JOSE' ALTAFINI è stato il più grande, forse della serie. Bomber splendente e straripante in rossonero, vecchio marpione dell'area in bianconero. Altafini detto Mazzola nasce in Brasile nel 1938, e debutta nel San Paolo giovanissimo, a suon di gol. Il Milan lo porta in Italia, dal Palmeiras, pressochè ventenne. Biondo, aitante, vivace e simpaticissimo. Conquista lo spogliatoio e presto anche i tifosi, a suon di gol: è subito capocannoniere, è subito scudetto. Attaccante dal fisico possente, le sue migliori qualità erano la rapidità, la furbizia e il senso del gol. E' lui l'uomo copertina del Milan di Wembley, quello nel 1963 vince la sua prima Coppa Campioni: due reti in finale per stendere il Benfica, addirittura 14 nell'arco della competizione. Altafini viene naturalizzato italiano e in rossonero vive 7 stagioni grandiose, rivincendo lo scudetto e segnando la bellzza di 129 reti in 205 partite. Purtroppo, per problemi con Gipo Viani nell'ultima travagliata stagione, lascia il Milan e visse altre 7 stagioni da protagonista nel Napoli (97 gol) diventando il dio del San Paolo. Nel 1972, con i capelli che si diradavano e il fisico che si appesantiva inviato verso il tramonto, passò clamorosamente alla Juventus. Aveva 34 anni, ma partendo dalla panchina seppe ritagliarsi un posticino nella vittoria di altri due scudetti. Era il vecchio bucaniere che entrava a partita in corso, giocava da fermo e d'esperienza, suppliva alle assenze dei big titolari: eppure continuava a buttarla dentro, 25 volte in 4 anni prima di chiudere la carriera in Svizzera (Chiasso e Mendrisio) nel 1980, a 42 anni suonati. 45 anni dopo Altafini, Pippo Inzaghi-bomber sontuoso che la Juve aveva pescato 4 anni prima nell'Atalanta- passa dai bianconeri al Milan. Lo davano per bollito, mercenario, tuffatore. Invece Pippo si cuce addosso da subito la maglia rossonera, cambia faccia e diventa un goleador sempre cinico ma più amato dalla folla. Addirittura, idolatrato dalla torcida rossonera. 16 gol subito, poi 30 nell'anno della Champions contro la sua Juve, da protagonista totale. Poi una serie di infortuni che lo stendono per due anni e il ritorno con 17 reti quando tutti lo davano per "ex". A 34 anni Inzaghi si risveglia da Altafini, fa il vice e si alza dalla panchina per segnare. Spesso in Champions. Come nella finale di Atene, quando regala al Milan il settimo sigillo con una sua doppietta. E adesso è a quota 62 gol europei, a 7 passi dal record assoluto.
La funambolica ala Bruno Mora, acquistato dalla Juve, vinse con Altafini la coppa '63 e la coppa Italia '67. Sandro Salvadore era un difensore promettentissimo, svezzato dalle giovanili e 2 volte campione d'Italia col Milan. dal '58 al '62 giocò 72 volte e poi fu ceduto alla Juve in cambio di Mora. Salvadore diventò pilastro della difesa bianconera per 12 stagioni, e il suo erede fu Gaetano Scirea. Romeo Benetti era un guerriero gladiatoreo del centrocampo: già nell'aspetto, fisico massiccio, pelo biondo e baffone vichingo, si caratterizzava per la grande impetuosità del suo gioco a centrocampo, un mediano di muscoli e cuore che fu anche capitano del Milan. Dopo una lunga gavetta (Bolzano, Siena, Taranto, Palermo) riuscì ad arrivare in A nientemeno che con la Juventus; in bianconero però non tutto funzionò e lui finì nel '69 alla Samp. Un rendimento costante e volenteroso lo portarono all'attenzione del Milan, che nel 1970 lo vestì di rossonero: in 6 stagioni divenne una vera bandiera e vinse 2 coppe Italia e 1 coppa coppe. Clamorosamente nel 1976 la società se ne sbarazzò scambiandolo col vecchio Capello: Benetti, appena trentenne, tornò così alla Juve, dove da protagonista vinse 2 scudetti prima di smettere nel 1981 dopo 2 stagioni alla Roma. Fabio Capello, scuola Spal, esplose nella Roma e nelle 7 stagioni bianconere si impose a livello nazionale come regista ordinato, dinamico, forte. Vinse tre scudetti, ma il passaggio al Milan fece mormorare San Siro, che amava Benetti. Capello saprà dimostrare il suo valore, e vincerà lo scudetto della stella a fine carriera, seppur da riserva d'esperienza. Da allenatore ha vinto 4 scudetti col Milan e 2 (revocati) a Torino.
