La storia di Enrico 'Ricky' Albertosi è un romanzo infinito, un'avventura piena di trionfi e cadute: dalla stella del decimo scudetto rossonero al pasticcio del calcio scommesse, da un tricolore vinto a Cagliari alla debacle azzurra in Corea. Nel mezzo, una carriera iniziata a nemmeno vent'anni e conclusasi a 45, per quello che -con Lorenzo Buffon e Fabio Cudicini- resta uno dei tre più forti portieri della storia del Milan. Uno sposalizio, quello col Diavolo, arrivato quando Ricky aveva già 35 anni, e in Sardegna lo bollavano come finito: alle sue strepitose parate il vecchio Diavolo si è aggrappato, in anni difficili e tribolati, ripagati poi con la tanto attesa stella del '79. Toscanaccio di Pontremoli, dove nasce il 2 novembre 1939, Albertosi si fa le ossa nello Spezia e nel 1958 viene acquistato dalla Fiorentina. Il titolare è Sarti, e Albertosi resta per diverse stagioni a guardare nonostante un esordio scoppiettante (0-0 con la Roma sul neutro di Livorno) e la maglia della Nazionale azzurra che, paradossalmente, non gli si scolla più di dosso: il 15 giugno 1961 debutta in un 4-1 sull'Argentina e l'anno dopo fa il terzo portiere nei mondiali cileni. La cessione di Sarti all'Inter (1963) gli spalanca la porta della serie A, e lui inizia a mostrare le sue doti di guardiano teatrale e spettacolare. C'è lui tra i pali azzurri in quell'incredibile sfida persa, ai Mondiali del '66, con la Corea del Nord di Pak Doo Ik: ma è uno di quelli con meno colpe sulle spalle, Albertosi, che nel '68 sfiora l'Inter ma deve accontentarsi del Cagliari. A Firenze aveva vinto due coppe Italia e una Coppa delle Coppe. Dopo 185 gare con la divisa grigia della Fiorentina, dunque, inaugura un vistoso maglione rosso e si chiede cosa mai potrà accadere, di entusiasmante, in Sardegna. La risposta non tarda ad arrivare: nel 1969/70 le sue parate, sommate ai gol di Gigi Riva, portano addirittura lo scudetto e i tifosi impazziscono di gioia. Solo 11 i gol subiti da Albertosi, ormai diventato uno dei numeri uno più apprezzati del campionato. E titolare azzurro, nel trionfo europeo del '68 e nell'eterna sfida con Dino Zoff: ai Mondiali di Messico '70 l'Italia arriva in finale e le busca dal Brasile, ma nella semifinale le emozioni si sprecano: 4-3 alla Germania, Ricky è tra i pali. L'età intanto avanza e gli addetti ai lavori iniziano a definirlo 'finito', in discesa, sul viale del tramonto: nel 1972 gioca l'ultima volta in azzurro (34 gare) e nel 1974, dopo 177 gettoni rossoblù, passa clamorosamente al Milan.
MILAN. La società è accusata, dai propri tifosi, di aver comprato un ex giocatore. Ma Ricky a Milano si rilancia alla grande, con quel suo maglione giallo e il sorriso guascone del toscanaccio di carattere e del portiere spericolato. Sono anni duri per il Diavolo, e ben presto i tifosi si aggrappano ad Albertosi, che tiene quasi da solo la squadra sulle spalle: 5° posto e finale di Coppa italia persa 8con la Fiorentina) al primo anno, 3° posto al secondo (con eliminazione in Uefa contro il Bruges). Nel 1976/77 il Milan crolla addirittura in zona retrocessione, e si salva per un pelo anche grazie al suo portiere: passata la paura, arriva il primo trofeo, la coppa Italia alzata al cielo a spese dell'Inter. In particolare gli organi di stampa dell'epoca esaltavano l'enorme contributo di Albertosi alla causa rossonera. Dopo una vittoria nel derby nell'aprile 1977, 'Forza Milan!' titolava: '
Un grande Albertosi per un Milan tutt'altro che piccolo'. In realtà, quel Milan, di grande aveva solo il suo numero 1. Che dodici mesi dopo dichiarava al mensile rossonero: '
