martedì 24 febbraio 2009

NEREO ROCCO, L'INIMITABILE 'PARON'


Nereo Rocco è stato probabilmente il più grande allenatore della storia rossonera. Ma più che le due coppe Campioni vinte sulla panchina rossonera (oltre a innumerevoli altri trofei), Rocco si è fatto voler bene per la sua grande personalità ed il suo essere 'personaggio', nel senso buono del termine: genuino come pochi, maestro di umanità e legato da un affetto paterno a tutti i suoi giocatori. Apparentemente burbero, severo e - a parole - mai soddisfatto dei suoi giocatori, Rocco si relazionava con loro come un padre scorbutico ma estremamente affettuoso: abituato ad esprimersi nella sua colorita parlata triestina, venne quasi subito soprannominato "el Paròn", "il padrone", soprannome che lo accompagnò per sempre. Fu lui a inventare lo 'spogliatoio', inteso come luogo dove fare gruppo e pianificare la situazione, e non solo come luogo in cui cambiarsi: lui stesso faceva la doccia assieme ai giocatori, per far sentire sempre la sua presenza.

GIOCATORE. Nato nel 1912 a Trieste, giocò come mezzala nella triestina (1929/37), nel Napoli (37/40), nel Padova (1940/42) e, in epoca di guerra, nel Reparto Distretto di Firenze; chiuse la carriera nel 1947, nella Libertas Firenze, club di cui divenne allenatore-giocatore. Rocco indossò anche in un'occasione la maglia della Nazionale: Vittorio Pozzo lo schierò nella partita di qualificazione ai mondiali del '34 disputata il 25 marzo 1934 a Milano e vinta dagli azzurri per 4-0. Pur facendo parte del gruppo che affrontò il ritiro in previsione del torneo, alla fine Rocco non risultò nella rosa dei convocati per il mondiale. In totale Nereo Rocco ha disputato in massima serie 287 gare in 11 campionati, segnando 69 gol.

ALLENATORE. In un'amichevole contro la più quotata Triestina, Rocco riuscì ad infliggere una clamorosa sconfitta agli alabardati, che lo prenotarono per l'anno seguente. La Triestina, finita ultima nella stagione 1946/47 e ripescata per via della difficile situazione in cui versava la città nel dopoguerra, grazie al nuovo giovane tecnico e alla nuova tattica che prevedeva il battitore libero, arrivò addirittura a classificarsi seconda dietro al Grande Torino. Con questo risultato iniziò la storia di Nereo Rocco allenatore. Dopo due buoni ottavi posti nelle stagioni seguenti, 1948/49 e 1949/50, Rocco venne allontanato dalla Triestina per ragioni mai del tutto chiarite ed assunto dal Treviso, in serie B. Dopo tre stagioni anonime con i trevigiani, Rocco venne richiamato alla guida della Triestina in Serie A, ma ancora fu esonerato dopo un pesante 0 - 6 casalingo patito contro il Milan. Rocco non rimase però disoccupato a lungo: fu infatti chiamato a salvare un malcapitato Padova, relegato nei bassi fondi della cadetteria, pur avendo in rosa giocatori di categoria. Dopo una salvezza insperata, Nereo Rocco preparò il suo Padova per il grande salto in serie A, che avvenne nella stagione successiva 1954/55. Nella sessione acquisti estiva Rocco fece acquistare Blason, già con lui nella Triestina che si piazzò seconda, Moro e Azzini, destinati a diventare suoi fedelissimi. Nella stagione 1957/58 il Padova si classificò terzo e negli anni successivi continuò a piazzarsi sempre nelle zone medio - alte della graduatoria.