Pietro Paolo Virdis era un prezioso e poliedrico terminale da far giostrare sul fronte offensivo. Sassaritano classe '57, Virdis si mette in mostra con 11 gol nella Nuorese, meritandosi il passaggio al Cagliari e l'esordio in A a 17 anni. Dopo un anno nella primavera, Virdis si affaccia con 6 reti al grande calcio. La squadra retrocede e in B lui esplode, con ben 18 centri: lo prende la Juventus, ma in tre anni Virdis trova poco spazio e torna per una (buona) stagione aql Cagliari. Quindi di nuovo in bianconero, dove gioca bene e segna 9 reti. Tuttavia l'arrivo di Paolo Rossi porta alla sua cessione, all'Udinese. Il primo anno è travagliato di infortuni, mentre nel secondo Virdis segna 10 reti e diverte Udine con Zico. Nell'84 passa al Milan, dove si afferma come uno dei più forti attaccanti italiani. All'inizio era la stella di un Milan povero, il campione affidabile e infallibile che spesso diventava l'unica gioia dei tifosi; successivamente è diventato un protagonista delle grandi vittorie di Sacchi. Da vice van Basten, certo, ma essere vice Van Basten è il miglior complimento che un attaccante possa ricevere! La stagione migliore è la 86787: è capocanoniere della Serie A con 17 gol; nella stagione successiva invece i suoi gol permetteranno al Milan di recuperare un pesante distacco dal Napoli superato anche grazie ad una doppietta decisiva nello scontro diretto fondamentale ai fini della conquista del tricolore. L'anno successivo conquista anche la Coppa Campioni, e dall'89 al '91 sverna nel Lecce. Virdis al Milan ritrova Paolo Rossi, rapace e guizzante maestro d'area. Esploso nel "Real Vicenza" (secondo in A nel '78), dopo una cinquantina di gol in 2 anni biancorossi e la squalifica per calcio scommesse, Rossi rinasce al Mondiale 82, vinto da capocannoniere. E' lì che diventa Pablito, idolo nazionale e Pallone d'oro. Rossi in bianconero gioca da ala e segna di meno, ma vince trofei in serie in 3 stagioni. Tormentato dagli infortuni, arriva al Milan trentenne e acciaccato (1985), e sempre rotto e a parte di una doppietta nel derby non lascia tracce; l'anno dopo, smette nel Verona. Aldo Serena è l'ex più ex di tutti gli ex, nel senso che ha giocato nel Milan e nel Toro, ma anche nell'Inter e nella Juve. Cresciuto nell'inter, attaccante, dopo poco fruttiferi prestiti a Como e bari inizia a mettere in mostra doti di buon opportunista d'area in nerazzurro, e nel 1982 viene prestato proprio al Milan, finito in seri B. Con 11 reti Serena è il bomber della promozione, e si merita il ritorno alla base dove segna 14 gol imponendosi come giovane tra i più promettenti. Per giocare titolare accetta così la maglia del Torino, e in granata segna 12 reti. Ormai Serena è una realtà ammirata e con grande mercato, tanto che clamorosamente sono i cugini della Juve ad assicurarselo. In bianconero Serena diventa star internazionale, vince lo scudetto, la coppa Campioni e l'Intercontinentale. E' il cannoniere da 21 gol in due stagioni, il partner di genio Platini, un terminale offensivo che tuttavia nella folta rosa bianconera trova molti concorrenti. Così quando nel 1987 la sua amata Inter lo richiama, lui non sa dire di no. E torna da stella conclamata, da salvatore. E trascina, da capocannoniere (22 gol), i nerazzurri allo scudetto dei record nel 1989. Vince anche una Supercoppa Italiana, 1 coppa italia, 1 UEFa. In 4 stagioni segna 68 gol. Nel 1991, a 31 anni, finisce la sua storia con l'Inter. Ormai i riflessi sono appannati e qualche infortunio l'ha logorato, così Serena accetta il ritorno al Milan dieci anni dopo, per fare l'ultima punta, la chioccia che non gioca mai ma quando lo fa deve dare esperienza e maturità. E' un Milan diverso da quello vissuto in B, è un Milan ricco, bello e vincente, e così Serena vince altri 2 scudetti da comprimario.