Il mio segreto? La serenità, la fiducia, la convinzione di essere sempre nell'occhio del ciclone. L'anagrafe è un'opinione, non conta. Basta avere nella cassaforte tre cose fondamentali per un portiere: 1) conservare la forma fisica e restare atleti veri; 2) Avere intatti i riflessi; 3) Saper tenere la posizione tra i pali. Invecchiando ci si distrae un pò, è facile spostarsi troppo a destra o troppo a sinistra e si finisce... fuori porta. Anzi, fuori campo, addirittura in tribuna!'. Estroverso, allegro, capello lungo e baffone rassicurante, Albertosi è sempre stato un ragazzo che amava la vita e che non ha mai accettato comprpmessi. Nel '78/79 il Milan ha un buon avvio ma poi cala: è il preludio alla marcia sontuosa del 1978/79, che riporta finalmente i rossoneri nell'elite del calcio nazionale. Il Diavolo parte a razzo, rallenta in occasione del ko con la Juve ma poi torna a viaggiare a pieno ritmo, vince il derby e conclude l'annata con sole due sconfitte: preziosi, oltre alle parate di Albertosi, i gol di Bigon e del terzino Maldera. La stella dei 10 scudetti arriva alla ventinovesima giornata: 1-1 col Bologna e titolo dedicato a Nereo Rocco, da poco venuto a mancare. Scrive 'Forza Milan!': '
Albertosi ancora protagonista, nel senso che ha stretto i denti pure lui nei momenti difficili e si è pure permesso di neutralizzare due calci di rigore importantissimi a Firenze e contro l'Inter'. La forza di Albertosi stava nell'eccezionale colpo di reni e nell'autoritaria spregiudicatezza con cui guidava la difesa, guidata prima da Turone e poi da un giovanissimo Franco Baresi. Ma nel '79/80 il mito crolla. Una clamorosa papera in Coppa Campioni, su tiro di Duda del Porto, costa subito al Milan l'eliminazione dall'Europa che conta; poi Albertosi resta coinvolto nel calcio scommesse assieme al compagno Morini e al presidente Colombo. Mister Giagnoni, fiutando che qualcosa non andava in Albertosi, a metà campionato lo lascia in panchina e lancia il vice Rigamonti: per 6 tornei di fila Albertosi aveva giocato tutte le 30 gare di campionato, ma in quel 1980 non saranno certo le 'sole' 20 apparizioni a rovinare la sua immagine. Il 23 marzo 1080 è 'il giorno delle manette', e i tre rossoneri coinvolti nel pasticcio che sconvolge l'Italia pallonara passano 8 giorni nel carcere romano di regina Coeli. La condanna della Giustizia Sportiva verrà ridotta solo nel 1982, dopo l'impresa dell'Italia al Mundial, e Ricky tornerà a giocare nell'Elpidiense in serie C2. In rossonero aveva giocato 170 partite, ma quella macchia nera e la retrocessione in B del club traccia un solco dolorosissimo nei cuori dei tifosi milanisti. Il 27 maggio 2004 Albertosi è stato colpito da una grave forma di tachicardia ventricolare dopo aver disputato una corsa di trotto all'ippodromo del Sesana a Firenze, riservata ai giornalisti. Dopo alcuni giorni di coma farmacologico indotto dai medici si è risvegliato senza complicazioni gravi e successivamente si è ripreso completamente senza conseguenze dal punto di vista fisico. Ennesima vittoria di un campione ruvido e diretto, con 21 campionati e 532 partite in serie A nella valigia dei ricordi.
La scheda di Albertosi.
3 commenti:
Riky Albertosi: sicureza, classe ed eleganza. Uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, stilisticamente e tecnicamente perfetto. Carismatico, autoritario, coraggioso. Insomma, Albertosi è stato un purissimo fuoriclasse dei pali.
Riky Albertosi: sicureza, classe ed eleganza. Uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, stilisticamente e tecnicamente perfetto. Carismatico, autoritario, coraggioso. Insomma, Albertosi è stato un purissimo fuoriclasse dei pali.
E' stato fra i migliori portieri del mondo, ed oggi lo sarebbe ancora di più, ha avuto dal calcio meno di quanto ha dato, non c'erano certo 80 presenze di differenza in nazionale fra lui e zoff, ma queste cose valle a raccontare se poi penso che il 2° in argentina era paolo conti mi viene una crisi, è curioso che da quando ha smesso di giocare non c'è nessuno che lontanamente me lo ricordi, interprete unico e irripetibile del ruolo più affascinante. Grazie ricky. totybottalla@hotmail.it
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