veri; 2) Avere intatti i riflessi; 3) Saper tenere la posizione tra i pali. Invecchiando ci si distrae un pò, è facile spostarsi troppo a destra o troppo a sinistra e si finisce... fuori porta. Anzi, fuori campo, addirittura in tribuna!'. Estroverso, allegro, capello lungo e baffone rassicurante, Albertosi è sempre stato un ragazzo che amava la vita e che non ha mai accettato comprpmessi. Nel '78/79 il Milan ha un buon avvio ma poi cala: è il preludio alla marcia sontuosa del 1978/79, che riporta finalmente i rossoneri nell'elite del calcio nazionale. Il Diavolo parte a razzo, rallenta in occasione del ko con la Juve ma poi torna a viaggiare a pieno ritmo, vince il derby e conclude l'annata con sole due sconfitte: preziosi, oltre alle parate di Albertosi, i gol di Bigon e del terzino Maldera. La stella dei 10 scudetti arriva alla ventinovesima giornata: 1-1 col Bologna e titolo dedicato a Nereo Rocco, da poco venuto a mancare. Scrive 'Forza Milan!': 'Albertosi ancora protagonista, nel senso che ha stretto i denti pure lui nei momenti difficili e si è pure permesso di neutralizzare due calci di rigore importantissimi a Firenze e contro l'Inter'. La forza di Albertosi stava nell'eccezionale colpo di reni e nell'autoritaria spregiudicatezza con cui guidava la difesa, guidata prima da Turone e poi da un giovanissimo Franco Baresi. Ma nel '79/80 il mito crolla. Una clamorosa papera in Coppa Campioni, su tiro di Duda del Porto, costa subito al Milan l'eliminazione dall'Europa che conta; poi Albertosi resta coinvolto nel calcio scommesse assieme al compagno Morini e al presidente Colombo. Mister Giagnoni, fiutando che qualcosa non andava in Albertosi, a metà campionato lo lascia in panchina e lancia il vice Rigamonti: per 6 tornei di fila Albertosi aveva giocato tutte le 30 gare di campionato, ma in quel 1980 non saranno certo le 'sole' 20 apparizioni a rovinare la sua immagine. Il 23 marzo 1080 è 'il giorno delle manette', e i tre rossoneri coinvolti nel pasticcio che sconvolge l'Italia pallonara passano 8 giorni nel carcere romano di regina Coeli. La condanna della Giustizia Sportiva verrà ridotta solo nel 1982, dopo l'impresa dell'Italia al Mundial, e Ricky tornerà a giocare nell'Elpidiense in serie C2. In rossonero aveva giocato 170 partite, ma quella macchia nera e la retrocessione in B del club traccia un solco dolorosissimo nei cuori dei tifosi milanisti. Il 27 maggio 2004 Albertosi è stato colpito da una grave forma di tachicardia ventricolare dopo aver disputato una corsa di trotto all'ippodromo del Sesana a Firenze, riservata ai giornalisti. Dopo alcuni giorni di coma farmacologico indotto dai medici si è risvegliato senza complicazioni gravi e successivamente si è ripreso completamente senza conseguenze dal punto di vista fisico. Ennesima vittoria di un campione ruvido e diretto, con 21 campionati e 532 partite in serie A nella valigia dei ricordi. La scheda di Albertosi.

venerdì 27 febbraio 2009

MILANSTORY- 1914/1915: SCOPPIA LA GUERRA

Grazie ad un Van Hege straripante, il Milan supera di slancio il girone iniziale e quello di semifinale; il belga cala nel girone finale, e il Milan lo imita. Il torneo viene tuttavia sospeso a causa della guerra.

BUONA STAGIONE
per i colori rossoneri, che si trasferiscono nel nuovo campo, il Velodromo Sempione. Vinta la Scarpa Radice, il Milan domina il girone eliminatorio (19 punti sui 20 disponibili) e supera il girone di semifinale. Il girone finale è interrotto per lo scoppio della guerra, con lo scudetto al Genoa che in quel momento si trovava in testa. Capitano e goleador, Luis Van Hege realizza 22 reti in 20 partite, anche se quasi tutte nel facile girone iniziale. Il Milan si affida ancora al bravo Barbieri in porta (settima stagione rossonera), con la difesa imperniata sul solito grande Marco Sala, affiancato da un nuovo partner, Amilcare Pizzi. Scarioni e Lovati compongono il centrocampo assieme a Soldera, che diventa titolare e in questo ruolo giocherà 146 gare fino al 1924, segnando pure 13 reti. Van Hege e Ferrario sono i bomber, assieme al sempre ottimo Trerè, la bandiera giunta all'ottava stagione con le strisce rossonere: 11 gol per lui. Morandi e Bozzi completano il reparto. Foto sopra: posa del Milan edizione 1914-15. Da sinistra: Avanzini, Barbieri, Van Hege, Mosca, Soldera I, Bozzi, Scarioni II, Groppi, Lovati, Pizzi I, Ferrario.

GOLEADE IN SERIE nel girone settentrionale: troppo scarse le formazioni messe sulla strada dei rossoneri che travolgono l'Audax Modena per 13-0 (gol di Soldera, tripletta del giovanissimo trevigiano Brevedan, poker di Trerè e addirittura 5 gol di van Hege!), l'AC Milanese per 5-0 (tripletta di Van Hege), il Chiasso per 7-1 (poker del belga), il Bologna per 9-1 (tripletta di Van Hege, doppietta di Trerè, gol di Bozzi, Morandi, Ferrario e rigore di Lovati), la Juventus Italia (poker dell'incontenibile Van Hege), ancora Ac Milanese (3-0) e Chiasso (5-0, primo gol rossonero del gladiatore Scarioni, alla settima stagione col Milan), prima di ottenere un 2-0 a tavolino per forfait dell'Audax, un 1-0 a Bologna targato Ferrario e l'inutile 1-1 (Morandi) con la Juventus Italia all'ultimo turno, a qualificazione già in tasca. A questo punto van Hege ha già realizzato 20 gol in 10 partite: da qui il suo rendimento inizierà leggermente a calare. Il girone B di semifinale parte a Novara, e Morandi/Van Hege lanciano subito i rossoneri (2-1); il pari con l'Alessandria è targato Pizzi: il difensore si conferma un ottimo innesto dietro e scopre ora pure il gusto dell'incursione. Le nevicate di febbraio sospendono per un mese il torneo, poi il Milan riprende sconfitto dalla Vigor Torino; al ritorno va in rete ancora il sorprendente Pizzi, e il solito provvidenziale Ferrario archivia il 2-0. Spinta decisiva, quella della difesa: a Novara apre Ferrario e il Milan vince 2-1, ma a fare notizia è il gol vittoria segnato da Marco Sala: il fortissimo terzino dal cuore rossonero segna il primo gol dopo tanti anni di battaglie nelle mischie difensive. Nel girone finale il Milan parte pareggiando col Genoa (Ferrario, ancora lui) e col Torino (Greppi, riserva di poche presenze, si prende una giornata di gloria) prima di perdere il derby e la trasferta di Genoa. in gol per i rossoblù anche l'indimenticabile De Vecchi, in rete contro il suo cuore. Altro pari col Toro, grazie ad un guizzo di van Hege dopo alcune partite in ombra: finalmente il fuoriclasse belga torna a brillare. Purtroppo per lui a questo punto il campionato viene sospeso, ma forse per il Milan è meglio così, visto che non stava disputando un grande girone.

MARCO SALA sempre più leader. difensore straordinario, bandiera di lungo corso, Sala continua a destreggiarsi bene dietro (15 gare) e ora trova anche il suo primo gol rossonero. Con lui davanti a Barbieri svetta Amilcare Pizzi, un nuovo che porta freschezza nel reparto. Milanese, Pizzi gioca 16 partite di rendimento costante e trova pure 2 volte la gioia del gol. Nel mezzo Scarioni fa sempre la parte del guerriero, combatte ardente e si prende pure lui la soddisfazione del primo gol con la maglia del Milan, anch'esso alla settima annata in squadra. 15 gare per il bravissimo cursore Lovati, 18 per il terzo in linea Soldera, una sorpresa: segna anche 2 gol e pone le basi per svariate stagioni da titolare di buona qualità. In attacco si vede Carlo Bozzi (15 gare e un gol), attaccante milanese di pochi gol, allineato con i vari goleador: Van Hege, che ne infila 22 ma brilla soprattutto a inizio stagione, Ferrario (costante il suo apporto di gol, pur senza essere un fenomeno: 17 match e 11 reti, lui il suo piccolo contributo l'ha sempre dato), l'infinito Trerè (ottava stagione e altri 11 gol: in 12 gare!) e il sapiente tornante Morandi: tecnica e aiuto alla manovra, 5 gol in 13 partite e un rendimento costante. Sporadiche apparizioni per Greppi (5 apparizioni), Crema (2/2) e Brevedan (4/3), il giovane che a fine stagione cadrà tragicamente in guerra. In squadra anche Avanzini, Balloni, Bertazzini, Cazzaniga, Attilio Colombo (8 stagioni col Milan, ormai da un pezzo è riserva quasi invisibile), Gaslini, Mosca, Pettinelli, Rovelli, Zacchi e Lorenzo Oleario de Bellagente, 18 anni, che nonostante il nome da sudamericano è un calabrese di prospettive. Non mantenute.

MILAN-WERDER BREMA (C. UEFA, SEDICESIMI)

NO, MILAN, COSI' NO!
Avanti di 2-0 (rigore di Pirlo e magia di Pato), il Milan si spegne e si fa assediare; il Werder rimonta ed elimina i rossoneri. Difesa sotto accusa, Dida goffo, ma Ancelotti si addossa le colpe.

