E’ l’ora di Antonini. La squalifica di Gianluca Zambrotta in ottica Sampdoria spalanca le porte di San Siro al bravo laterale italiano, che rileverà i galloni di titolare dell’azzurro anche in seguito ai meriti acquisiti sul campo. Infatti, i due gettoni in coppa Uefa ci hanno fatto conoscere un giocatore in forma e di grande valore. Al Milan lo hanno sempre saputo, del resto, fin da quando puntarono su di lui ai tempi delle giovanili; ma in molti, al di fuori della società rossonera, avevano storto il naso quando il ragazzo era rientrato dall’Empoli. In Toscana Luca aveva giocato un’ottima stagione, ma in molti pensavano che a Milanello avrebbe fatto tappezzeria. Invece con l’impegno e il lavoro Antonini, 26 anni, ha conquistato il mister e i tifosi. Certo, siamo ancora all’inizio e non saranno due partite con lo Zurigo a stabilire il valore di un giocatore; ma intanto il bistrattato ruolo di terzino ha finalmente trovato una preziosa alternativa, tra l’altro sia a destra (il regno di Zambro) che a sinistra, dove nonno Favalli non può più sopperire sempre alle eventuali assenze di Marek Jankulovski. L’anno scorso il titolare era Oddo, la riserva un Cafù ormai al tramonto: era evidentemente necessario un restyling del sambodromo di destra.
Antonini è un ragazzo umile che dichiara di avere Zambrotta come proprio idolo e di sognare la maglia azzurra. Intanto è fiero di essere tornato a vestire quella rossonera e si gode la sua famiglia, figlia e nuovo pargolo in arrivo. Con Maldini è l’unico rossonero milanese doc, Antonini, mandato in prestito al Prato nel 2001/2002: 26 partite e ben 3 gol lo misero subito in mostra in C2. Antonini, centrocampista, si meritò la B e la divisa biancorossa dell’Ancona, con cui disputò mezza stagione in crescendo. Il salto in serie A, proprio alla Sampdoria che affronteremo domenica, Antonini lo trascorse a fare gavetta sulla panchina di Novellino, e anche l’anno seguente a Modena in B non giocò molto, tanto che a gennaio passò al Pescara. Il 2005/2006, ad Arezzo, fu l’anno della definitiva esplosione: Antonini si meritò infatti il passaggio al Siena e il posto da titolare in serie A, prima con i bianconeri e poi nell’Empoli, nella fruttifera scorsa stagione. L’azzeccata intuizione di provarlo nel ruolo di terzino, causata dai forfait di Raggi e Tosto, è stata una svolta decisiva per la carriera di Luca. E’ stato infatti definito uno dei migliori terzini nostrani del 2007/08, nonostante la retrocessione del club azzurro: segno di una presenza incisiva sulla fascia. Sempre attentissimo in fase difensiva, Antonini spinge senza scoprire troppo e solo se certo di non sbilanciare la squadra. Indice di grande intelligenza tattica, pregio che lo caratterizza prim’ancora che dal punto di vista tecnico.
Antonini si trova a galoppare su una fascia alquanto prestigiosa per i colori rossoneri. Limitandoci agli ultimi trent’anni di storia, quel ruolo è stato infatti ricoperto da campioni memorabili. Su tutti il mitologico Mauro ‘Djalma’ Tassotti, arrivato giovane e grezzo dalla Lazio (peraltro in un Milan che bazzicava tra A e B) e diventato cigno del Milan euromondiale di Sacchi prima e Capello dopo: macchina sparacross, Tassotti milita nel Milan dall’80 al ’97, giocando oltre 500 partite e vincendo quasi due decine di trofei, tra i quali 3 Champions League e 5 scudetti. Dal 2003 al 2007/08 c’è stato invece ‘Pegaso’ Cafu, diabolico funambolo dalla carriera eterna e dalla classe dolcissima, protagonista dello scudetto 2004. Anello di congiunzione tra il Tasso e il Pendolino sono stati Thomas Helveg, diligente danese ottimo nel tricolore del 1999 e, nel 2002/03 (anno della sesta euro sinfonia) un duo di centrali riadattati in corsia: prima l’ottimo Simic, appena arrivato dall’Inter, e nella seconda metà di stagione il leggendario Billy Costacurta. Che, a 36 anni e dopo tre lustri nel cuore del fortino rossonero si reinventa alla grande sulla destra.