Difensore arcigno e insuperabile, Pietro Vierchwood ha giocato dal 1976 al 2000 sempre onorando l'immagine di muro rude e combattivo. Fino all'81 aveva giocato nel Como, poi passò per un anno alla Fiorentina meritandosi la chiamata prima della Nazionale (campione del mondo '82) e poi della Roma, con cui nell'83 vinse lo scudetto (30 presenze). Ma anche nella capitale restò un anno solo, chiamato dalla Sampdoria. In blucerchiato divenne una bandiera, un'istituzione, stabilendosi a Genova dal 1983 al 1995. Vinse 4 coppe Italia, la Supercoppa Italiana, la Coppa delle Coppe e soprattutto l'incredibile scudetto 1991. Trentaseienne, passò alla Juventus e in bianconero giocò un'altra grande stagione: vinse il suo terzo scudetto e la sua prima coppa dei Campioni. Vierchwood aveva vinto tutto, era un simbolo della Roma, della Samp e della Juve. La tappa successiva era conquistare anche il Milan. Ma i rossoneri vissero un'annata disgraziata, e dopo sole 16 gare (1 gol) lo zar lasciò Milano, giocando dal '97 al 2000 nel Piacenza, dove smise a 41 anni suonati. Bobo Vieri si è messo in luce nell'Atalanta, prima di spiccare il volo alla Juve: scudetto bianconero, 24 gol a Madrid, il ritorno alla Lazio (12 gol) e la messe di reti nelle 6 dure stagioni interiste furono seguite dal deludente passaggio al Milan (poi al Monaco) e dal nuovo rilancio proprio a Bergamo: oggi segna ancora per la Fiorentina. Luciano Spinosi era un terzino della Roma che brillò per 9 anni nella Juve prima di tornare a Roma e svernare un anno nel Verona. Nel Milan passò un anno da comprimario, senza incidere e in età avanzata, prima di chiudere nel Cesena. Oscar Damiani era un rifinitore di tecnica e col gusto del vagabondaggio: vinse uno scudetto con la Juve nel biennio '74/76, nel corso di un tour infinito: Vicenza, Napoli, Vicenza, Juve, Genoa, Napoli e finalmente Milan. Era il Milan di B, Damiani trentaduenne regalò emozioni e gol in due stagioni garibaldinie, poi ripartì: New York Cosmos, Parma, Lazio.
Roby Baggio è storia, un attaccante grandioso dai colpi divini. Nato nel Vicenza, esploso nel quinquennio alla Fiorentina, geniale ed entusiasmante trascinatore della Nazionale a tre epici mondiali, il Codino brillò intensamente con la maglia bianconera: dal '90 al '95, 78 gol, lo scudetto, 2 coppe, il Pallone d'oro. Lo diedero per vecchio e invece si rilanciò al Milan: 7 gol, magie, nuovo scudetto. Il secondo anno fu più duro, Roby si rilanciò a Bologna e dopo un buon biennio nell'Inter chiuse trentaseienne con 4 grandi stagioni nel Brescia. Ribelle, smisurato e fantasioso, Paolo Di Canio ha giocato con tantissime squadre senza mai togliere dal cuore la maglia laziale, dove è tornato a chiudere una carriera passata per Ternana, Juve, Napoli, Milan, Celtic, Sheffield, West Ham, Charlton. In bianconero restò tre anni, in rossonero dal '94 al '96: vice di lusso sia a Torino che a Milano, dispendiò anche qui gocce della sua sregolata magia. Gianluca Pessotto, prima di diventare una bandierissima bianconera, era cresciuto nelle giovanili del Milan; Edgar Davids fu pescato giovanissimo nell'Ajax, ma per la sua testa calda fu etichettato come mela marcia e passò alla Juve, diventando uno dei centrocampisti più bravi, solidi, cattivi d'Europa e del mondo, nonchè pluridecorata bandiera bianconera. Ruppe col club e fece ottime cose in un anno al Barcellona, poi però fallì all'Inter e scelse Tottenham per rilanciarsi, prima di tornare nel natio Ajax, dove milita tuttora. Emerson oggi gioca (pochissimo) nel Milan, ma il regista brasiliano che esplose nella Roma è stato grande protagonista di due stagioni bianconere, prima del flop madridista. Con lui giocava Patrick Viera, meteora del Milan dieci anni prima, che dopo una vita da leader nell'Arsenal aveva scelto la Juve. Dopo calciopoli si è vestito di nerazzurro.
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