MILANO. Un'altra delusione, un altro colpo al cuore per i tifosi rossoneri: stagione finita e, ora, davvero definibile fallimentare. Salta anche l'obbiettivo Coppa Uefa, ma è il 'modo' in cui il Werder elimina il Milan a fare male, a far pensare che, adesso, Carlo Ancelotti sia arrivato al capolinea. Il Milan si porta sul 2-0 nel primo tempo di una gara brutta e collosa, ma si fa rimontare con una ripresa ancora più 'raccapricciante', per dirla col Presidente. Claudio Pizarro firma una doppietta che, visto l'1-1 di Brema, taglia fuori il Milan dall'Europa di serie B: è la cronica abitudine a farsi rimontare, a scupare tutto quanto di buono si sia costruito, ad adagiarsi sugli allori quando le cose iniziano a girare bene. L'origine di questo vizio risale a tante stagioni fa, leggasi La Coruna, leggasi Istanbul. A volte è sembrato un ricordo, una lacuna superata, ma altre volte riemerge, lasciando di sale i sostenitori rossoneri. Di nuovo daccapo, ancora con un miserimmo obbiettivo (il terzo posto in campionato) a significare la stagione, altri tre mesi di sofferenza per qualificarsi alla Champions ma senza niente da vincere. Mentre l'Inter vola al quarto scudo filato, pareggiando i nostri 17. Non ne possiamo più. Ancelotti aveva schierato la coppia Inzaghi-Pato in attacco, appoggiati da Seedorf e con Pirlo-Beckham-Ambrosini a centrocampo. Maldini e Senderos cerniera centrale, con Zambrotta e Favalli: ancora escluso Antonini. La gara è brutta e moscia, Inzaghi non viene servito mai ed è un fantasma; solo i guizzi di Pato svegliano il Milan dal torpore: il ragazzino quando prende palla è uno spettacolo, col suo veloce movimento di gambe e con certe progressioni allucinanti con cui dà metri e metri all'avversario che rincorre. Tuttavia nei primi '20 è il Werder a produrre occasioni, e il Milan si salva con l'esperienza. La dea bendata sembra assistere il Diavolo quando, su una punizione calciata da Beckham, un tocco di mano in area è punito con un rigore, che Pirlo realizza: 1-0 e primo centro stagionale per Andrea. Pochi minuti dopo, il Milan si prende il raddoppio e inizia a pensare agli ottavi e al St. Etenne: Pato taglia in due la difesa tedesca e infila sotto la traversa dal limite un bolide imprendibile di rara bellezza. Eppure il gran lavoro a centrocampo di Ambroini lascia intendere che il Werder non stava a guardare: e per tre volte, allo scadere, Dida deve parare le incursioni di Mertesacker, Almeida e Tziolis soli in area. La ripresa è un incubo: il Werder assedia e grondano i pericoli, il Milan cerca di difendersi alla meno peggio; quando Seedorf, acciaccato, lascia campo a Flamini non ce n'è più per nessuno. Ancelotti mette Shevchenko per Inzaghi, ma al '23 i tedeschi accorciano su palla inattiva: Punizione di Diego e inzuccata di Pizarro che vola dieci spanne più in alto di Favalli. Ancelotti toglie il povero Giuseppe e inserisce Jankulovski, ma ormai il Milan non c'è più e incassa il pareggio: facilissimo per Pizarro fare il bis di testa, gabbando Maldini e il goffo Dida. E' il 2-2 che qualifica il Werder Brema e butta in rovina la stagione che, a Milanello, doveva essere quella della rinascita. Nell'assedio finale si porta in area anche Dida, ma il vecchio Diavolo resta scornato.

MILAN-WERDER BREMA 2-2. MARCATORI: Pirlo (M) su rigore al 26', Pato (M) al 33' p.t.; Pizarro (W) al 23' e al 34' s.t. MILAN (4-3-1-2): Dida; Zambrotta, Senderos, Maldini, Favalli (Jankulovski dal 32' s.t.); Beckham, Pirlo, Ambrosini; Seedorf (Flamini dal 9' s.t.); Inzaghi (Shevchenko dal 17' s.t.), Pato. (Abbiati, Kaladze, Bonera, Antonini). All.: Ancelotti. WERDER BREMA (4-3-1-2): Vander; Fritz, Mertesacker, Naldo, Pasanen (Boenisch dal 22' s.t.); Tziolis, Frings, Ozil (Jensen dal 46' s.t.); Diego; Pizarro, Almeida (Rosenberg dal 17' s.t.). (Mielitz, Prodl, Baumann, Harnik). All.: Schaaf. ARBITRO: Eriksson (Svezia), assistenti Ekstrom e Klasenius. NOTE: serata fredda, terreno in discrete condizioni; spettatori 23.280 per un incasso di 618.413 euro. Ammoniti Fritz, Pirlo, Senderos, Ozil, Rosenberg. Angoli 3-7. Recuperi 0' p.t., 3' s.t.

LE PAGELLE

DIDA 5 Rimane immobile sui due gol del Werder, di fatto annullando le discrete cose fatte nel primo tempo. ZAMBROTTA 6 Copre con esiti positivi la fascia destra. SENDEROS 5 L'avvio è, come sempre, insicuro; poi però, dopo qualche sciocchezza, si riprende e acquisisce sicurezza e solidità (come sempre). Resta peò invischiato nei balletti della difesa sui due gol tedeschi. MALDINI 5 A lungo senza sbavature, si perde Pizarro nell'azione dell'1-2 e partecipa alle sofferenze della retroguardia. E' il suo ultimo gettone europeo. FAVALLI 5 Sulla sua testa pendono le colpe del 2-2 di Pizarro, che lo strapazza nello stacco. Spinge poco (JANKULOVSKI sv). BECKHAM 6 Compito ordinato e senza appunti a centrocampo. Corre molto e si danna anche nei recuperi, come un umile gregario. PIRLO 6 Fa vedere qualcosa di buono, come un buon recupero difensivo; ma mai giocate da vero fenomeno. Solo il rigore dell'1-0 gli vale la sufficienza. AMBROSINI 6 Lotta e corre tantissimo, ma appare poco lucido. SEEDORF 6 Fa giostrare il gioco e, quando esce acciaccato, per il Milan è notte fonda (FLAMINI 6 Si sbatte molto, nel finale si porta anche al cross ma troppo sul portiere). PATO 7 Rapido dribbling sempre efficace, avversario alle spalle e rapidissima progressione verso la porta: la velocità e l'armonia con cui Patinho si muove sono splendide. E' imprendibile, e segna un gol memorabile, il terzo in questa coppa e il numero 14 in stagione, per un totale di 23 in rossonero. INZAGHI 5 Non si vede praticamente mai, ma d'altronde non era partita per uno come lui vista l'assenza di cross e di gioco (SHEVCHENKO 5,5 Anche lui non combina niente).

CANNONIERI ROSSONERI: 14 GOL PATO (11 in campionato/ 3 in UEFA/ 0 in coppa Italia). 11 GOL: KAKA' (11/0/0). 9 GOL: RONALDINHO (7/2/0). 5 GOL: INZAGHI (2/3/0). 4 GOL: AMBROSINI (3/1/0), SEEDORF (4/0/0). 2 GOL: BECKHAM (2/0/0), BORRIELLO (1/1/0), SHEVCHENKO (0/1/1). 1 GOL: ZAMBROTTA (1/0/0), JANKULOVSKI (0/1/0), GATTUSO (0/1/0), PIRLO (0/1/0).

COMMENTI A CALDO

MILANO - Dopo la delusione dell'eliminazione le parole dell'allenatore Carlo Ancelotti: "Ci dispiace. Potevamo fare di più nella partita, ci hanno sovrastato nel gioco, sia nel primo tempo, quando eravamo più freschi, che nel secondo. E' stata una sofferenza continua. Sui gol invece mi sento di dire che non ci sono colpe oggettive. Dobbiamo prendere atto della serata e non aver paura nel dire che il Werder ha nettamente meritato. E' un momento delicato, abbiamo molti giocatori infortunati e probabilmente domenica non avremo a disposizione Seedorf e Ambrosini. In ogni caso non siamo un gruppo alla sbando, dobbiamo riprenderci e non deprimerci e centrare l'obiettivo di arrivare in Champions. E' stata proprio una brutta serata. Dida? Non gli imputo responsabilità. Avevamo deciso che era lui il titolare e abbiamo proseguito su questa strada. Non abbiamo avuto il comando della partita e anche io mi sento responsabile. Senderos è stato uno dei pochi giocatori che ha fatto il suo, lui può essere un giocatore importante per il futuro. Questa partita l'avevo preparata con la volontà di giocarla, ma loro ci hanno aggredito bene e hanno trovato vantaggio sul gioco aereo. I fischi a fine gara? Normale e giusto che ci siano, ci devono stimolare. Adesso dobbiamo lavorare soprattutto sotto il profilo psicologico e come detto riprenderci, serrare le fila.. Ora ci concentriamo sull'unico obiettivo rimasto, dobbiamo chiudere bene la stagione e pensare alla Samp. Proveremo a recuperare gli acciaccati, proveremo a recuperare Kakà ma non è così semplice".