IL MILAN. Dopo aver allenato la nazionale olimpica, Rocco fu ingaggiato dal Milan, dove vinse lo Scudetto al primo tentativo. Grande protagonista di quella stagione fu il diciannovenne Gianni Rivera. Nella stagione successiva (1962/63), Rocco mise in bacheca la prima Coppa dei Campioni del Milan e del calcio italiano, battendo a Wembley il Benfica di Eusebio. Rocco divenne presto un mito per i fan e i giocatori rossoneri, e i derby con l'Inter di Herrera divennero la piacevole abitudine dei primi anni '60. 'Tuto quel che se movi su l'erba, daghe. Se xe la bala, pasiensa', scherzava Rocco con i suoi fidi giocatori: tutto quello che si muove sull'erba, colpitelo. Se è il pallone, pazienza. Le sue battute sono esempio di un'ironia sottilissima che faceva breccia nel cuore dei giornalisti e degli appassionati: non si poteva non voler bene ad uno così. Per quanto Rocco tenesse tutto sotto controllo, non era un 'peso' per i suoi ragazzi: diceva a Gianni Rivera: 'Mi te digo cossa fa, ma in campo te va ti!'. E il Gianni ci andava eccome in campo, ed erano magie. Anche col bizzoso inglese Jimmy Greaves, poco impegno e tanta sregolatezza, Rocco aveva sempre la parola giusta: 'Ti me capissi, mona d'un inglès!'. Greaves fu presto rimpatriato e sostituito dall'ordinato brasiliano Dino Sani, che diventa determinante. Rocco lo accoglie all'aereoporto, ma davanti al giocatore -baffetti, capelli radi, bassa statura e un filo di pancetta- esclama: 'el par più vecio de mi! Ghemo comprà un impiegà del catasto! Gipo ga rimpatrià el nonno!'. La sua battuta più celebre resta la risposta data ad un cronista che gli disse 'vinca il migliore': 'Ciò, speremo de no'! Gli anni al Milan furono intensi e appassioanti, nonostante le diatribe col bizzoso direttore tecnico Gipo Viani, che voleva far cacciare il bomber Altafini reo di una vita notturna troppo allegra. In molti ricordano spesso la battuta che Rocco faceva sul pullman, prima di entrare allo stadio: 'Chi gà paura non scenda nianca': tutti scendevano, e lui restava sul pullman!

IL MILAN/2. Dopo questi anni di trionfi, Rocco finì al Torino, guidandolo per 3 stagioni, con l'acuto del terzo posto nella stagione 1964/65, per poi assumere l'anno successivo il ruolo di direttore tecnico. All'inizio della stagione 1967/68 Rocco fu ingaggiato nuovamente dal Milan con il quale conquistò nuovamente lo scudetto e, nello stesso anno, la Coppa delle Coppe. Il ritorno in rossonero fu il capolavoro di Rocco: per rinforzare la squadra volle Cudicini, Hamrin e malatrasi. Cudicini, portiere di età avanzata, dopo gli anni alla Roma era finito al Brescia e voleva smettere: diventerà uno dei tre migliori numeri uno della storia rossonera, protagonista della supersfida europea col Manchester United; nella notte inglese si guadagnò l'indelebile appellativo di Ragno Nero. Kurt hamrin, fantasista di classe già gestito da Rocco al Padova, era stato ceduto dalla Fiorentina e ritenuto ormai agli sgoccioli: sarà protagonista con una doppietta nella finale di coppa delle coppe. Saul Malatrasi, scartato dall'Inter e finito al Lecco, diventa perno difensivo. Con una squadra vecchia e spacciata, Rocco salì sul tetto d'Italia, d'Europa e del Mondo. Peraltro, checchè ne dicano gli ignoranti che gli danno del catenacciaro, con un gioco iperoffensivo basato su un attacco composto da Rivera, Sormani, Hamrin, Prati. La stagione seguente fu ancora il turno del massimo alloro europeo mentre, in quella ancora successiva, dopo una memorabile sfida in Argentina contro l'Estudiantes, gli riuscì di conquistare la Coppa Intercontinentale che al Milan era sfuggita nel '63. In quegli anni Rocco consacrò definitivamente il talento di Rivera, che oggi ricorda: 'Era un uomo al di sopra delle parti, con grande forza, carattere, passionale. Sembrava espansivo, ma in realtà era un timido, anche se era sempre padrone della scena, un attore per il quale la ribalta era la vita'. Spassoso era il rito di assegnazione delle maglie: 'Questa è l'ultima, c'è ancora un mona?'. Dopo aver guidato i diavoli per altre tre annate, vincendo ancora una Coppa delle Coppe nel 1972/73 e la Coppe Italia nel 1972 e nel '73, l'allenatore triestino lasciò il Milan a febbraio 1974 per divergenze con la dirigenza.

