Uno dei più grandi centrocampisti rossoneri di sempre: metronomo preciso, ha scandito tutte le vittorie del Milan di Capello e zaccheroni, pilotando il gioco dalla sua cabina di regia: in rossonero dal 1988 al 2002, con 406 gare, 28 gol e ben 18 trofei.
BESANA IN BRIANZA (MI), 23/8/1970. CT. Dire Albertini in casa Milan vuol dire icona. Il 'metronomo' della Brianza esordisce giovanissimo in rossonero ed eredita da Carletto Ancelotti il peso della regia della fortissima squadra che si appresta a vincere tutto negli anni '90. L'esordio è datato 1988, con Sacchi. Gioca 2 gare in un paio di stagioni, in cui la squadra vince 2 coppe campioni, 2 intercontinentali, 2 supercoppe europee e una italiana. Nel 1990/91 va in prestito al Padova in B ed è un'annata proficua: 28 gare e 5 reti. Quando torna al Milan trova Capello in panchina, ed è l'ora di cucirsi addosso i galloni di titolare. Nelll'ottobre 1991, scrive di lui 'Forza Milan!': 'Vent'anni, il centrocampista rossonero dimostra in campo una padronanza di gioco e una disinvoltura degni di un veterano: non è quindi un caso che Capello si è affidato a lui per ricoprire il ruolo che è stato, fino a pochissimo tempo fa, di un certo Carletto Ancelotti'. Era il primo anno da titolare per Albertini, che con Rijkaard componeva una super coppia, che faceva diga e governava il gioco una novità, quella del doppio centrale, imposta proprio da Capello. 'Ai tempi delle giovanili in allenamento seguivo Ancelotti e Rijkaard, cercando poi di emularli in partita'. A fine stagione, tra il serio e il faceto, Franco Baresi, il Grande Capitano, dirà:' Non montarti la testa, è stato Carletto a decidere di farti spazio. Hai dato un ottimo contributo per questo scudetto, ma puoi ancora crescere parecchio'. E Albertini cresce in fretta. Regista geniale e dall'intelligenza tattica elevatissima, Albertini orchestra con classe ed eleganza la macchina del tecnico goriziano, che vince 4 scudetti in 5 stagioni, oltre alla Champions League, a 3 supercoppe di lega ed una supercoppa europea. Nel '92/93 Albertini è ancora carine del gioco, e arriva il secondo scudetto di fila. Ragazzo modesto, umile e di buona famiglia, Demetrio fuori dal campo si definiva disponibile verso gli altri e un pò lunatico. La stagione 93/94 è quella del double: terzo scudetto di fila e la Champions League vinta ad Atene, con un perentorio 4-0 al Barcellona. Ormai è un Albertini completo, maturo, sontuoso, consapevole dei propri mezzi ma sempre con i piedi per terra: 'Devo migliorare il sinistro, e ho una certa carenza nel gioco di tesra. Sul piano tattico, invece, credo di essere a buon punto, ritengo di essere un giocatore molto duttile'. E' un Milan stellare, che difende con una linea difensiva perfetta (Rossi, Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini) e che in attacco ha fior di campioni, come Van Basten e Massaro: Albertini nè è la mente, il cervello fine che muove tutti gli ingranaggi: con Desailly compone l'insuperabile maginot rossonera. Albertini, che si dimostra un cecchino dai calci piazzati, diventa anche un pilastro della nazionale azzurra. 'Berlusconi e Capello mi dicono che dovrei osare di più in fase offensiva', aveva detto un paio di anni prima: difatti Demetrio si specializza anche nei gol, e il primo -arrivato nel 91/92 contro l'Atalanta, è 'Un tiro diabolico, imparabile per Ferron'. Pesante la rete al Monaco, nella semifinale di Champions del '94 (3-0 in gara unica, in gol Desailly, lui e Massaro). Addirittura strepitosa sarà, parecchi anni dopo, una doppietta al Barcellona in un epico 3-3 (2001) condito anche da una tripletta del blaugrana Rivaldo.
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