giovedì 26 febbraio 2009

CAMPIONI ROSSONERI: PAOLO MALDINI

Cuore di Drago, ovvero il Milan: a quarant'anni Paolo Maldini è uno splendido campione che sta per terminare una carriera fenomenale e piena di medaglia. Ne è passato di tempo da quel 20 gennaio 1985, quando Nils Liedholm lo lanciò con la maglia numero 14, sulla fascia destra di un Milan ancora non splendente come quello voluto dal Presidente Berlusconi. Paolo, figlio di Cesare ex capitano rossonero del trionfo di Wembley, già con Sacchi si impone come il terzino sinistro più forte del mondo: alla soglia dei vent'anni conquista uno scudetto (che al Milan mancava da 9 anni), 2 Coppe Campioni (l'ultima era del '69) e due Intercontinentali. Il ragazzo esibisce una tecnica sopraffina mixata ad una forza fisica prorompente e ad una precisione chirurgica del tocco. Specialità della casa sono i tackle e gli interventi decisivi: così Maldini diventa il più completo difensore del mondo, e sotto la gestione Capello arrivano altri 4 scudetti (3 di fila) e la terza Coppa Campioni. Stagioni stellari in cui il rendimento di Maldini è stato allucinante, elevatissimo e costantemente perfetto, in una difesa epocale come quella composta da lui, Baresi, Costacurta e Tassotti. Dopo un biennio di fisiologica flessione, per lui e per tutto il Milan, con Zaccheroni torna lo scudetto a Maldini, che nel frattempo ha ereditato da Franco Baresi la fascia di capitano, si scopre eccelso anche in una difesa a tre; il Milan ringiovanisce e rifonda la squadra (2000-02), e l'arrivo di Ancelotti vede un nuovo ciclo entusiasmante. Maldini ora è un centrale di difesa a quattro, una saracinesca impeccabile e insuperabile: mostruoso il suo 2002/03, coinciso con la quarta Champions, ancora più disumana la stagione seguente, una delle migliori del Capitano: scudetto e Pallone d'oro sfiorato. Con Nesta, Paolo forma un binomio sincronizzato e praticamente inespugnabile, la 'Costellazione di Castore e Polluce, i due Dioscuri'. Nel 2004/05 Paolo inizia a centellinare le presenze per preservare fisico e legamenti: ma è comunque prezioso nella corsa del Milan all'ennesima finale di Champions. Paolo segna anche un gran gol, al Liverpool, ma la beffa con i Reds che rimontano tre reti è ancora fresca; la stagione successiva vede Maldini ancora tra i protagonisti (specie con una doppietta alla Reggina, prodezza non certo abituale per un difensore) ma è una stagione di passaggio: nel 2006/07 arriva infatti la quinta Champions League. Un'impresa da sogno per un Milan che affronta un'annata difficile tra mille tormenti (il post calciopoli, l'addio di Shevchenko, un mercato 'impraticabile', i preliminari di coppa), e sempre trainato alla grande dal suo Capitano: in campionato Paolo non gioca sempre, e Ancelotti preferisce metterlo in campo per le euronotti; e ad Atene Maldini alza al cielo l'ennesima coppa, nella rivincita sul Liverpool scandita dai gol di Inzaghi. Doveva essere la sua ultima annata, ma la possibilità di tornare in Giappone per l'Intercontinentale e riprendersi la coppa persa col Boca nel 2003 era forte: ecco dunque un 2007/08 in cui Paolo gioca ancora poco in campionato ma alza l'ennesimo trofeo, il Mondiale per Club appunto. E nella stagione in corso Paolo sta giocando praticamente sempre, stringendo i denti per i dolori alle ginocchia e assaporando le ultime emozioni della sua grande carriera. CLIC: La scheda del capitano.

MALDINI AI RAGGI-X

FISICO E CORSA 10. Fisico perfetto, corsa leggera: per anni Paolo è stato devastante sulla fascia sinistra, dirompente con le sue discese e solido come una quercia sulle ripartenze avversarie. E quando si è piazzato nel cuore del bunker rossonero, gli attaccanti hanno assaggiato il muro imposto dal Capitano. Se negli ultimi mesi l'età ha tolto riflessi e fiato, di certo non ha lenito la potenza di un campione che, a detta dei medici, ha sempre dimostrato fisicamente parecchi anni di meno. CLASSE E TECNICA 9. Basti il fatto che Paolo è destro ma ha giocato vent'anni sulla sinistra: e i cross non ne hanno certo risentito. Splendido ambidestro, col pallone puù fare ciò che vuole. L'eleganza e il tocco morbido, la testa alta con la palla al piede ne fanno un esempio di rara spettacolarità, tutto da ammirare. Dirompente sulla sinistra, statuario al centro, efficace negli inserimenti, autoritario negli stacchi di testa, fragoroso negli anticipi e marziano nelle chiusure, specie quelle disperate: Paolo Maldini è il difensore più forte e completo di tutti i tempi. CARATTERE E PERSONALITA' 10. Che dire, è il Capitano e tanto sintetizza l'enorme valore di Paolo come persona: sarebbe bello raccogliere in un libro (ma ne servirebbero due, forse tre) tutti gli attestati di stima ricevuti da compagni e avversari per la sua sportività, la classe di uomo, il grande valore morale e l'enorme feeling esercitato sui compagni. Per anni lui e Costacurta sono stati dei totem nello spogliatoio. SENSO DI DISCIPLINA 10. Giocatore senza punti deboli in campo, ma anche pedina fondamentale per i suoi tecnici: Maldini ha difeso la fascia con Sacchi e Capello, ha giocato a tre con Zaccheroni, ha fatto il centrale con Ancelotti tornando, nei casi di emergenza, a coprire la fascia. Per la causa rossonera ha sempre seguito senza appello le direttive tecniche. CONTINUITA' DI RENDIMENTO 9. Prestazioni maiuscole in serie: per anni Paolo Maldini è stato un automa, un robot, una macchina di calcio praticamente perfetta. Un errore ogni tanto non ha mai scalfito la sua tranquillità e alla partita successiva è sempre tornato a far tremare gli attaccanti. Nell'ultimo periodo un normale calo fisico ha inevitabilmente portato al ribasso le sue immense prestazioni, ma salvo casi sparuti ha sempre meritato la piena sufficienza.

mercoledì 25 febbraio 2009

MILANSTORY- 1913/1914: VAN HEGE SENZA LIMITI

Qualche calo di concentrazione e un rendimento incostante minano la stagione dei rossoneri, che chiudono al terzo posto. Perso il mitico De Vecchi, i tifosi si coccolano il solito Van Hege, che segna 21 gol in 17 partite.

MILAN PENALIZZATO
dalla Juventus: l'anno prima i bianconeri si erano piazzati ultimi nel girone piemontese e, per evitare la retrocessione, chiedono asilo al girone lombardo; ottenutolo, si piazzano secondi dietro l'Inter, qualificandosi al girone finale. Il Milan, giunto terzo, non la manda giù. Anche Rizzi, come Cevenini, passa all'Inter: la fascia di capitano passa sul braccio armato di Luis Van Hege, quarta stagione rossonera e già 54 gol sulle spalle. Il principe dei bomber traccia un'altro assolo poderoso, infilando una stagione da 21 gol in 17 partite! Purtroppo però è anche la prima stagione senza Renzo De Vecchi: il mitico terzino della Nazionale, che al Milan prendeva 100 lire, accetta il ricco contratto del Genoa (ben 20 mila lire!) e il posto di lavoro in banca garantitogli in Liguria. A fine stagione il Milan paga qualche rilassamento di troppo in qualche gara interna, lo scudetto va sorprendentemente al Casale. Orgoglio da big: Pietro Lana, dopo le ultime declinanti due stagioni, si reinventa gran attaccante e conclude la sua avventura rossonera con 9 gol in 16 match. Formazione appena rinnovata: in porta resta la bandiera Barbieri, con il pilasto Sala a presidiare la zona; con lui non c'è più Renzo ma Carlo De Vecchi (nessuna parentela), un onesto mestierante che ironicamente i rifosi chiameranno "il nipote di Dio". Polmoni e grinta caratteristici del senatore Scarioni a centrocampo; al suo fianco la pregevole tecnica del giovane Cesare Lovati, nato in Argentina e futura bandiera del Milan: ha debuttato nel 1910 e, dopo alcune esperienze con la prima squadra, ora è titolare apprezzato e costante nel rendimento. Dall'altra parte galoppa il solito indomito Trerè. Attacco tutto sulle spalle di Van Hege, con Lana, Ferrario e alcuni "nuovi": Ernesto Morandi, che ha esordito un paio di anni prima ed è ora promosso titolare, e Attilio Marchesi, che si alterna costantemente all'inglese Williams.

A NOVARA parte il torneo del Milan, che vince 4-0 grazie alla sua coppia di bomber: Van Hege apre e chiude, in mezzo due guizzi di Lana. Scena che si ripete simile sul Como: Van Hege infila il portiere, il nuovo inglese Williams raddoppia; va a segno anche lo stantuffo Trerè, poi Van Hege decide di chiudere la gara: ancora 4-0. Nella partita successiva il Milan ospita la Juve. Ancora l'incommensurabile Van Hege, con una pregevole doppietta, indirizza i destini della sfida, chiusa sul 3-1 dopo il primo centro in rossonero del promettente argentino Lovati. Con la piccola AC Milanese non c'è storia: i cuginetti osano andare in vantaggio, e Van Hege capisce che anche stavolta deve darsi una mossa per salvare i suoi: segna, raddoppia, ubriaca la difesa, triplica, scatta, tira, segna un poker, guizza, sale, scende, copre, lotta e infila la quinta pera; Ferrario archivia il 6-1. E' un Milan che si deconcentra facilmente, e anche con la Racing Libertas va sotto; ancora Van Hege provvede, ma stavolta si limita all'1-1. Dopo aver passeggiato sulla Juventus Italia (6-0: bis di Ferrario, gol di Van Hege, Lana, Lovati e un autogol), il Milan ospita l'Inter degli ex. Purtroppo i nerazzurri vincono, e con gol del grande Cevenini. Era destino. Lana sigilla il pari in casa della US Milanese, poi il Milan demolisce Nazionale Lombardia(5-1, con doppiette di Lana e Marchesi, e gol di Trerè) e Como (4-0: altra doppietta di Lana, rete di Morandi e gol di Van Hege, che non segnava da ben 3 partite!...) prima di impattare sulla stessa Nazionale Lombardia (2-2) e perdere in casa della Juventus; risultati alquanto altalenanti, dunque. La marcia prosegue con 2 goleade, 2 picchi di gioia in cui per l'ennesima volta splende incontrastata la stella di Van Hege: due triplette pazzesche, contro AC Milanese (6-1) e Racing Libertas (7-1). Il ritorno con la Juve è aperto dalla riservissima Avanzini, al debutto assoluto; raddoppia Lana, chiude sul 3-1 Morandi. Il derby è ancora sofferenza: 2-5, ma fa malissimo vedere Cevenini esultare in nerazzurro per la sua grande tripletta. Pareggiato il match con l'US Milanese (va in gol ancora Avanzini, alla seconda e ultima presenza rossonera!), il Milan chiude terzo con la vittoria a tavolino per forfait del Novara: a -5 dall'Inter e a -2 dalla Juventus.