MITO. Celebri restano le cene all'Assassino, in cui Rocco rivelava chicche di mercato; storica la 'commissione 'interna', il manipolo di senatori che sceglieva per consultarsi, per tenere ordine nello spogliatoio, e anche per pianificare la formazione: Cesare Maldini, Rivera, Trapattoni erano i pilastri di questo plotoncino di eletti, ma il Gianni era il suo figlioccio prediletto. Ma la simpatie e l'ironia erano la forza del Paròn, che una volta in una tournèe in Francia rispose ad un 'Bonjour monsieur, Rocco, mon ami' con uno spassoso 'Mona a mi? Mona a ti e anca testa de gran casso!'. Quando sentiva qualcosa su di lui, o sul suo Milan, che non condivideva, tirava dritto: 'A nome del mio governo, andè tutti a ramengo'!, dedicato 'A quei mona de giornalisti'. Già, i giornalisti: 'Ciò, scrivì ste monade del futbol, xe sempre le stese.. ma son sempre pronto! (a rispondere, ndr)'.

GLI ULTIMI ANNI. Passò alla Fiorentina che sperava, unendo l'esperienza dell'allenatore triestino al talento e all'energia di alcuni giovani emergenti quali Antognoni, Caso, Della Martira, Desolati, Guerini, di poter lottare per lo scudetto. I risultati furono però deludenti, con un ottavo posto finale in campionato, e Rocco lasciò la panchina gigliata a fine maggio 1975, proprio prima della fase finale di Coppa Italia che i viola vinsero. Ricoprì successivamente il ruolo di direttore tecnico nel Padova e per due stagioni nel Milan, per poi tornare in panchina nel 1977 dopo l'esonero di Giuseppe Marchioro. Per 9 anni sperò di vedere il Milan vincere la stella dei 10 scudetti, ma tra fatal Verona e stagioni negative non realizzò mai quel desiderio. Rocco si ammalò in una trasferta a Manchester, p'er seguire il Milan contro il City: aveva una brutta tosse, e morì il 20 febbraio 1979. Senza mai perdere la sua ironia: 'L'ultima volta che sono stato all'ospedale ero ancora austriaco, quando sono nato!'. Aveva solo 66 anni, pochi mesi dopo il Milan di Liedholm si cucì al petto il decimo scudetto. Dedicato a Nereo. La scheda di Nereo Rocco.


