PRIMA ERA IL RAGAZZINO PROMETTENTE, POI DIVENNE LA GIOVANE STELLA CONTESA DALLE BIG; QUINDI L'INZAGHI CINICO E BARO JUVENTINO, CHE IN ROSSONERO DIVENTA BANDIERA E BOMBER DI FAMIGLIA, PRIMA DELL'INFORTUNIO E DEL RITORNO DA NONNO GOL...
PIPPO e il gol, la storia d'amore infinita. Prima era il ragazzino promettente che girava in provincia e stuzzicava le big, da Piacenza a Verona, da Leffe a Parma, dove il primo infortunio della carriera lo temprò giovanissimo. Poi diventò la giovane stella dal gol facile, la sorprendente punta di diamante che con l'Atalanta si prese il titolo di goleador principe della serie A; quindi divenne il killer farabutto, senza pietà e senza riguardi per nessuno, che con la maglia della Juventus segnava e vinceva ma era odiato da tutti i non bianconeri: tanto letale quanto furbissimo nel cercare il gol (o il rigore), tanto prolifico quanto fastidioso. Quattro anni di gol e vittorie, la Nazionale, una carriera che sembrava all'apice, ma non era così. Inzaghi passò al Milan, ed era il 2001. Subito forte, poi il crack al ginocchio, il ritorno, la rimonta al quarto posto spinta a suon di gol, le promesse di fede milanista: Inzaghi era già diventato altro, era diventato rossonero dentro, era diventato il bomber di famiglia. E nel 2002/03, con 30 strepitose cannonate, stilettate, imprevedibili guizzi, divenne Alta Tensione, già bandiera, alfiere del Milan trionfante a Manchester, in Champions. Contro la Juve, che non era più la "sua" Juve: sembrava un secolo, erano due anni di rossonero tuonante. La carriera di Inzaghi era, in quel momento per davvero, al top: gol, vittorie, l'amore dei tifosi, un'ammirazione generale che iniziava a renderlo più simpatico anche a quelli che non tifavano per la sua squadra: perchè Pippo aveva improvvisamente abbandonato la sua indole di "maledetto", non era più il simulatore mercenario, non era più lo sciupaveline snob: gol, allenamenti, Milan. Professionista esemplare dal volto finalmente umano, Inzaghi ormai piaceva a tutti. E diceva: nella storia ci resto con la maglia rossonera, quella bianconera è un bel ricordo ma viene dopo. Erano solo due stagioni, sembravano una vita. Una vita dal sapore dolce, seguita però dal mortificante odore di clinica: nel 2003 Inzaghi si fa male, segna 7 gol e nelle pochissime apparizioni dà una grande mano per lo scudetto: tutti lo aspettano a nuovo, ma nel 2004/05 l'incubo diventa realtà, c'è chi parla di scarpette al chiodo, Pippo finisce nel dimenticatoio, diventa il bomber rotto. Un solo gol, un deja vu chiamato Van Basten, il crollo di ogni speranza. E no ragazzi, Pippo non molla, Pippo stringe i denti, lotta, torna e torna a modo suo, nel 2005/06: 17 gol ammutoliscono l'Italia, Superpippo è tornato, va ai mondiali e li vince col gruppo, segnando pure un gol. In una partita. Poi torna a vestirsi di rossonero, part time, da "nonno gol": Ancelotti lo centellina, Inzaghi gioca meno e segna meno del solito, ma i suoi gol sono sempre decisivi: E spingono il Milan in Europa, il suo territorio preferito: 6 centri vitali, dalle pistolettate nei preliminari alla sublime doppietta nella finale di Atene, al Liverpool: Inzaghi ora è il cannoniere esperto da gettare nella mischia quando c'è bisogno dei gol della storia, perchè Pippo è storia, perchè Pippo è passato, presente e futuro, col record europeo di gol nel mirino e una carriera ancora lunghissima, che potrà costellarsi di gol e vittoria ancora per diversi anni. Grazie a quel part time che ci regalerà Alta Tensione ancora a lungo, perchè il Milan senza Superpippo non sarebbe più la stessa cosa.
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