VENTUNO GOL DI VAN HEGE: nelle 17 gare giocate, il formidabile cannoniere belga mette ancora una volta in luce tutto il suo inesauribile repertorio di bomber completo, tecnico, prolifico. Un attaccante totale, non un centravanti statico ma un micidiale killer che si muove a fondo in tutta la manovra offensiva. Un campione raro di qualità e quantità. In porta gioca quasi sempre il solito Barbieri (14 gare) e in difesa fa sempre la differenza la classe di Marco Sala (17), appoggiato dal De Vecchi... umano (16). Scarioni e Trerè sono i gladiatori che tengono la barriera mediana, ben aiutati dal giovane Lovati: argentino di Buenos Aires, 22 anni, Lovati ha una buona tecnica, la giusta personalità e sa creare buone occasioni; spesso si fa veder anche in zona gol. Aveva debuttato nel 1910, accumulando 8 presenze nelle prime tre stagioni; ora si impone come titolare e giovane tra i più interessanti del campionato, diventerà una bandiera rossonera lasciano il club solo nel 1922 dopo 114 apparizioni condite da 7 reti. Davanti, come detto in precedenza, spicca il canto del cigno di Lana, che segna 9 gol. Ferrario si accontenta di 4 centri. La commissione tecnica alterna Attilio Marchesi (8 presenze e ben 7 gol) al britannico Williams (9 e 1) che però non convince più di tanto. Buono il rendimento dell'ala Ernesto Morandi (17/3), un attaccante che non trova nel gol bensì nell'assist la sua massima aspirazione: è l'erede dell'uruguayano Bavastro (che ha salutato il Milan), ha 20 anni e giocherà 116 match in rossonero. In realtà aveva debuttato nel 1911, ma è nel 13/14 che diventa titolare, ruolo che ricoprirà fino al 1922; nel '23 si accontenta di fare la seconda linea, e chiude nel 1924 con gli ultimi 2 gettoni di carriera. In squadra si vedono anche Andrioli, Avanzin, Bozzi, Cappelli, Carito, Gaslini, Mosca e l'imperterrito Attilio Colombo, un senatore che fa da chioccia dopo aver passato gloriose annate in squadra.

MILANSTORY- 1912/1913: SOLO VAN HEGE

L'arrivo di nuovi stranieri non basta, perchè il pesante tradimento di Cevenini -passato all'Inter- indebolisce il Milan. Van Hege da solo non può vincere il campionato: altri 17 gol valgono il terzo posto nel girone finale. Brilla il baby Ferrario.

IL CAMPIONATO apre le sue porte anche a club centro-meridionali. Il Milan vince il girone lombardo ma termina terzo nel girone finale, col titolo ancora alla Pro Vercelli. Il mancato scudetto dell'anno prima, e altre cause intestine, porta una nuova crisi societaria che si conclude con l'addio del grandissimo Cevenini (e dei suoi giovani fratelli), che tradisce il Milan vestendosi di nerazzurro. Pur con gli innesti di nuovi stranieri il Milan è più debole dell'anno prima. L'acquisto di due inglesi, Roberts e Croom, sembra quasi un commovente tentativo di tornare afi fasti dei pionieri, del Milan "inglese" di Kilpin. Tuttaltro. Arriva anche un altro attaccante belga, Camille Nys: un ottimo puntero, che però non vale l'indimenticato Tobias. Non basta Van Hege: il terrificante cannoniere delle Fiandre si mantiene ai suoi livelli mostruosi (altri 17 centri in 18 partite) ma è troppo solo e da soli non si vincono i campionati. Confermato il reparto arretrato (Barbieri tra i pali, Sala e De Vecchi terzini), a centrocampo torna titolare dopo una stagione Scarioni: Trerè, che gli veniva preferito l'anno prima, è il sostituto di lusso. Rizzi dall'attacco si sposta in regia, a fare il playmaker; completa la mediana il britannico Roberts. In attacco, oltre alla bocca di fuoco Vah Hege e al genio incontrollato di Bavastro, si piazzano Croom e Nys. Ma il partner migliore di LVH sarà il ventenne milanese Romolo Ferrario, che ha debuttato l'anno prima e in rossonerò segnerà 40 gol in 70 partite fino al 1921.

EVIDENTEMENTE il Milan di quegli anni si divertiva a mortificare i cugini poveri dell'Us Milanese e sempre col punteggio di 6-0: regolarmente, va così anche nella prima giornata del campionato 1912/13, segnata dalla doppietta di Ferrario, dal gol di Nys e dalla tripletta di Van Hege. Ferrario segna quasi a voler sbattere la realtà in faccia alla società: prendete tanti stranieri, ma il vivaio rossonero andrebbe valorizzato di più. La rete di Nys è il suo saluto ai nuovi tifosi, come a voler essere l'antitesi della tesi di Ferrario: no, il partner di Van Hege sarò io. In realtà l'italiano renderà meglio. La tripletta di Van Hege è la conferma: la conferma del suo gusto di segnare, la conferma che il Milan forse ultimamente vince poco ma il bomber più forte d'Europa ha la camicia rossonera. Poi alla seconda giornata si presenta pure il centrocampista Roberts, che impallina la Racing Libertas con una sassata. Completa il rigore di De Vecchi. Terza giornata, c'è il derby e resta appannaggio del Milan, che apre col capitano, Rizzi. Il solito ex Bontadini pareggia, il solito mago Van Hege segna il 2-1 finale. Con l'Andrea Doria si manifesta tutta la caparbia fame di gol di Romolo Ferrario, autore di un gran poker: tecnica discreta e gran fiuto del gol incoronano il nuovo bomber. Senza dimenticarsi di Sua Maestà Van Hege, all'ennesima doppietta. Il 7-0 è rifinito da Nys, in continua ricerca di un pò di gloria. Stessi marcatori nel 4-0 al Genoa: stavolta è Nys il mattatore, con una doppietta. Il connazionale di Van Hege si dimostra in palla e reattivo sottoporta. Il Milan viaggia spedito e a buon ritmo. Affronta ancora l'USM e si prende la vittoria per 2-0 (Ferario più un autogol), vince nuovamente il derby con prodezza della bandiera Trerè (uno a cui i nerazzurri stanno sulle scatole, e in modo spasmodico, da sempre), piega un'Andrea Doria vivace (3-2, Ferrario e doppietta di Van Hege) e perde clamorosamente a Genova (1-4), tuttavia qualificandosi al girone finale dopo il 2-0 a tavolino sulla Racing Libertas che schierava un giocatore non tesserato: Milan primo a +2 sul Genoa. Van Hege, stella del Diavolo, ha già messo in collezione altre 10 perle: un repertorio completo ed esauriente, un bomber di classe che segna come un invasato e si prende le copertine delle cronache sportive dell'epoca. Nel girone finale il Milan parte con un rovescio a Vercelli (0-2) ma rialza la testa proprio con Van Hege, sul Casale: il cannoniere, soprannominato "Pallido Saettante", segna un'altra doppietta; capitan Rizzi realizza dalla distanza, Croom si sblocca e segna il primo gol rossonero. Un gran Milan stende l'Hellas Verona per 5-1: la commissione tecnica rispolvera Lana, nel frattempo sceso al rango di seconda linea di lusso, e proprio Lana si dimostra professionale e sempre letale aprendo i giochi. Ferrario raddoppia, Nys chiude e Croom incrementa il suo bottino con 2 penalties. A Vicenza non avevano mai ammirato una stella del calibro di Luis Van Hege. E' arrivata l'ora di mostrare ai biancorossi un bomber sublime. Il belga fa impazzire la difesa, guizza ovunque, ubriaca di finte e segna il vantaggio. Corre leggero e sereno, raddoppia e fa il bello e il cattivo tempo. Infine realizza una tripletta da incorniciare e, sulle ali del 3-0, il Milan ospita la Pro Vercelli. Termina 0-0 lo scontro tra titani, scoraggiando i nostri che inciampano col Casale e si riprendono solo nella trasferta di Verona: visitata l'Arena, Van Hege decide di fare ancora il leone e realizza altri due gol. Rizzi chiude (3-0). Ultima gara in programma, col Vicenza di Vallesella: termina 1-1, segna Croom all'ultima apparizione in rossonero: sua, di Roberts, di Nys. Buoni stranieri che però hanno portato solo un terzo posto, a -6 dalla Pro Vercelli.