ALTRE MONADE. Tantissimi gli anneddoti e le battute di Rocco. Al Padova, faceva piegare Avanzini e lo faceva 'saltare' dagli altri giocatori, in una classica 'cavallina', dicendo loro di indovinare il rebus: città italiana, sette lettere. Nessuno indovinava. 'No xera dificile, Sul-mona!' Negli ultimi anni, dalla panchina non vedeva più molto bene. Così chiedeva al suo vice, Bergamaschi: 'Ciò, Marino, chi gà perso el balon?'. Quello rispondeva 'Giovanin', ma Giovanni al Milan ce ne erano tre: Rivera, Lodetti, Trapattoni. Ma Rocco, senza curarsi di ciò, 'Va in mona Giovanin!' . In una partita c'era uno spettatore che, attaccato alla rete dietro la panchina, ha continuato per tutta la partita a urlare 'Cambia Lodetti! Metti Trapattoni!'. Rocco non batte ciglio, quello continua. A un certo punto segna Lodetti e Rocco esplode, girandosi verso il tifoso: 'deso andè in mona ti, Lodeti e anca Giovanin Trapatoni!'. Trasferta in Francia, Rocco si arrabbia e inveisce sull'arbitro. Il quale lo riprende: 'Monsieur Rocco, S'il vous plait'. E Rocco: 'S'il vous plait te sarà ti, muso de cul!' Trasferta a Francoforte e banchetto post partita, con discorso del borgomastro sul calcio che affratella i popoli, sullo sportivo e su tanti luoghi comuni di quella sorta. Rocco quasi si appisola a tavola, annoiato. Alla fine, gli dicono: 'Signor Rocco, tocca a lei'. Rocco si alza e stringe la mano al borgomastro: 'Mi no go capio un casso, ma son sicuro che ti ga rason ti!', alzando il calice e aprendo il brindisi! Quando il dottor Monti decideva di mandare in ospedale qualche giocatore dopo un grave infortunio in campo, Rocco lo apostrofava così: 'Ciò, son bon anca mi de far el dotòr cussi... te li fermi tuti!' In un derby Santin va ko. Il dottor Monti corre da lui e si gira verso la panchina, facendo cenno di portare la barrella. Ma non vede Rocco: il tecnico era già corso dietro di lui e aveva provato a sollevare Santin, che era ripiombato a terra urlando dal dolore: 'Ciò, dotòr, qua servi la barela!' La 'battaglia' di Coppa Intercontinentale con l'Estudiantes che picchiava. A Maldera, parlando dell'avversario: 'Staghe vizin! Staghe vizin, sempio!' Maldera: 'Non posso signor Rocco, punge': aveva un ago in mano! Spaccano il naso con un pugno a Combin, francoargentino. Rocco va da lui, coperto di sangue: 'Ciò, indio, torna dentro anca ti!' Trasferta in Jugoslavia, 3-0 per il Milan a Milano. Milan sull'1-0 a dieci minuti dalla fine, i padroni di casa segnano in fuorigioco ma l'arbitro concede il gol. E Rocco lo copre di insulti. Un assistente dell'arbitro cerca di calmarlo: 'signor Rocco, stia calmo, mancano 10 minuti e vincete 4-1'. E lui: 'Ciò, muso de cul, a contar i gol ghe penso mi, no ti'! Presentazione di lusso nella mega villa del presidente Torino Pianelli. A Rocco viene mal di pancia ('Sarà stà l'ostrica') e chiede il bagno. Anni dopo racconta l'episodio al dottor Monti, dicendo che appena seduto sul cesso vide, davanti, un quadro 'de quei col colo lungo...'. Il dottore gli rispose: 'Un Modigliani'. E Rocco: 'Ciò, te ga cagà anca ti de Pianeli?' C'era un giovane vigile che era un super tifoso di Rocco e, a patto di poterlo seguire a Milanello, lo scarrozzava un po' ovunque. Prima di un derby si sente male a causa del freddo. Calca, gente attorno al ragazzo. Arriva Rocco: 'Ciò, se te va de là saludime Gipo'. Cioè Viani, morto tempo prima... Negli ultimi anni di vita fu invitato a fare l'opinionista alla Domenica Sportiva. Il primo giorno Pizzul gli chiede se ha capito il suo ruolo: 'Dir monade, come sempre!' Un giornalista lo seguì per documentare quel 'primo giorno' alla Domenica Sportiva. A fine giornata Rocco chiede: 'Ciò, gheto scrito abastanza?' Sì, il taccuino è pieno'. E lui: 'De monade! Trasferta a Manchester per la sfida col City, nell'ultimo anno di vita di Rocco -che aveva la tosse e si aggrava proprio a Manchester- dove c'è la festa del 'Rotary (organizzazione con lo scopo di far incontrare persone adulte e rispettabili con buona reputazione professionale e nella comunità). Rocco urta per sbaglio una vecchia in completo rosa confetto, che emette uno strillo di sdegno. Rocco a un vicino: 'Ciò, senti coss' che la vol 'sta galina!' Il dottor Monti arriva da Milano per visitarlo e gli sconsiglia di andare allo stadio per la partita. Rocco: 'Son vegnù de Trieste per star in leto e farme tocar de ti, mona de un dotor!' Rocco andò lo stesso alla partita: c'erano 6 gradi sottozero. Visitato nuovamente, il dottore gli disse di mettersi a letto e farsi controllare dal figlio: 'Varda de controlarte ti, sempio de un dotòr!'. Manchester, ritorno in albergo. Rocco chiede la chiave, il tizio della reception gli chiede 'Wich number, sir?' Rocco chiede a qualcuno della spedizione 'cuss'el dis?' 'signor Rocco, chiede che numero di camera ha'. E Rocco al ragazzo dell'hotel: 'Ciò papandraco, son qua de tre giorni e no te gà imparà el numero? Va in mona, mi no me ricordo!'. Un mito, semplicemente.

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