A livello di rosa il Milan non sembra essere inferiore a nessuno, e il caso-Antonini sta li a dimostrarlo: non ci fossero gli acciacchi di Nesta e Senderos (un caso ormai patologico) la difesa avrebbe campioni in abbondanza. Per non parlare di un centrocampo dal quale deve stare fuori, a rotazione, uno tra Gattuso, Ambrosini e Flamini, fermo restando l’inammovibilità di Pirlo (infortuni permettendo), Seedorf e Kakà. E in attacco la forma crescente di Ronaldinho e Shevchenko, unitamente ai guizzi di Pato e al recupero dello scintillante Borriello, danno parecchie soluzioni che possono rendere sereni i sogni dei tifosi del diavolo. Senza ovviamente scordarsi del pluridecorato Pippo Inzaghi, che solo con la sua storia basta a far sorridere la Sud. Insomma, i presupposti per fare benissimo ci sono eccome: non sprechiamoli.
Antonini è un ragazzo umile che dichiara di avere Zambrotta come proprio idolo e di sognare la maglia azzurra. Intanto è fiero di essere tornato a vestire quella rossonera e si gode la sua famiglia, figlia e nuovo pargolo in arrivo. Con Maldini è l’unico rossonero milanese doc, Antonini, mandato in prestito al Prato nel 2001/2002: 26 partite e ben 3 gol lo misero subito in mostra in C2. Antonini, centrocampista, si meritò la B e la divisa biancorossa dell’Ancona, con cui disputò mezza stagione in crescendo. Il salto in serie A, proprio alla Sampdoria che affronteremo domenica, Antonini lo trascorse a fare gavetta sulla panchina di Novellino, e anche l’anno seguente a Modena in B non giocò molto, tanto che a gennaio passò al Pescara. Il 2005/2006, ad Arezzo, fu l’anno della definitiva esplosione: Antonini si meritò infatti il passaggio al Siena e il posto da titolare in serie A, prima con i bianconeri e poi nell’Empoli, nella fruttifera scorsa stagione. L’azzeccata intuizione di provarlo nel ruolo di terzino, causata dai forfait di Raggi e Tosto, è stata una svolta decisiva per la carriera di Luca. E’ stato infatti definito uno dei migliori terzini nostrani del 2007/08, nonostante la retrocessione del club azzurro: segno di una presenza incisiva sulla fascia. Sempre attentissimo in fase difensiva, Antonini spinge senza scoprire troppo e solo se certo di non sbilanciare la squadra. Indice di grande intelligenza tattica, pregio che lo caratterizza prim’ancora che dal punto di vista tecnico.
Antonini si trova a galoppare su una fascia alquanto prestigiosa per i colori rossoneri. Limitandoci agli ultimi trent’anni di storia, quel ruolo è stato infatti ricoperto da campioni memorabili. Su tutti il mitologico Mauro ‘Djalma’ Tassotti, arrivato giovane e grezzo dalla Lazio (peraltro in un Milan che bazzicava tra A e B) e diventato cigno del Milan euromondiale di Sacchi prima e Capello dopo: macchina sparacross, Tassotti milita nel Milan dall’80 al ’97, giocando oltre 500 partite e vincendo quasi due decine di trofei, tra i quali 3 Champions League e 5 scudetti. Dal 2003 al 2007/08 c’è stato invece ‘Pegaso’ Cafu, diabolico funambolo dalla carriera eterna e dalla classe dolcissima, protagonista dello scudetto 2004. Anello di congiunzione tra il Tasso e il Pendolino sono stati Thomas Helveg, diligente danese ottimo nel tricolore del 1999 e, nel 2002/03 (anno della sesta euro sinfonia) un duo di centrali riadattati in corsia: prima l’ottimo Simic, appena arrivato dall’Inter, e nella seconda metà di stagione il leggendario Billy Costacurta. Che, a 36 anni e dopo tre lustri nel cuore del fortino rossonero si reinventa alla grande sulla destra.
A livello di rosa il Milan non sembra essere inferiore a nessuno, e il caso-Antonini sta li a dimostrarlo: non ci fossero gli acciacchi di Nesta e Senderos (un caso ormai patologico) la difesa avrebbe campioni in abbondanza. Per non parlare di un centrocampo dal quale deve stare fuori, a rotazione, uno tra Gattuso, Ambrosini e Flamini, fermo restando l’inammovibilità di Pirlo (infortuni permettendo), Seedorf e Kakà. E in attacco la forma crescente di Ronaldinho e Shevchenko, unitamente ai guizzi di Pato e al recupero dello scintillante Borriello, danno parecchie soluzioni che possono rendere sereni i sogni dei tifosi del diavolo. Senza ovviamente scordarsi del pluridecorato Pippo Inzaghi, che solo con la sua storia basta a far sorridere la Sud. Insomma, i presupposti per fare benissimo ci sono eccome: non sprechiamoli.
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