PALLOTTOLIERE. Per contare i gol stagionali di Van Hege gli statistici devono darsi parecchio da fare. Il belga chiude con 4 doppiette e 2 triplette per complessivi diciassette gol in diciotto partite. Vicebomber è Ferrario: 10 centri in 14 match. Nys e Croom hanno collezionato rispettivamente 5 e 4 gol: bottini non certo disprezzabili. Bavastro vive a periodi alterni, crea e inventa ma non ha la cattiveria del goleador. 12 gare, senza gol. Di gol ne segna 3 Rizzi: pochi per le sue abitudini, tantissimi se consideriamo che il capitano quest'anno ha giocato da playmaker arretrato! Ottimo rendimento per Scarioni (14 gare) e John Robert Roberts: il 26enne centrocampista di Liverpool veste con onore la maglia rossonera. Dietro svetta l'autoritario Sala (17 partite) e il sempre più forte Renzo De Vecchi: 14 partite, un gol e le temibili advances del Genoa, che lo corteggia per portarlo in rossoblù, dove già milita l'ex rossonero Mariani. Lana sembra andare incontro al suo declino, gioca solo 5 gare ma non perde il vizio del gol (1 centro). Spiccioli di apparizioni anche per Lovati, argentino futura colonna del centrocampo, e Malerba; Trerè II brilla come rincalzo: titolare o no, il soldatino sa sempre dare un contributo importante. (sotto, Marco Sala).

MILANSTORY- 1911/1912: UN ATTACCO STELLARE

Un Milan fortissimo, dall'attacco eccellente, chiude a un soffio dai campioni della Pro Vercelli. Van Hege e Cevenini segnano 18 gol in 17 partite ciascuno, Rizzi chiude a quota 12. E dietro brilla Renzo De Vecchi.

DA QUESTA stagione il Milan gioca anche all'Arena Civica. E' un Milan che punta in alto, che vince subito la Scarpa Radice messa in palio dal suo ex portiere, ma che conclude ancora al secondo posto in campionato, a un soffio dalla Pro Vercelli: una sola sconfitta in 18 partite costa quel punticino di differenza che dà la gloria ai bianchi piemontesi. Resta l'orgoglio di un'annata straordinaria, nella quale la Juventus viene presa a calci all'andata (4-0) e al ritorno (8-1), un'annata in cui i rossoneri segnano 60 reti in 18 match, subendone solo 10. In panchina si siede Ernesto Belloni; salutato il grande bomber Max Tobias, rossonero per una fugace, immensa stagione, il capitano diventa Rizzi. In porta vola Barbieri, alla migliore annata: un gatto sicuro e insuperabile. Due bandiere svettano in difesa: il baby prodigio De Vecchi e il grande Marco Sala, alla sesta annata in rossonero. Trerè guida il centrocampo, affiancato da Lovati e dal sempre regolare Attilio Colombo. Pronto in panchina c'è sempre Scarioni. L'attacco stellare si compone del duo delle meraviglie Van Hege-Cevenini, che in due segnano 36 reti: 18 a testa. A completarli c'è un eccezionale capitan Rizzi, c'è l'estro gaùcho di Bavastro, c'è la quantità volenterosa di Carrer.

DEBUTTO stagionale in casa col Piemonte (1-1), risultato identico a Vercelli con gol di Lana; poi il Milan decolla e travolge l'USM con una grande tripletta di Van Hege. A segno vanno anche Rizzi e Cevenini:6-0. La trasferta in casa della Juve diventa incredibile: il Milan domina e asfalta i bianconeri, trascinato da un grandissimo Giuseppe Rizzi. Il capitano realizza tre reti, Cevenini completa l'opera. Non contento, il Milan va a prendersi anche il derby. Ed è ancora Rizzi l'eroe della giornata. L'ex Bontadini III apre le danze, pareggia il Milan con rigore del "Figlio di Dio" De Vecchi; al '79 il capitano trova la rete della vittoria. E' un momento d'oro per Rizzi, alla miglior stagione della carriera: gioca in attacco, corre e si muove su tutto il fronte, capitalizza come un vero bomber e crea spazi e occasioni per i compagni. Sempre lui griffa la trasferta dal Casale (1-0). Battuto il Torino (doppietta di Cevenini, al terzo gol stagionale: fin qui era andato a fari spenti, ma ora inizia la sua vera stagione; a segno pure Van Hege), il Milan cade a Genova ma si rialza subito e piega l'Andrea Doria con le sue punte scatenate: doppietta per Van Hege e Cevenini, non ce n'è per nessuno. E' la bellezza di Van Hege: si integra a meraviglia con chiunque, segna sempre, in qualsiasi condizione psicofisica, tecnica o tattica. Un mostro del gol. Il girone di ritorno inizia in casa del piccolo Piemonte. Brilla l'astro tutto sudamericano di Julio Bavastro, la mezzala uruguagia dal passo fatato e dalla tecnica morbida. Bavastro apre le marcature, poi raddoppia: sono i primi centri in rossonero, per lui che ha sempre preferito imbeccare i cannonieri di famiglia piuttosto che provarci in prima persona. Il solito van Hege timbra il cartellino. Arriva così lo scontro diretto con la Pro Vercelli, che è tutto un film. Rossoneri avanti con capitan Rizzi, sembra un sogno; e invece Rampini e Milano ribaltano la situazione. Quando ormai le speranze dei tifosi sono scemate, l'arbitro fischia un rigore per il Diavolo. Sul dischetto si porta il terzino De Vecchi, sempre più ammirato e idolatrato quale monumento nazionale e giovane più forte di tutto il movimento italico: rete e 2-2 in archivio. La caccia al titolo del Milan prosegue in casa dell'USM, regolarmente asfaltata: Cevenini apre e la doppietta dell'insaziabile Van Hege chiude; in mezzo, il terzo rigore di De Vecchi e il terzo gol stagionale di Bavastro. A Milano arriva la Juventus, assetata di vendetta dopo lo 0-4 dell'andata. Per i bianconeri però sarà una giornata ben peggiore, perchè sulla loro strada si manifesta un incubo, un ciclone chiamato Luis Van Hege. Cevenini porta il Milan avanti, il bomber belga segna al '20 e il primo tempo si chiude così. La ripresa è l'ultima occasione che la Juve ha di vendicarsi, ma già al'59 Van Hege infilava la sua doppietta, triplicando dopo '6. Agile, scattante, rapido, il belga fa macerie della difesa bianconera. Al '74 realizza il suo poker. Sadico, affamato, implacabile, mette a bersaglio la quita rete dopo appena cinquanta secondi: mostruoso. I difensori juventini sono allucinati dal fantasma belga, e Rizzi ne approfitta per gustarsi un'altra doppietta succulenta. E' una strage, il Milan vince per 8-1 e i tifosi impazziscono di gioia. Ma la loro festa non è finita: perchè una settimana dopo c'è il derby, ed è Carrer a improvvisarsi bomber di razza infilando l'1-0. La mezzala volenterosa e propositiva sale alla ribalta e segna così il suo unico gol stagionale. Van Hege, come se non fosse sazio di reti, celebra ancora una volta la sua immensità con un'altra doppietta! Il Milan vola, è forte e segna con grandissima quantità: 6-0 al Casale (tripletta di Cevenini, gol di Van Hege, Rizzi e Bavastro), 4-0 all'Andrea Doria (doppietta di Rizzi, reti di Cevenini e, da rigore, del solitoVanHege) e 6-1, a domicilio, sul Torino: autentico protagonista è Cevenini, autore di 5 reti incredibili. De Vecchi mette anche la sua firma. All'ultima giornata non basta vincere, serve che la Pro Vercelli non vinca: purtroppo non va così, e il Milan (che batte 1-0 il Genoa) termina secondo a -1. Curioso che in gol vada ancora Cevenini: aveva fin lì segnato 17 reti, una meno di Van Hege, entrambi in 17 partite giocate: col centro di quell'ultimo turno sale a 18 e raggiunge l'amico belga, a dimostrazione ennesima dell'infinito potenziale offensivo di quel Milan.

ASSOLUTO VAN HEGE. Il bomber belga è la stella del campionato italiano. Un assoluto rapace del gol, capace di prodezze in serie di fattura estrema. Van Hege realizza 18 reti in 17 partite, segna in tutti i modi: d'opportunismo, in acrobazia, da rigore, di mirabilia. Un fuoriclasse di razza superiore, un bomber a caratteri cubitali. Come del resto il suo partner d'attacco Aldo Cevenini, anche lui in rete 18 volte in 17 match. Capitan Rizzi dà un altro contributo enorme, rispolverando i suoi guizzi da bomber di grande quantità: dopo lo scudetto 1907, la parentesi Ausonia e il ritorno da mezzala, Rizzi torna a giostrare in attacco e segna 12 reti. Bavastro inventa, crea occassioni e trova pure 4 gol. In difesa svetta sontuosa la classe di De Vecchi, un perno che tutta Italia ammira e invidia: la sua fama è una cosa incredibile per l'epoca, equivalente a quella di un campione moderno. Senza però essere divo televisivo: De Vecchi ha costruito la sua leggenda solo in campo, con dedizione, passione e bravura infinita, un terzino di lusso che col compagno Sala blinda la difesa. De Vecchi gioca tutte le 18 partite e segna 4 gol, inventandosi rigorista chirurgico. Trerè è il faro del centrocampo. In campo si vede anche Guido Moda, che saluta il suo Milan con l'ultima presenza in rossonero. Completano la rosa Ferrario, Schiantarelli e Cevenini III, fratellino dell'Aldo nazionale.


MILANSTORY: MARIO MAGNOZZI

Attaccante generoso, arriva dal Livorno nel 1930 e resta al Milan solo tre anni, diventando però un idolo della tifoseria e segnando 32 reti complessive. Prima di tornare nel club che l'ha lanciato.

'Motorino', lo chiamavano, per il suo essere onnipresente in ogni zona del campo: per consolare un compagno, per dare una pacca amichevole all'avversario, per recuperare un pallone distrattamente perduto dal centrocampista di turno o per avventarsi avidamente su un pallone vagante in area: ed era quest'ultima la passione preferita da Mario Magnozzi, livornese classe 1902 che arriva al Milan nel 1930 e segna 32 gol in 3 stagioni. Infatti Magnozzi, che gioca come mezzala offensiva, oltre all'enorme quantità del suo gioco -corre a tutto campo e lotta come i 'peggiori' gregari del tempo, scarponi ruvidi e senza troppi fronzoli- abbina una notevole tecnica personale, che lo fa presto diventare una stella del campionato italiano. Tifosissimo dell'amato Livorno, è proprio in amaranto che debutta a 19 anni. Diventa una bandiera a suon di gol, e la sua grinta lo elevano presto a idolo della tifoseria toscana. Magnozzi nel 1924/25 vince la classifica cannonieri e si fa apprezzare sempre di più per le sue doti di attaccante dal cuore grande. Debutta anche in Nazionale, e in azzurro giocherà 29 volte, segnando 13 reti: per lui anche un bronzo olimpico ad Amsterdam 1928. Desta scalpore il suo passaggio al Milan, dopo 9 tornei nel Livorno. A San Siro Magnozzi si ambienta presto e già al primo anno segna 10 reti. I tifosi lo accolgono bene e, con le 11 perle del torneo successivo, aiuta la squadra a piazzarsi al quarto posto. A 30 anni compiuti disputa l'ultimo torneo in maglia rossonera: non era un gran Milan e, dopo altre 11 realizzazioni decide di tornare a casa: nell'amato Livorno, dove segnerà ancora 11 volte in un paio di stagioni. Tornerà al Milan da tecnico (1941/43), poi guiderà il Lecce e lo stesso Livorno dal '54 al '56. Si è spento prematuramente a soli 69 anni, nel 1971. La scheda di Magnozzi.

martedì 24 febbraio 2009

NEREO ROCCO, L'INIMITABILE 'PARON'


Nereo Rocco è stato probabilmente il più grande allenatore della storia rossonera. Ma più che le due coppe Campioni vinte sulla panchina rossonera (oltre a innumerevoli altri trofei), Rocco si è fatto voler bene per la sua grande personalità ed il suo essere 'personaggio', nel senso buono del termine: genuino come pochi, maestro di umanità e legato da un affetto paterno a tutti i suoi giocatori. Apparentemente burbero, severo e - a parole - mai soddisfatto dei suoi giocatori, Rocco si relazionava con loro come un padre scorbutico ma estremamente affettuoso: abituato ad esprimersi nella sua colorita parlata triestina, venne quasi subito soprannominato "el Paròn", "il padrone", soprannome che lo accompagnò per sempre. Fu lui a inventare lo 'spogliatoio', inteso come luogo dove fare gruppo e pianificare la situazione, e non solo come luogo in cui cambiarsi: lui stesso faceva la doccia assieme ai giocatori, per far sentire sempre la sua presenza.

GIOCATORE. Nato nel 1912 a Trieste, giocò come mezzala nella triestina (1929/37), nel Napoli (37/40), nel Padova (1940/42) e, in epoca di guerra, nel Reparto Distretto di Firenze; chiuse la carriera nel 1947, nella Libertas Firenze, club di cui divenne allenatore-giocatore. Rocco indossò anche in un'occasione la maglia della Nazionale: Vittorio Pozzo lo schierò nella partita di qualificazione ai mondiali del '34 disputata il 25 marzo 1934 a Milano e vinta dagli azzurri per 4-0. Pur facendo parte del gruppo che affrontò il ritiro in previsione del torneo, alla fine Rocco non risultò nella rosa dei convocati per il mondiale. In totale Nereo Rocco ha disputato in massima serie 287 gare in 11 campionati, segnando 69 gol.

ALLENATORE. In un'amichevole contro la più quotata Triestina, Rocco riuscì ad infliggere una clamorosa sconfitta agli alabardati, che lo prenotarono per l'anno seguente. La Triestina, finita ultima nella stagione 1946/47 e ripescata per via della difficile situazione in cui versava la città nel dopoguerra, grazie al nuovo giovane tecnico e alla nuova tattica che prevedeva il battitore libero, arrivò addirittura a classificarsi seconda dietro al Grande Torino. Con questo risultato iniziò la storia di Nereo Rocco allenatore. Dopo due buoni ottavi posti nelle stagioni seguenti, 1948/49 e 1949/50, Rocco venne allontanato dalla Triestina per ragioni mai del tutto chiarite ed assunto dal Treviso, in serie B. Dopo tre stagioni anonime con i trevigiani, Rocco venne richiamato alla guida della Triestina in Serie A, ma ancora fu esonerato dopo un pesante 0 - 6 casalingo patito contro il Milan. Rocco non rimase però disoccupato a lungo: fu infatti chiamato a salvare un malcapitato Padova, relegato nei bassi fondi della cadetteria, pur avendo in rosa giocatori di categoria. Dopo una salvezza insperata, Nereo Rocco preparò il suo Padova per il grande salto in serie A, che avvenne nella stagione successiva 1954/55. Nella sessione acquisti estiva Rocco fece acquistare Blason, già con lui nella Triestina che si piazzò seconda, Moro e Azzini, destinati a diventare suoi fedelissimi. Nella stagione 1957/58 il Padova si classificò terzo e negli anni successivi continuò a piazzarsi sempre nelle zone medio - alte della graduatoria.

IL MILAN. Dopo aver allenato la nazionale olimpica, Rocco fu ingaggiato dal Milan, dove vinse lo Scudetto al primo tentativo. Grande protagonista di quella stagione fu il diciannovenne Gianni Rivera. Nella stagione successiva (1962/63), Rocco mise in bacheca la prima Coppa dei Campioni del Milan e del calcio italiano, battendo a Wembley il Benfica di Eusebio. Rocco divenne presto un mito per i fan e i giocatori rossoneri, e i derby con l'Inter di Herrera divennero la piacevole abitudine dei primi anni '60. 'Tuto quel che se movi su l'erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa', scherzava Rocco con i suoi fidi giocatori: tutto quello che si muove sull'erba, colpitelo. Se è il pallone, pazienza. Le sue battute sono esempio di un'ironia sottilissima che faceva breccia nel cuore dei giornalisti e degli appassionati: non si poteva non voler bene ad uno così. Per quanto Rocco tenesse tutto sotto controllo, non era un 'peso' per i suoi ragazzi: diceva a Gianni Rivera: 'Mi te digo cossa fa, ma in campo te va ti!'. E il Gianni ci andava eccome in campo, ed erano magie. Anche col bizzoso inglese Jimmy Greaves, poco impegno e tanta sregolatezza, Rocco aveva sempre la parola giusta: 'Ti me capissi, mona d'un inglès!'. Greaves fu presto rimpatriato e sostituito dall'ordinato brasiliano Dino Sani, che diventa determinante. Rocco lo accoglie all'aereoporto, ma davanti al giocatore -baffetti, capelli radi, bassa statura e un filo di pancetta- esclama: 'el par più vecio de mi! Ghemo comprà un impiegà del catasto! Gipo ga rimpatrià el nonno!'. La sua battuta più celebre resta la risposta data ad un cronista che gli disse 'vinca il migliore': 'Ciò, speremo de no'! Gli anni al Milan furono intensi e appassioanti, nonostante le diatribe col bizzoso direttore tecnico Gipo Viani, che voleva far cacciare il bomber Altafini reo di una vita notturna troppo allegra. In molti ricordano spesso la battuta che Rocco faceva sul pullman, prima di entrare allo stadio: 'Chi gà paura non scenda nianca': tutti scendevano, e lui restava sul pullman!

IL MILAN/2. Dopo questi anni di trionfi, Rocco finì al Torino, guidandolo per 3 stagioni, con l'acuto del terzo posto nella stagione 1964/65, per poi assumere l'anno successivo il ruolo di direttore tecnico. All'inizio della stagione 1967/68 Rocco fu ingaggiato nuovamente dal Milan con il quale conquistò nuovamente lo scudetto e, nello stesso anno, la Coppa delle Coppe. Il ritorno in rossonero fu il capolavoro di Rocco: per rinforzare la squadra volle Cudicini, Hamrin e malatrasi. Cudicini, portiere di età avanzata, dopo gli anni alla Roma era finito al Brescia e voleva smettere: diventerà uno dei tre migliori numeri uno della storia rossonera, protagonista della supersfida europea col Manchester United; nella notte inglese si guadagnò l'indelebile appellativo di Ragno Nero. Kurt hamrin, fantasista di classe già gestito da Rocco al Padova, era stato ceduto dalla Fiorentina e ritenuto ormai agli sgoccioli: sarà protagonista con una doppietta nella finale di coppa delle coppe. Saul Malatrasi, scartato dall'Inter e finito al Lecco, diventa perno difensivo. Con una squadra vecchia e spacciata, Rocco salì sul tetto d'Italia, d'Europa e del Mondo. Peraltro, checchè ne dicano gli ignoranti che gli danno del catenacciaro, con un gioco iperoffensivo basato su un attacco composto da Rivera, Sormani, Hamrin, Prati. La stagione seguente fu ancora il turno del massimo alloro europeo mentre, in quella ancora successiva, dopo una memorabile sfida in Argentina contro l'Estudiantes, gli riuscì di conquistare la Coppa Intercontinentale che al Milan era sfuggita nel '63. In quegli anni Rocco consacrò definitivamente il talento di Rivera, che oggi ricorda: 'Era un uomo al di sopra delle parti, con grande forza, carattere, passionale. Sembrava espansivo, ma in realtà era un timido, anche se era sempre padrone della scena, un attore per il quale la ribalta era la vita'. Spassoso era il rito di assegnazione delle maglie: 'Questa è l'ultima, c'è ancora un mona?'. Dopo aver guidato i diavoli per altre tre annate, vincendo ancora una Coppa delle Coppe nel 1972/73 e la Coppe Italia nel 1972 e nel '73, l'allenatore triestino lasciò il Milan a febbraio 1974 per divergenze con la dirigenza.

MITO. Celebri restano le cene all'Assassino, in cui Rocco rivelava chicche di mercato; storica la 'commissione 'interna', il manipolo di senatori che sceglieva per consultarsi, per tenere ordine nello spogliatoio, e anche per pianificare la formazione: Cesare Maldini, Rivera, Trapattoni erano i pilastri di questo plotoncino di eletti, ma il Gianni era il suo figlioccio prediletto. Ma la simpatie e l'ironia erano la forza del Paròn, che una volta in una tournèe in Francia rispose ad un 'Bonjour monsieur, Rocco, mon ami' con uno spassoso 'Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso!'. Quando sentiva qualcosa su di lui, o sul suo Milan, che non condivideva, tirava dritto: 'A nome del mio governo, andè tutti a ramengo'!, dedicato 'A quei mona de giornalisti'. Già, i giornalisti: 'Ciò, scrivì ste monade del futbol, xe sempre le stese.. ma son sempre pronto! (a rispondere, ndr)'.

GLI ULTIMI ANNI. Passò alla Fiorentina che sperava, unendo l'esperienza dell'allenatore triestino al talento e all'energia di alcuni giovani emergenti quali Antognoni, Caso, Della Martira, Desolati, Guerini, di poter lottare per lo scudetto. I risultati furono però deludenti, con un ottavo posto finale in campionato, e Rocco lasciò la panchina gigliata a fine maggio 1975, proprio prima della fase finale di Coppa Italia che i viola vinsero. Ricoprì successivamente il ruolo di direttore tecnico nel Padova e per due stagioni nel Milan, per poi tornare in panchina nel 1977 dopo l'esonero di Giuseppe Marchioro. Per 9 anni sperò di vedere il Milan vincere la stella dei 10 scudetti, ma tra fatal Verona e stagioni negative non realizzò mai quel desiderio. Rocco si ammalò in una trasferta a Manchester, p'er seguire il Milan contro il City: aveva una brutta tosse, e morì il 20 febbraio 1979. Senza mai perdere la sua ironia: 'L'ultima volta che sono stato all'ospedale ero ancora austriaco, quando sono nato!'. Aveva solo 66 anni, pochi mesi dopo il Milan di Liedholm si cucì al petto il decimo scudetto. Dedicato a Nereo. La scheda di Nereo Rocco.


ALTRE MONADE. Tantissimi gli anneddoti e le battute di Rocco. Al Padova, faceva piegare Avanzini e lo faceva 'saltare' dagli altri giocatori, in una classica 'cavallina', dicendo loro di indovinare il rebus: città italiana, sette lettere. Nessuno indovinava. 'No xera dificile, Sul-mona!' Negli ultimi anni, dalla panchina non vedeva più molto bene. Così chiedeva al suo vice, Bergamaschi: 'Ciò, Marino, chi gà perso el balon?'. Quello rispondeva 'Giovanin', ma Giovanni al Milan ce ne erano tre: Rivera, Lodetti, Trapattoni. Ma Rocco, senza curarsi di ciò, 'Va in mona Giovanin!' . In una partita c'era uno spettatore che, attaccato alla rete dietro la panchina, ha continuato per tutta la partita a urlare 'Cambia Lodetti! Metti Trapattoni!'. Rocco non batte ciglio, quello continua. A un certo punto segna Lodetti e Rocco esplode, girandosi verso il tifoso: 'deso andè in mona ti, Lodeti e anca Giovanin Trapatoni!'. Trasferta in Francia, Rocco si arrabbia e inveisce sull'arbitro. Il quale lo riprende: 'Monsieur Rocco, S'il vous plait'. E Rocco: 'S'il vous plait te sarà ti, muso de cul!' Trasferta a Francoforte e banchetto post partita, con discorso del borgomastro sul calcio che affratella i popoli, sullo sportivo e su tanti luoghi comuni di quella sorta. Rocco quasi si appisola a tavola, annoiato. Alla fine, gli dicono: 'Signor Rocco, tocca a lei'. Rocco si alza e stringe la mano al borgomastro: 'Mi no go capio un casso, ma son sicuro che ti ga rason ti!', alzando il calice e aprendo il brindisi! Quando il dottor Monti decideva di mandare in ospedale qualche giocatore dopo un grave infortunio in campo, Rocco lo apostrofava così: 'Ciò, son bon anca mi de far el dotòr cussi... te li fermi tuti!' In un derby Santin va ko. Il dottor Monti corre da lui e si gira verso la panchina, facendo cenno di portare la barrella. Ma non vede Rocco: il tecnico era già corso dietro di lui e aveva provato a sollevare Santin, che era ripiombato a terra urlando dal dolore: 'Ciò, dotòr, qua servi la barela!' La 'battaglia' di Coppa Intercontinentale con l'Estudiantes che picchiava. A Maldera, parlando dell'avversario: 'Staghe vizin! Staghe vizin, sempio!' Maldera: 'Non posso signor Rocco, punge': aveva un ago in mano! Spaccano il naso con un pugno a Combin, francoargentino. Rocco va da lui, coperto di sangue: 'Ciò, indio, torna dentro anca ti!' Trasferta in Jugoslavia, 3-0 per il Milan a Milano. Milan sull'1-0 a dieci minuti dalla fine, i padroni di casa segnano in fuorigioco ma l'arbitro concede il gol. E Rocco lo copre di insulti. Un assistente dell'arbitro cerca di calmarlo: 'signor Rocco, stia calmo, mancano 10 minuti e vincete 4-1'. E lui: 'Ciò, muso de cul, a contar i gol ghe penso mi, no ti'! Presentazione di lusso nella mega villa del presidente Torino Pianelli. A Rocco viene mal di pancia ('Sarà stà l'ostrica') e chiede il bagno. Anni dopo racconta l'episodio al dottor Monti, dicendo che appena seduto sul cesso vide, davanti, un quadro 'de quei col colo lungo...'. Il dottore gli rispose: 'Un Modigliani'. E Rocco: 'Ciò, te ga cagà anca ti de Pianeli?' C'era un giovane vigile che era un super tifoso di Rocco e, a patto di poterlo seguire a Milanello, lo scarrozzava un po' ovunque. Prima di un derby si sente male a causa del freddo. Calca, gente attorno al ragazzo. Arriva Rocco: 'Ciò, se te va de là saludime Gipo'. Cioè Viani, morto tempo prima... Negli ultimi anni di vita fu invitato a fare l'opinionista alla Domenica Sportiva. Il primo giorno Pizzul gli chiede se ha capito il suo ruolo: 'Dir monade, come sempre!' Un giornalista lo seguì per documentare quel 'primo giorno' alla Domenica Sportiva. A fine giornata Rocco chiede: 'Ciò, gheto scrito abastanza?' Sì, il taccuino è pieno'. E lui: 'De monade! Trasferta a Manchester per la sfida col City, nell'ultimo anno di vita di Rocco -che aveva la tosse e si aggrava proprio a Manchester- dove c'è la festa del 'Rotary (organizzazione con lo scopo di far incontrare persone adulte e rispettabili con buona reputazione professionale e nella comunità). Rocco urta per sbaglio una vecchia in completo rosa confetto, che emette uno strillo di sdegno. Rocco a un vicino: 'Ciò, senti coss' che la vol 'sta galina!' Il dottor Monti arriva da Milano per visitarlo e gli sconsiglia di andare allo stadio per la partita. Rocco: 'Son vegnù de Trieste per star in leto e farme tocar de ti, mona de un dotor!' Rocco andò lo stesso alla partita: c'erano 6 gradi sottozero. Visitato nuovamente, il dottore gli disse di mettersi a letto e farsi controllare dal figlio: 'Varda de controlarte ti, sempio de un dotòr!'. Manchester, ritorno in albergo. Rocco chiede la chiave, il tizio della reception gli chiede 'Wich number, sir?' Rocco chiede a qualcuno della spedizione 'cuss'el dis?' 'signor Rocco, chiede che numero di camera ha'. E Rocco al ragazzo dell'hotel: 'Ciò papandraco, son qua de tre giorni e no te gà imparà el numero? Va in mona, mi no me ricordo!'. Un mito, semplicemente.

lunedì 23 febbraio 2009

SEEDORF, FILOSOFO DEL PALLONE


Clarence Seedorf ha le spalle larghe e il cuore grande. Nello spogliatoio è un leader, lo è stato dal primo giorno e non lo diciamo noi, lo dicono i suoi compagni. Clarence Seedorf è un filosofo del calcio, e non ha amato quei fischi di San Siro. Perchè se questa stagione non è stata esaltante per lui. il motivo è principalmente quello legato ad una condizione fisica non sempre eccellente. Lo ha detto lui stesso, tempo fa, telefonando in diretta a Milan Channel: se i fischi arrivano perchè gioca male e non si impegna li accetta, se arrivano quando lui va in campo stringendo i denti e non potendo essere al top, no. Invece i tifosi hanno continuato a fischiare, anche ieri, quando Clarence acciaccato restava in campo perchè il Milan era gia fin troppo rattoppato. Ed ha segnato il gol partita, il gol da tre punti, il quarto stagionale e il numero 47 in rossonero. 'Mi dispiace aver sentito fischi da parte del pubblico', ha detto. 'I tifosi devono imparare che la partita dura novanta minuti, bisogna avere pazienza, stare dietro alla squadra e avere fiducia perchè gli avversari a volte ci mettono in condizioni difficili. Il pubblico deve essere generoso con la squadra che scende in campo e lotta'. Seedorf è sempre stato una mosca bianca nel mondo del calcio: per il suo carisma, la sua cultura, la grand eintelligenza e il coraggio di dire sempre quello che pensa. Un personaggio di livello e dalle molteplici sfaccettature, che -limitandoci alla questione tecnica- ha vinto tutto, e più volte, giocando solo in squadre d'alto rango: l'Ajax che lo ha cresciuto e dove ha vinto la prima coppa Campioni (contro il Milan), la Sampdoria che lo ha lanciato nel calcio dei 0grandi campionati', il Real Madrid di cui era diventato mente e braccio e con cui ha alzato la seconda Champions, poi l'Inter e il Milan. In nerazzurro, tra panchine e prestazioni alterne, faticava ad essere il regista dai piedi fatati e dal fisico d'acciaio che era in maglia merengue: ceduto al Milan come un bidone, ha ritrovato in rossonero il piacere di giocare a calcio, una mentalità vincente (come la sua) e l'antica brillantezza. con le sue giocate è stato protagonista del trionfo in Champion 2003, divenendo il primo a vincere tre volte la coppa con tre club diversi; decisivo il suo apporto nello scudetto 2004, con tanto di rete del 3-2 in un derby vinto -in rimonta- all'84. Seedorf è stato importante anche nella corsa verso una nuova finale, persa però a Istanbul, nel 2005: la rivincita è arrivata l'anno dopo, con la quarta Champions e il Mondiale di Club. Seedorf ancora protagonista: prestazioni eccellenti e incursionio-gol determinanti, come a Monaco nei quarti col Bayern o come in Giappone contro l'Urawa Red Diamond. Le tribolazioni di questa stagione non fanno testo: Seedorf vuole tornare a stupire e vincere com'è abituato.

domenica 22 febbraio 2009

MILAN-CAGLIARI 1-0 (SERIE A, 25a GIORNATA)

SEEDORF, ZAMPATA VINCENTE

L'olandese firma il gol partita, in una domenica di difficoltà immane con un buon Cagliari. Milan pieno di infortunati, vittoria importante in ottica terzo posto.

MILANO. E' stata un'altra faticaccia, ma alla fine sono arrivati i tre punti: contro l'arrembante Cagliari di Massimiliano Allegri, il Milan stringe i denti e si prende la vittoria con il gol-rivincita di Clarence Seedorf. Acciaccato e fischiato nel primo tempo da tifosi che non hanno percepito il suo sacrificio, restare in campo a combattere nonostante una botta, applaudito nella ripresa quando ha cacciato in rete la palla vincente. In un Milan incerottato e rattoppato, Ancelotti deve rinunciare oltre ai cronici Nesta, Borriello e Gattuso anche a Kakà e Pato. Piazza così nonno Inzaghi in attacco, dopo il gol di mercoledì a Brema, davanti a Seedorf, unico fantasista in appoggio. Il mister opta infatti per un 4-4-1-1 in cui Beckham e Jankulovski fungono da esterni della linea mediana (con Pirlo e Flamini). Difesa composta da Zambrotta, Maldini, Bonera e Favalli. La partita è noiosa, i ritmi sono scialbi e solo dopo la metà del primo tempo il Cagliari, ordinato e rigoroso, inizia ad annaspare. I cross di Beckham, che piovono copiosi, non trovano un adeguato centravanti 'alla Borriello' in area per sfruttarli, per quanto Inzaghi si sbatta nel mettere scompiglio in area. Gli isolani ripartono benissimo nella ripresa e il Milan soffre il bel gioco dei rossoblù. Sono però i rossoneri ad esultare per primi. E' il 20' quando sulla lunga sponda di Jeda, Cossu lanciato verso la porta viene fermato per un fuorigico inesistente. Dietrofront e Seedorf è pronto a ribadire in rete la palla rimpallata su Marchetti dopo un pasticcio di Lopez. Il Milan, che perde anche Bonera per infortunio, si rintana e difende il prezioso risultato irrobustendosi con l'ingresso di Ambrosini. E' la rivincita di Seedorf, l'uomo partita, che risponde col gol ai fischi.

MILAN-CAGLIARI 1-0. MARCATORE: Seedorf al 20’ s.t. MILAN (4-4-1-1): Abbiati; Zambrotta, Bonera (Senderos dal 25' st), Maldini, Favalli; Beckham (Antonini dal 47' st), Flamini, Pirlo, Jankuloski; Seedorf; Inzaghi (Ambrosini dal 39' st). (Dida, Kaladze, Emerson, Viudez). All.: Ancelotti. CAGLIARI (4-3-1-2): Marchetti; Matheu (Agostini dal 39' st), Canini, Lopez, Pisano; Fini, Conti, Biondini (Lazzari dal 27' st); Cossu; Acquafresca (Matri dal 18' st), Jeda. (Lupatelli, Bianco, Astori, Parola). All.: Allegri. ARBITRO: Saccani di Mantova. NOTE - Spettatori: 56.188. Ammoniti: Acquafresca per gioco scorretto, Fini e Abbiati per comportamento non regolamentare. Angoli: 7-4. Recuperi p.t. 0, s.t. 3'
LE PAGELLE

ABBIATI 6,5 Un paio di interventi splendidi per lui: con questo Milan ha sempre da lavorare! ZAMBROTTA 6 Prestazione senza infamia nè lode. MALDINI 6,5 Partita importante per intensità e qualità, quasi perfetta. BONERA 6,5 Affidabile e solido come sempre. Peccato che deve lasciare il campo per un risentimento all'inguine. (SENDEROS sv). FAVALLI 6 Discreto nelle sovrapposizioni, preciso in difesa, il Professore non concede mai sbavature. BECKHAM 6,5 Mette cross come se piovesse: peccato non avere un bomber possente che possa raccoglierli, vista l'assenza di Borriello. Ordinato nel tenere la posizione (ANTONINI sv). PIRLO 6 Preferisce agire a fari spenti senza troppi clamori. Un paio di lanci di riveriana memoria per tenersi in allenamento. FLAMINI 6 Tanta corsa e lavoro sporco per il francese, grintoso e sempre 'sul pezzo'. JANKULOVSKI 6 Si piazza nel suo ruolo natuale, a centrocampo, e dialoga molto con Favalli, più che altro favorendone le sovrapposizioni. SEEDORF 6,5 Una botta lo limita quasi da subito, e nel primo tempo deve accontentarsi di trotterellare senza costrutto per il campo; stringe i denti per la maglia, resta in campo e il pubblico lo fischia senza capirlo. Poi nella ripresa inizia a lievitare, prende in mano il gioco e segna il gol decisivo: il pubblico ora applaude, ma a Clarence resta l'amarezza di essere messo sempre in discussione nonostante dia sempre il massimo. INZAGHI 6 Ovviamente si danna l'anima alla ricerca del gol: spinge, sbatte, protesta, corre, tira. Il gol lo trova anche, ma in fuorigioco: annullato (AMBROSINI 6 Dà sostanza nel finale).


SEEDORF/ LE PAROLE DEL MATCH WINNER
'TIFOSI, SERVE PAZIENZA'

CLARENCE SEEDORF: "Mi dispiace aver sentito fischi da parte del pubblico. I tifosi devono imparare che la partita dura novanta minuti, bisogna avere pazienza, stare dietro alla squadra e avere fiducia perchè gli avversari a volte ci mettono in condizioni difficili. Il pubblico deve essere generoso con la squadra che scende in campo e lotta. In campo oggi, siamo stati molto bravi, sono soddisfatto del gioco del Milan perchè temevamo molto il Cagliari. Giovedì ospiteremo il Werder Brema, speriamo di recuperare giocatori importanti per dare respiro anche all'allenatore nelle proprie scelte. Abbiamo comunque visto che nonostanze gli assenti mercoledì abbiamo fatto bene. Sono infatto fiducioso e ottimista e mi aspetto a San Siro un'atmosfera da Champions." CLIC: Clarence Seedorf, filosofo del pallone.

COMMENTI A CALDO

MILANO - Dopo la meritata vittoria contro il Cagliari le parole dell'allenatore Carlo Ancelotti sull'andamento della partita: "La squadra oggi ha reagito molto bene alle difficoltà. Il mio ringraziamento va ai giocatori che hanno dato tutto per sopperire alle numerose assenze. In campo c'è stata molta attenzione. La partita è stata difficile e viste le difficoltà incontrate abbiamo fatto molto bene, poi certo, per la qualità del gioco dobbiamo aspettare il ritorno di diversi giocatori. La scelta di Ambrosini? Pippo aveva dato tantissimo e Ambrosini vista la stazza poteva esserci utile sulle palle aeree. I fischi? Oggi c'era un solo attaccante, diventava rischiso tenerlo in campo, per questo ho preferito scegliere così, mi rendo conto che il pubblico sia molto sensibile. Adesso ci sono 4 giorni che ci separano dal Brema e mi auguro si possano recuperare più giocatori. Oggi abbiamo avuto molta sostanza, siamo stati compatti, abbiamo avuto vigore, non abbiamo subito gol, anche in questo modo possiamo superare le difficoltà. Oggi per noi non era facile, abbiamo giocato con caratteristiche a noi non consone e per questo mi ritengo molto soddisfatto. La prova di Marek Jankulovski? Lui a centrocampo si trova particolarmente mene perchè ha grande forza e riesce molto bene a ribaltare il gioco. Oggi ci è stato molto utile ma anche in passato aveva già ricoperto molto bene questo ruolo. "Il mio futuro e le voci di su Leonardo? Io con lui ho un grandissimo rapporto, è un compagno di avventura splendido il suo appello alla carta stampata di non alimentare voci sul mio e sul suo futuro non mi stupisce, lui ha grande sensibilità.

CLASSIFICA SERIE A
59 Inter 35 Lazio
50 Juventus 31 Udinese
48 Milan 30 Catania
45 Fiorentina 29 Sampdoria
44 Genoa 27 Siena
43 Roma 23 Bologna
37 Cagliari 23 Torino
36 Palermo 22 Lecce
36 Atalanta 20 Chievo Verona
35 Napoli 17 Reggina